Un modello innovativo di cura grazie alla figura degli operatori sociosanitari riporta gli anziani al centro della loro comunità
Il Comune di Rimini ha in attivo un progetto che sta ridisegnando il concetto di assistenza territoriale. Un servizio innovativo di OSS di quartiere, operatori sociosanitari che non assistono i pazienti negli ospedali o nelle strutture, ma che escono per le strade, entrano nei quartieri e bussano direttamente alle porte di chi ha bisogno. L’iniziativa rappresenta un’inversione di rotta rispetto al modello assistenziale tradizionale. Non sono più le persone fragili a doversi muovere verso i servizi, ma sono i servizi a raggiungere chi ne ha necessità.
Portare la cura dove serve davvero
Gli operatori sociosanitari di prossimità lavorano gomito a gomito con gli anziani e le persone con disabilità, accompagnandoli al supermercato, in farmacia, agli appuntamenti medici, ma anche semplicemente nei luoghi dove ritrovare una dimensione sociale. L’esperienza riminese coinvolge mediamente 145 persone ogni anno, di cui 125 anziani e 20 con disabilità. Ogni utente riceve in media 90 ore di servizio, un tempo significativo che permette di costruire relazioni autentiche e durature. Il Distretto investe circa 450.000 euro annui per garantire questo presidio territoriale, con nove operatori distribuiti tra Rimini e i comuni della zona, dalla costa fino all’Alta Val Marecchia.
Un presidio sul territorio per non lasciare indietro i fragili
“Si tratta di un progetto che rispecchia il nuovo approccio sanitario col quale vogliamo favorire la prossimità e la vicinanza ai bisogni delle persone, a partire da quelle più fragili e a rischio esclusione sociale”. Con queste parole l’assessore alle Politiche per la protezione sociale e la salute Kristian Gianfreda spiega l’anima del servizio. Quest’ultimo, infatti, si configura infatti come un vero presidio di monitoraggio sul territorio, capace di intercettare situazioni di vulnerabilità che altrimenti resterebbero invisibili. Tuttavia, l’aspetto forse più sorprendente di questa esperienza va oltre l’assistenza pratica.
Dalla solitudine alla comunità
Gli OSS di quartiere stanno infatti diventando catalizzatori di relazioni sociali, facilitatori di incontri che altrimenti non avverrebbero. Nel quartiere Colonnella, per esempio, alcune signore che prima vivevano isolate nelle proprie abitazioni si ritrovano ora regolarmente ogni giovedì pomeriggio. A turno, aprono le porte delle loro case alle altre, condividendo un tè, quattro chiacchiere, talvolta organizzando piccole passeggiate o momenti conviviali. Non si tratta di attività programmate dall’alto, ma di legami spontanei nati grazie alla mediazione degli operatori. Persone che prima non si conoscevano hanno scoperto di abitare a pochi isolati di distanza, di condividere interessi simili, di poter contare l’una sull’altra. Il pranzo di Ferragosto organizzato per alcuni anziani di Rimini rappresenta un altro esempio di come il servizio riesca a creare occasioni di aggregazione per chi rischierebbe di trascorrere le festività in completa solitudine.
Un cambio di paradigma
L’iniziativa mette in luce una questione centrale per il futuro del welfare. Con l’invecchiamento della popolazione e la frammentazione delle reti familiari tradizionali, servizi di questo tipo non devono rimanere esperimenti locali. Come sottolineano gli stessi promotori del progetto, occorrerebbero “azioni di sistema a carattere nazionale per promuovere una società inclusiva e sostenibile”. Gli OSS di quartiere offrono supporto anche ai caregiver familiari, spesso anziani a loro volta, e agli assistenti privati, come punto di riferimento professionale sul territorio. Questo presidio costante permette di individuare precocemente situazioni critiche, di coordinare gli interventi necessari. E di garantire una continuità assistenziale oltre la singola prestazione sanitaria. Il modello riminese dimostra poi che investire nella prossimità genera valore sociale ed economico. Favorire la permanenza al domicilio delle persone non autosufficienti costa meno dell’istituzionalizzazione. Ma, soprattutto, rispetta la volontà della stragrande maggioranza degli anziani di invecchiare nella propria casa, nel proprio quartiere, circondati dai luoghi e dalle abitudini di una vita.
Verso una sanità dal volto più umano
L’esperienza degli operatori socio-sanitari di prossimità suggerisce una direzione precisa per ripensare l’assistenza territoriale. Servono investimenti strutturali, programmi di formazione continua per gli operatori, sistemi di coordinamento efficaci con gli altri servizi sanitari e sociali del territorio, meccanismi di monitoraggio e valutazione degli interventi. Ma serve soprattutto uno sguardo diverso, capace di riconoscere che la salute non è solo assenza di malattia, ma anche capacità di mantenere relazioni significative, di partecipare alla vita della propria comunità, di sentirsi parte di un tessuto sociale vivo. Gli OSS che accompagnano un anziano al mercato non stanno semplicemente fornendo un servizio di trasporto: stanno permettendo a quella persona di mantenere la propria autonomia, di scegliere cosa acquistare, di scambiare due parole con il negoziante di fiducia.
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