In Italia la medicina territoriale è in difficoltà tra carenze, pensionamenti e concorsi deserti
In alcune province italiane, soprattutto nel Nord, trovare un medico di famiglia sta diventando una vera impresa. A Lodi, Monza e Como, ad esempio, si registra un medico ogni 1.700 abitanti, un dato ben al di sopra del rapporto ottimale stabilito a livello nazionale. Lo stesso vale per i pediatri, con province come Asti e Ragusa in evidente difficoltà. Questa situazione è solo la punta dell’iceberg di una crisi che riguarda l’intera rete della sanità territoriale italiana.
La mappa delle carenze
Secondo un’elaborazione del Sole 24 Ore del Lunedì su dati di Iqvia, che monitora oltre 10 milioni di operatori sanitari nel mondo, le regioni settentrionali come Lombardia e Veneto risultano tra le più colpite. Il numero dei medici di base, se rapportato alla popolazione residente, mostra una copertura insufficiente: a Lodi c’è un medico ogni 1.720 abitanti, a Monza e Brianza uno ogni 1.663. A Como la situazione non migliora, con un professionista ogni 1.653 residenti. Questi numeri superano di molto il limite ‘ideale’ di 1.200 assistiti per medico previsto dalle normative nazionali. In alcune zone, poi, si arriva a 2.500 pazienti per singolo medico, rendendo difficile garantire un’assistenza continuativa e personalizzata, oltre a limitare la possibilità di scelta da parte dei cittadini.
Ambulatori temporanei e soluzioni tampone
Per rispondere a queste criticità, sono stati attivati in diverse regioni gli “ambulatori medici temporanei”, pensati per coprire le aree rimaste scoperte a seguito dei pensionamenti. In alcune province, come Como, non è più garantita la libera scelta del medico. Ci sono casi di medici di base con oltre 2.500 pazienti: una soglia insostenibile, denuncia la Fimmg, il principale sindacato della categoria. Attualmente, i medici di base in Italia sono circa 43.000, ma solo 37.000 svolgono attività ambulatoriale continuativa. I restanti operano in guardie mediche o in altri servizi territoriali, e non possono essere considerati pienamente attivi nella medicina di famiglia. Secondo le proiezioni, tra il 2025 e il 2027 più di 7.000 professionisti raggiungeranno l’età pensionabile, aggravando il problema.
Pensioni posticipate e concorsi deserti
Per tamponare l’emergenza, è stato approvato un emendamento che consente alle Asl di prolungare fino a 73 anni l’età pensionabile dei medici di base che lo desiderano, almeno fino a fine 2026. La misura è in linea con una recente sentenza della Corte Costituzionale che ha confermato la legittimità delle deroghe regionali in caso di carenza di personale. Nel frattempo, i posti disponibili nei corsi di formazione restano in parte vacanti. In Lombardia, ad esempio, solo 280 candidati si sono presentati a fronte di 500 posti disponibili. La medicina generale, oggi, è meno attrattiva: offre meno guadagni, è più stressante e non consente la libera professione. Il divario con le altre specializzazioni mediche contribuisce, inoltre, a rendere ancora più difficile il ricambio generazionale.
Una questione di programmazione
Alla base di tutto, come sottolinea il Sole, resta l’assenza di una vera programmazione sanitaria. In Italia, con venti sistemi sanitari regionali diversi, rispondere alle esigenze dei territori è sempre più complicato. La mancanza di una strategia nazionale e di dati aggiornati sui bisogni del territorio ha impedito di pianificare in modo efficace la formazione e l’impiego dei medici di base. Senza interventi strutturali, la sanità territoriale rischia un progressivo svuotamento. E così si indebolisce uno dei presìdi fondamentali del diritto alla salute: la presenza capillare dei medici di famiglia, primo punto di contatto tra cittadini e sistema sanitario.
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