La menopausa è ancora un tema invisibile, segnato da silenzi culturali, stereotipi e mancanza di tutele per le donne
La menopausa resta un nodo irrisolto. Accantonata nei dibattiti pubblici, ignorata nelle politiche sanitarie e poco compresa perfino nei luoghi di lavoro, questa fase naturale della vita di milioni di donne è ancora circondata da silenzi e pregiudizi. A denunciarlo è il rapporto “Il corpo politico. Autonomia corporea e menopausa tra potere, resistenza e cura collettiva” promosso da WeWorld, a trent’anni dalla Conferenza mondiale sulle donne di Pechino. Il report, supportato da un sondaggio Ipsos su un campione di italiani, mette in luce quanto il corpo femminile sia ancora regolato da norme culturali e sociali che ne limitano libertà e dignità. A pagarne le conseguenze, soprattutto, sono le donne che attraversano questo periodo della loro vita.
La dittatura dell’immagine e l’impatto sul benessere
Le pressioni estetiche, alimentate da media e modelli sociali distorti, colpiscono in modo sproporzionato il genere femminile. Sempre più spesso parla ormai di beauty burnout, ovvero l’esaurimento da prestazione estetica, che costringe le donne a rincorrere canoni irrealistici di magrezza, giovinezza e perfezione. Il 59% degli intervistati ritiene che le donne siano maggiormente esposte a queste pressioni, e la conseguenza è un forte impatto sulla salute mentale ed economica: dai costi per trattamenti estetici e abbigliamento, fino alla costante sensazione di inadeguatezza. Un meccanismo che trasforma la bellezza in uno strumento di controllo sociale, escludendo chi non si conforma.
Menopausa: invecchiare non è un diritto per tutte
Il tema dell’età si intreccia con quello dell’identità femminile. Solo il 33% degli italiani considera l’invecchiamento una fase naturale della vita. Per il resto, è sinonimo di solitudine, declino e perdita di indipendenza, soprattutto per le donne. Il 38% del campione ritiene che l’età penalizzi maggiormente le donne; una percezione condivisa dal 45% delle intervistate. L’ageismo colpisce duramente chi non rientra più nei canoni della produttività e dell’apparenza, e la menopausa rappresenta in questo contesto una sorta di “punto di non ritorno”.
Menopausa: un silenzio che isola
Nonostante riguardi 17 milioni di italiane, la menopausa è ancora trattata come un argomento da evitare. In famiglia, nei luoghi di lavoro, ma anche nel sistema sanitario, regna il vuoto informativo. Il 38% delle persone intervistate ammette di aver avuto difficoltà a reperire informazioni o a trovare supporto medico adeguato. Una lavoratrice su dieci lascia il lavoro a causa dei sintomi legati a questa fase, molte altre scelgono il part-time. E il 43% delle donne sostiene spese annuali per affrontare il periodo, con un 18% che spende oltre 50 euro all’anno. Ma i numeri non raccontano tutto: la menopausa viene ancora vissuta come una perdita di valore, quasi una malattia da nascondere.
Un cambiamento collettivo
“La menopausa è sempre un’esperienza, si legge nel rapporto, intrecciata con i ruoli sociali, con le aspettative e i limiti imposti da genere, età e cultura”. Ecco perché non può essere trattata solo come una questione sanitaria, ma va considerata un fatto politico, legato ai diritti e alla visibilità delle donne. Il documento di WeWorld si conclude con una serie di raccomandazioni rivolte a istituzioni, aziende e società civile. “Dove si controllano i corpi, si limitano anche le libertà. Dove si impone il silenzio su scelte riproduttive, sessualità, menopausa o invecchiamento, si alimenta un sistema che marginalizza e isola”. In questo senso il corpo è politico. E la cura da individuale deve diventare “collettiva”: una responsabilità condivisa tra istituzioni, comunità, famiglie, luoghi di lavoro, media. Non un onere sulle spalle delle donne.
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