Svelati i meccanismi che decidono quali ricordi conservare per sempre e quali lasciar andare. Una scoperta importante per la lotta all’Alzheimer
Oggi la scienza sa perché alcuni momenti della vita restano impressi per sempre nella mente, mentre altri scivolano via nel giro di pochi giorni. La risposta arriva da uno studio condotto alla Rockefeller University di New York che ha scoperto come il funzionamento cerebrale che determina la memoria a lungo termine. La chiave è in sofisticati timer molecolari sono loro a decidere quali esperienze meritano di essere archiviate e quali invece non valga la pena tenere.
Quando il cervello fa le sue scelte
Per molto tempo i neuroscienziati hanno immaginato la formazione dei ricordi duraturi come un interruttore che si accende una volta sola. L’esperienza viene vissuta, il ricordo si forma e rimane lì, stabile nel tempo. La realtà si rivela invece molto più dinamica e articolata. I ricercatori americani hanno dimostrato che la memoria a lungo termine funziona attraverso una cascata di eventi molecolari temporizzati, una sequenza di programmi genetici che si attivano in momenti diversi e in regioni cerebrali differenti.
I guardiani della memoria a lungo termine
La ricerca ha identificato tre molecole chiave che agiscono come guardiani temporali, ciascuna con un ruolo preciso. Il primo è CAMTA1, una proteina che si attiva nel talamo, che rappresenta il primo ostacolo: se un ricordo non supera questo controllo nei primi giorni, semplicemente svanisce. È il primo filtro che il cervello applica per evitare di sovraccaricarsi di informazioni inutili. Nella seconda fase entra in gioco TCF4, anch’esso nel talamo. Questa molecola rafforza le connessioni tra diverse regioni cerebrali e stabilizza il ricordo nell’arco di alcune settimane. È in questa fase che il cervello valuta se quell’informazione vale davvero la pena di essere conservata più a lungo.
L’ultimo step
Il terzo e ultimo passaggio coinvolge ASH1L, una proteina che lavora nella corteccia cerebrale, lo strato esterno del cervello dove risiedono i ricordi più duraturi. ASH1L attiva programmi genetici che rendono la memoria estremamente persistente, potenzialmente per tutta la vita. Come ha spiegato Priya Rajasethupathy, ricercatrice della Rockefeller University: “Questa è una rivelazione fondamentale perché spiega come regoliamo la durata dei ricordi. Ciò che scegliamo di ricordare è un processo in continua evoluzione, non un singolo colpo di interruttore definitivo.”
Nuove prospettive contro l’Alzheimer
Le implicazioni di questa ricerca vanno oltre la semplice comprensione del funzionamento del cervello. La scoperta dei timer molecolari della memoria a lungo termine apre, infatti, scenari inediti nella lotta contro malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. Identificando i programmi genetici che preservano i ricordi a lungo termine, i ricercatori sperano di sviluppare in futuro strategie terapeutiche innovative. L’idea è quella di aiutare il cervello a instradare la memoria attraverso circuiti alternativi, aggirando le aree danneggiate dalla malattia. Se nella corteccia, dove risiedono i ricordi duraturi, le cellule sono state distrutte dall’Alzheimer, forse sarà possibile “insegnare” al cervello a conservare quelle informazioni in altre regioni ancora funzionanti.
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