Il flusso migratorio è in calo, seppur ancora significativo. Ucraina, Albania e Romania i principali paesi d’arrivo. Il nodo del lavoro
Secondo i dati pubblicati dall’Ocse nelle Prospettive sulle Migrazioni Internazionali 2025, l’Italia nel 2024 ha accolto 169mila nuovi migranti, registrando una diminuzione del 16% rispetto all’anno precedente. Il dato – precisa la scheda dedicata al nostro Paese – include 23% di immigrati ammessi nel quadro della libera circolazione, 10% di immigrati professionali, 61% per motivi famigliari e 5% umanitari. Parallelamente, sono stati rilasciati circa ventimila permessi a studenti internazionali che frequentano università o istituti di alta formazione, e oltre 17mila autorizzazioni per lavoratori stagionali e temporanei.
Le provenienze: dall’Ucraina al Pakistan
Ucraina, Albania e Romania guidano la classifica dei Paesi d’origine. Un dato che riflette sia le conseguenze del conflitto nell’Est Europa sia i consolidati legami storici con i Balcani e l’Europa orientale. Tra le variazioni più significative rispetto all’anno precedente spicca l’aumento degli arrivi dall’Egitto, con 8.300 persone in più, mentre la Romania ha visto una riduzione di 5.100 ingressi. Sul fronte delle richieste d’asilo, nel 2024 si è registrato un incremento del 16%, arrivando a 151mila domande. I richiedenti provenivano principalmente da Bangladesh (33mila), Perù (16mila) e Pakistan (12mila). Delle 79mila decisioni assunte dalle autorità italiane, il 36% ha avuto esito positivo, garantendo protezione a decine di migliaia di persone in fuga da persecuzioni o conflitti.
L’altra faccia della medaglia: gli italiani all’estero
Ma l’Italia non è solo terra d’approdo. Nel 2023, ben 152mila cittadini italiani hanno scelto di emigrare verso altri Paesi dell’Ocse, mantenendo stabile una tendenza ormai consolidata. Circa un terzo si è diretto in Spagna, il 15% ha optato per la Germania e il 13% per la Svizzera. Si tratta per la maggior parte di giovani professionisti in cerca di opportunità, pensionati attratti da un costo della vita più contenuto, o famiglie che cercano migliori prospettive economiche oltre confine. Un fenomeno speculare che caratterizza i migranti in Italia che, al contrario, vedono nel nostro Paese una destinazione ambita.
Il nodo demografico e il mercato del lavoro
Malgrado il rallentamento della crescita economica, i mercati del lavoro nei Paesi dell’Ocse restano sotto pressione, con penurie persistenti di manodopera in settori critici. L’invecchiamento demografico, come noto, sta creando vuoti difficili da colmare, soprattutto in ambiti essenziali come sanità, assistenza, agricoltura, edilizia e ristorazione. Tutti settori per i quali gli immigrati rappresentano una risorsa importante. Oltre 830mila medici e 1,75 milioni di infermieri nati all’estero lavorano oggi nei Paesi dell’Ocse, costituendo rispettivamente un quarto e un sesto della forza lavoro sanitaria. Quasi la metà dei medici migranti proviene dall’Asia, così come il 37% degli infermieri. Senza il loro contributo, molti sistemi sanitari nazionali faticherebbero a garantire livelli di assistenza adeguati.
Le nuove misure del governo
Nel tempo il governo italiano ha introdotto diverse novità legislative. A ottobre 2024, il Decreto Legge n. 145 ha snellito le procedure d’ingresso per lavoratori stranieri, introducendo requisiti biometrici per i visti. Sono state inoltre allocate 151mila quote di permessi di lavoro per l’anno in corso. Una misura innovativa è il Visto per Nomadi Digitali, operativo dall’aprile 2024, che consente a professionisti extracomunitari di risiedere in Italia per dodici mesi (rinnovabili) svolgendo lavoro remoto altamente qualificato. Un’iniziativa che guarda al futuro del lavoro e alla possibilità di attrarre talenti internazionali. L’Italia ha anche firmato accordi bilaterali. A marzo 2024, un protocollo con la Tunisia ha facilitato l’ingresso di 12mila lavoratori tunisini nell’arco di tre anni, per sopperire alla carenza di manodopera in settori strategici. Un progetto pilota ha portato trecento lavoratori da Libano, Etiopia e Costa d’Avorio.
Integrazione e disparità salariali
Tuttavia, non tutte le novità vanno nella direzione dell’apertura verso i migranti che arrivano in Italia. A dicembre 2024, la Legge 187 ha inasprito i requisiti per il ricongiungimento familiare, richiedendo due anni continuativi di residenza legale prima di poter far venire i familiari. Ancora più controversa è stata la modifica alla legge sulla cittadinanza del marzo 2025, che limita l’acquisizione automatica per discendenza agli individui con almeno un genitore o un nonno nato in Italia. Nonostante il contributo fondamentale al sistema economico, gli immigrati affrontano ancora significative disparità. Al loro arrivo nel Paese, percepiscono mediamente una remunerazione inferiore del 34% rispetto ai lavoratori nativi della stessa età e genere. Il divario non dipende solo dalla collocazione in settori meno remunerati, ma anche dal fatto che, all’interno degli stessi comparti, tendono a lavorare per datori che offrono salari più bassi.
Uno sguardo al contesto internazionale
Il calo dei migranti registrato in Italia riflette una tendenza più ampia. Dopo tre anni di forte crescita post-pandemica, nel 2024 la migrazione permanente verso i Paesi dell’Ocse è diminuita del 4%, attestandosi comunque su livelli storicamente elevati con 6,2 milioni di nuovi arrivi. La migrazione professionale ha visto una flessione del 21%, mentre quella umanitaria è cresciuta del 23%, complice l’alto numero di richieste d’asilo degli anni precedenti. Le problematiche sono comuni: invecchiamento della popolazione, carenza di manodopera qualificata, necessità di bilanciare sicurezza e accoglienza. Come sottolinea l’OCSE, se le migrazioni non possono risolvere le sfide poste dall’invecchiamento delle popolazioni sul mercato del lavoro, possono almeno contribuire ad attenuarne gli effetti.
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