Dai campi della Serie A ai ricchi stadi sauditi, la decisione di Mateo Retegui evidenzia una tendenza inarrestabile: i “petro-dollari” stanno ridefinendo le gerarchie del calcio globale, attraendo i talenti con offerte senza precedenti.
Dall’Atalanta all’Arabia Saudita
Il calcio globale è in un turbine, scosso da una forza economica capace di spostare gli equilibri e attirare i grandi nomi come una calamita d’oro. Non è un fenomeno nuovo, ma la sua intensità cresce di sessione (di mercato) in sessione.
L’ultima scossa, avvertita distintamente anche in Italia, è arrivata con la notizia del trasferimento di Mateo Retegui in Arabia Saudita. L’attaccante italo-argentino (ormai ex Atalanta), punto fermo nelle discussioni di mercato e nome di primo piano nell’ultimo campionato, si unirà all‘Al-Qadsiah, una delle squadre finanziate dall’enorme ricchezza saudita.
Un passaggio che non è solo un affare individuale, ma un simbolo potente della trasformazione che sta vivendo il calcio internazionale, dove il campionato saudita si impone sempre più come un competitor serissimo per i campionati storici d’Europa.
La “Cassa di Risparmio” del pallone
Dietro l’abilità di attrarre giocatori come Mateo Retegui e molti altri, c’è una strategia chiara e, soprattutto, risorse economiche virtualmente illimitate. Il fondo sovrano saudita, il Public Investment Fund (PIF), agisce come motore principale, riversando miliardi di euro nel potenziamento della Saudi Pro League.
Questi investimenti non coprono solo i costi dei cartellini, spesso gonfiati dalla concorrenza e dal desiderio saudita di chiudere l’affare, ma si concentrano soprattutto sugli ingaggi. Le cifre offerte ai calciatori raggiungono livelli mai visti prima nei principali campionati europei, rendendo quasi impossibile competere per le squadre del vecchio continente. Una potenza finanziaria che attira non solo fuoriclasse ancora nel pieno della forma, ma anche allenatori e staff tecnici di altissimo livello.
Le stelle sedotte dall’Arabia
Mateo Retegui si aggiunge a una lista ormai lunghissima e impressionante di campioni che hanno scelto di accettare il richiamo saudita.
La tendenza ha preso slancio con l’arrivo di Cristiano Ronaldo all’Al-Nassr, seguito a ruota da fuoriclasse del calibro di Karim Benzema (Al-Ittihad), Neymar (Al-Hilal), e pilastri di centrocampo come N’Golo Kanté. Difensori come Kalidou Koulibaly o esterni come Riyad Mahrez hanno fatto la stessa scelta. Il dato interessante è che, se inizialmente il movimento sembrava riguardare giocatori a fine carriera, ora include profili come Retegui, ancora potenzialmente appetibili per i grandi club europei e nel pieno delle loro facoltà atletiche.
Questo dimostra come la Saudi Pro League non sia più solo una meta per “pensionamenti dorati”, ma un progetto sportivo che vuole puntare sulla qualità elevata, seppur concentrata in poche squadre dominanti.
Il caso Mateo Retegui
Entrando nel dettaglio della mossa che coinvolge Mateo Retegui, si di un’offerta economicamente irrinunciabile. Per strappare l’attaccante all’Italia, l’Al-Qadsiah garantirà al giocatore uno stipendio di circa 19 milioni di euro a stagione (16 +3 di eventuali bonus). Si tratta di una cifra astronomica, paragonabile solo ai salari percepiti dalle ristrettissime élite di top player nei campionati europei più ricchi come la Premier League o la Liga.
Questo genere di offerta non solo compensa la scelta di un campionato tecnicamente meno probante, ma lo trasforma in una prospettiva economica enormemente attraente, difficilmente replicabile altrove. Il suo passaggio, insieme a quello di altri calciatori precedentemente militanti in Serie A, come Sergej Milinković-Savić, sottolinea come il mercato saudita stia diventando una destinazione concreta e non marginale anche per i nostri club.
L’effetto contagio sul calcio europeo
Questo esodo massiccio di calciatori ha inevitabilmente conseguenze sui mercati europei. Le squadre si trovano di fronte a un dilemma: resistere alle offerte saudite per trattenere i propri talenti, rischiando insoddisfazione del giocatore, o cedere alle cifre vertiginose incassando liquidità preziosa ma perdendo un elemento chiave.
Sono molti i club che hanno scelto la seconda via; incassando decine – in alcuni casi centinaia – di milioni di euro per un singolo calciatore. Se da un lato questo può rappresentare un’opportunità economica, dall’altro solleva preoccupazioni sulla progressiva diminuzione del tasso tecnico medio dei campionati europei e su una possibile polarizzazione del talento verso l’Asia. Gli agenti sportivi sono in prima linea, sfruttando al massimo questa nuova, ricchissima frontiera negoziale.
Il progetto saudita è in piena espansione, alimentato da risorse finanziarie senza precedenti e da un chiaro obiettivo strategico legato alla diversificazione economica e al soft power (“potere attrattivo” ndr.). Resta da vedere quale sarà la sostenibilità nel lungo periodo di un modello basato così fortemente sugli ingaggi stellari e sulla capacità di attrarre “nomi”.
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