La ricerca “Global Burden of Disease” rivela un paradosso preoccupante: mentre l’aspettativa di vita aumenta e i decessi complessivi diminuiscono. Addirittura, tra gli adolescenti e i giovani adulti si registra un’inversione di tendenza: suicidi, overdose e incidenti stradali tra le cause principali.
Un miglioramento che nasconde nuove emergenze
La salute globale ha fatto passi da gigante negli ultimi settant’anni. Dal 1950 a oggi il tasso di mortalità standardizzato per età è sceso del 67%, un risultato che si riflette in tutti i territori del pianeta senza eccezioni. L’aspettativa di vita media ha superato i 76 anni per le donne e i 71 per gli uomini, guadagnando oltre vent’anni rispetto ai livelli del dopoguerra. Numeri che raccontano una storia di progressi medici, migliori condizioni igieniche e maggiore accesso alle cure. Eppure, dietro questa fotografia rassicurante si nasconde un’ombra inquietante che riguarda proprio le generazioni più giovani.
Lo studio Global Burden of Disease, pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet e presentato durante il World Health Summit di Berlino, ha coinvolto oltre 16.500 ricercatori in tutto il mondo.
Il gruppo coordinato da Christopher Murray dell’Institute for Health Metrics and Evaluation dell’Università di Washington ha analizzato dati su 375 malattie, 88 fattori di rischio e 204 Paesi dal 1990 al 2023. Si tratta della ricerca più completa mai realizzata sulla perdita di salute a livello mondiale, che offre uno sguardo dettagliato sulle trasformazioni in corso.
L’inversione di rotta tra i giovani nordamericani ed europei
Il dato più allarmante emerge quando si osservano le fasce d’età comprese tra i 5 e i 39 anni.
In diverse aree geografiche, la mortalità giovanile sta aumentando invece di diminuire. Il Nord America ad alto reddito registra il peggior bilancio. Tra il 2011 e il 2023 i decessi nella fascia 20-39 anni sono cresciuti in modo significativo, con suicidi, overdose da oppioidi e abuso di alcol come cause principali. Anche l’Europa orientale, e i Caraibi, mostrano tendenze preoccupanti, con un incremento dei decessi tra i ragazzi dai 5 ai 19 anni nello stesso periodo.
Murray non usa mezzi termini nel definire la situazione: si tratta di una vera e propria “crisi emergente che richiede risposte immediate da parte dei governi e delle autorità sanitarie”.
In tutto ciò, le differenze geografiche rimangono profonde nonostante i progressi complessivi. L’aspettativa di vita nelle regioni ad alto reddito raggiunge gli 83 anni, mentre nell’Africa subsahariana si ferma a 62. In quest’ultima area, l’età media al decesso è molto bassa: 37 anni per le donne e 35 per gli uomini, contro gli 80 e i 74 delle zone più ricche. Lo studio ha anche scoperto che la mortalità tra le giovani donne africane tra i 15 e i 29 anni era stata sottostimata del 61% nelle ricerche precedenti. Le cause principali sono la mortalità materna, gli incidenti stradali e la meningite.
Le malattie non trasmissibili dominano il quadro sanitario
Il panorama delle cause di morte si è trasformato radicalmente negli ultimi decenni. Le malattie non trasmissibili rappresentano ormai quasi due terzi di tutti i decessi e delle disabilità a livello mondiale. La cardiopatia ischemica e l’ictus guidano questa classifica, seguite dalla broncopneumopatia cronica ostruttiva. Il Covid, che nel 2021 era diventato la principale causa di morte, è precipitato al ventesimo posto nel 2023, permettendo alle patologie cardiovascolari di riconquistare il primo posto.
Dal 1990 alcuni progressi sono innegabili: i tassi di mortalità per malattie cardiache, ictus, diarrea, tubercolosi e morbillo sono diminuiti. Al contrario, nello stesso arco temporale sono aumentati i decessi per diabete, malattie renali croniche, Alzheimer e HIV. L’età media globale al momento del decesso è passata da 46 anni nel 1990 a quasi 63 nel 2023, ma questa conquista rischia di essere compromessa dalle nuove emergenze sanitarie che colpiscono i più giovani.
I fattori di rischio modificabili e la salute mentale
Uno degli aspetti più significativi emersi dalla ricerca riguarda la possibilità di prevenire gran parte dei problemi sanitari. Quasi la metà di tutti i decessi e delle disabilità potrebbe essere evitata intervenendo su alcuni fattori di rischio modificabili. In cima alla lista ci sono la pressione alta, l’inquinamento da particolato, il fumo, i livelli elevati di glicemia e l’indice di massa corporea troppo alto. Per la prima volta lo studio ha anche dimostrato un collegamento diretto tra esposizione al piombo e malattie cardiovascolari, usando metodi di analisi innovativi.
I disturbi di salute mentale mostrano una crescita vertiginosa: l’ansia è aumentata del 63% e la depressione del 26%. Gli autori hanno identificato l’abuso sessuale e la violenza domestica come fattori prevenibili che contribuiscono in modo significativo a questi disturbi, insieme ad altre conseguenze sulla salute. Nei bambini sotto i cinque anni i principali rischi rimangono la malnutrizione, l’inquinamento atmosferico e la mancanza di accesso ad acqua potabile e servizi igienici sicuri. Tra gli adolescenti emerge la carenza di ferro, mentre per gli adulti (fino ai 49 anni) pesano i rapporti sessuali non protetti, gli infortuni sul lavoro e l’obesità.
Va detto che i progressi nella salute infantile rappresentano una delle vittorie più evidenti degli ultimi decenni. Il numero di decessi nei bambini più piccoli è diminuito più che in qualsiasi altra fascia d’età. L’Asia orientale ha registrato un calo del 68% nella mortalità sotto i cinque anni tra il 2011 e il 2023, grazie a una migliore alimentazione, alle campagne vaccinali e al rafforzamento dei sistemi sanitari. Anche la revisione dei dati ha portato a scoperte importanti: in Africa subsahariana la mortalità infantile tra i 5 e i 14 anni era stata sottostimata, principalmente a causa di infezioni respiratorie, tubercolosi e lesioni accidentali.
Il monito della ricercatrice
Emmanuela Gakidou, professoressa dell’Ihme e co-autrice dello studio, ha lanciato però un monito: i recenti tagli agli aiuti internazionali per la sanità rischiano di vanificare decenni di lavoro. Molti Paesi dipendono dai finanziamenti globali per garantire assistenza primaria, farmaci e vaccini salvavita. Senza questi fondi, il divario tra le diverse aree del mondo è destinato ad ampliarsi nuovamente.
© Riproduzione riservata