Il partito della presidente europeista Sandu ottiene la maggioranza assoluta, in calo rispetto al 52,8% del 2021. Il Blocco Patriottico filo-Mosca si ferma al 24,26% ma denuncia brogli e annuncia manifestazioni. Ue e governo accusano la Russia di interferenze e disinformazione.
La nuova alba moldava
La Moldavia si risveglia oggi con un risultato elettorale che conferma la direzione europeista del Paese, ma non cancella le profonde divisioni interne. Il Partito d’Azione e Solidarietà (Pas) della presidente Maia Sandu ha vinto le elezioni parlamentari del 28 settembre con il 50,03% dei voti, conquistando la maggioranza assoluta dei 101 seggi del parlamento di Chisinau.
Un risultato che consente di mantenere il controllo dell’esecutivo, ma che rappresenta comunque un calo significativo rispetto al 52,8% ottenuto nelle elezioni del 2021. Il Blocco Patriottico filo-russo, coalizione di partiti che include i socialisti di Igor Dodon e altre formazioni comuniste, si è fermato al 24,26%, ottenendo circa un quarto delle preferenze.
Lo scrutinio si è concluso con una partecipazione record: l’affluenza ha raggiunto il 51,9%, la più alta di sempre per elezioni parlamentari in Moldavia. Un segnale della grande posta in gioco percepita dai cittadini di questa piccola repubblica di 2,4 milioni di abitanti, stretta tra Romania e Ucraina, chiamata ancora una volta a scegliere tra l’integrazione europea e l’orbita russa.
Circa 3,3 milioni di elettori erano registrati, compresa la vasta diaspora moldava che vive all’estero: proprio i voti dei moldavi residenti a Parigi, Londra, Roma, Montreal e Chicago hanno contribuito in modo determinante al risultato del Pas, come già accaduto nelle elezioni presidenziali dello scorso anno.
La geografia del voto riflette ancora una volta la spaccatura profonda del Paese: le città, con Chisinau in testa, hanno scelto senza esitazioni il partito europeista, mentre le campagne e le aree rurali hanno votato per il Blocco Patriottico. La parte occidentale del Paese guarda a Bruxelles, quella orientale continua a preferire Mosca.
Denunce di brogli e tensioni sulla Transnistria
Secondo l’analista politico Andrei Curararu del think tank (gruppi di riflessione ndr.) WatchDog.md, il Pas ha conquistato una maggioranza fragile. Sarà perciò difficile formare un governo pienamente funzionale e potrebbero nascere nuove proteste di piazza contro l’esecutivo filo-europeo. L’ex presidente Igor Dodon, leader del Partito dei Socialisti e figura di spicco del Blocco Patriottico, ha infatti già convocato per lunedì 29 settembre una manifestazione pacifica davanti al parlamento, accusando il Pas di aver rubato i voti e invitando tutti i partiti di opposizione a protestare contro quello che ha definito un risultato manipolato. Le accuse reciproche di brogli hanno segnato l’intera campagna elettorale. Dodon parla di frodi su larga scala, mentre la presidente Sandu aveva denunciato ancora prima del voto una massiccia interferenza della Russia.
La tensione si è estesa anche alla regione separatista della Transnistria, territorio non riconosciuto dalla comunità internazionale che si trova sotto l’influenza di Mosca e dove sono presenti truppe russe. Le autorità della Transnistria hanno accusato il governo di Chisinau di aver ridotto il numero dei seggi elettorali lungo il confine amministrativo, ostacolando così il voto dei moldavi residenti nel territorio separatista. Erano stati predisposti dodici seggi speciali per circa 30mila cittadini, ma le autorità transnistriane hanno denunciato numerose irregolarità e pressioni per limitare la partecipazione.
Una controversia che alimenta ulteriormente le divisioni in un paese dove il fiume Nistro rappresenta anche simbolicamente la frattura tra due anime opposte e apparentemente inconciliabili.
L’ombra di Mosca
La campagna elettorale è stata segnata da accuse di interferenze esterne senza precedenti. L’Unione Europea e il governo moldavo hanno denunciato quello che definiscono un tentativo sistematico da parte della Russia di influenzare il voto attraverso una campagna di disinformazione massiccia e l’uso di denaro sporco.
Secondo quanto dichiarato dalle autorità di Chisinau, il Cremlino avrebbe speso centinaia di milioni di euro per corrompere elettori e destabilizzare il processo democratico. Nei giorni precedenti alle elezioni, la magistratura moldava ha condotto centinaia di perquisizioni per corruzione elettorale e tentativi di destabilizzazione, arrestando decine di persone.
La Commissione elettorale ha inoltre escluso dalla competizione il partito filorusso Cuore della Moldavia, dopo che alcuni suoi dirigenti erano stati incriminati per corruzione degli elettori, finanziamenti illeciti e riciclaggio di denaro. Una sentenza della corte d’appello di Chisinau aveva limitato per un anno le attività del partito, provocando le proteste dell’opposizione che ha denunciato una repressione politica.
Anche la giornata elettorale ha registrato episodi controversi. Pavel Durov, fondatore di Telegram, ha pubblicato un post ( immediatamente rilanciato da Elon Musk) in cui denunciava presunte pressioni da parte delle autorità francesi per rendere meno visibili sulla piattaforma i messaggi critici verso la presidente Sandu. Un’accusa che ha alimentato ulteriormente il clima di sospetto e reciproca delegittimazione tra le parti.
L’Unione Europea non è mai stata così esplicita nel sostenere la parte europeista. Nelle settimane precedenti al voto si sono susseguite visite di capi di Stato e alti rappresentanti di Bruxelles, in un tentativo di rafforzare il fronte occidentale in un’area strategicamente cruciale dopo l’invasione dell’Ucraina.
Il futuro incerto Moldavia dopo le elezioni
Il risultato elettorale rappresenta un successo per Maia Sandu, che dopo la stretta rielezione presidenziale di undici mesi fa può guardare al futuro con maggiore ottimismo.
La presidente aveva deciso di emanciparsi in modo netto da Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina, scegliendo senza ambiguità il percorso di integrazione europea. Il mantenimento della maggioranza assoluta le consente di proseguire su questa strada, ma il consenso in calo rispetto al 2021 e le persistenti tensioni sociali rappresentano ostacoli significativi. La Moldavia rimane comunque uno dei Paesi più poveri d’Europa, con un’economia fragile e una popolazione che invecchia rapidamente a causa dell’emigrazione di massa. Molti giovani vedono nell’Europa una possibilità di futuro migliore; d’altra parte gli anziani rimpiangono la stabilità dell’epoca sovietica. Questa frattura generazionale e geografica attraversa il Paese come una linea di faglia che nessun risultato elettorale sembra in grado di sanare.
Le manifestazioni annunciate dall’opposizione potrebbero aprire una nuova fase di instabilità: in un clima così polarizzato ogni scintilla può diventare pericolosa.
Il fiume Nistro continua a separare non solo territori, ma visioni opposte del futuro moldavo. Due poli all’antitesi dove c’è chi guarda a Bruxelles come approdo definitivo, e chi vede in Mosca un legame storico e culturale da non recidere. I risultati di domenica indicano una direzione, ma la Moldavia resta, tuttora, un Paese profondamente diviso.
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