Istat conferma il minimo storico di fecondità, ma dalle province di Trento e Bolzano arrivano segnali in controtendenza
L’Italia affronta una fase prolungata di inverno demografico, con un calo progressivo delle nascite che sta ridefinendo la struttura sociale ed economica italiana. I dati diffusi dall’Istat per il 2024 hanno registrato 369.944 nascite, con un decremento del 2,6\% rispetto all’anno precedente. Pari a una contrazione di quasi 10.000 unità. La situazione si è ulteriormente aggravata nel 2025. Secondo le stime provvisorie relative ai primi sette mesi dell’anno in corso, le nascite sono diminuite di circa 13.000 unità rispetto allo stesso periodo del 2024 (-6,3%). Questa perdita, in soli sette mesi, supera già quella registrata nell’intero anno precedente. Sulla base di queste dinamiche, è ipotizzabile che il numero totale delle nascite per il 2025 scenderà sotto la soglia delle 350.000 unità. La fecondità, ovvero il numero medio di figli per donna, ha toccato il minimo storico di 1,18 nel 2024, in leggera flessione sul 1,20 del 2023. La stima per i primi sette mesi del 2025 è ancora più bassa, a 1,13 (e 1,11 per le sole donne con cittadinanza italiana).
Un declino iniziato più di quindici anni fa
Questa spirale discendente non è un fenomeno recente, ma si protrae in modo continuo dal 2008, anno in cui si registrò l’apice dei nati vivi in questo millennio, superando quota 576.000. Da quel picco, la perdita complessiva ammonta a quasi 207.000 nascite, pari a un crollo del 35,8\%. Il calo non è dovuto unicamente a una minore volontà di fare figli, ma è profondamente legato alla riduzione del numero di potenziali genitori. Le generazioni che oggi si trovano in età fertile sono quelle nate a partire dalla metà degli anni Settanta, quando la fecondità iniziò il suo storico calo, passando dai due figli in media per donna a 1,19 nel 1995. La contrazione interessa in modo diffuso sia i primogeniti, diminuiti del 2,7\% nel 2024, sia i figli di ordine successivo al primo. La diminuzione dei primi figli è meno marcata nel Centro-Nord (con cali tra l’1,8\% e il 2,0\%) ma più intensa nel Mezzogiorno (-4,3\%). Tutto ciò sottolinea le profonde difficoltà che le coppie incontrano sia nel fare il primo figlio, sia nel passare al secondo.
Gli italiani scelgono di posticipare
I fattori che contribuiscono a questa contrazione sono l’allungamento dei tempi di formazione, la precarietà del lavoro giovanile e la difficoltà di accesso al mercato immobiliare. Tali condizioni spingono i giovani a posticipare l’uscita dal nucleo familiare di origine e, di conseguenza, a rinviare o rinunciare alla genitorialità. Questo ritardo si riflette in modo netto sull’età media al parto delle madri, che nel 2024 ha toccato i 32,6 anni, un aumento di quasi tre anni rispetto al 1995. Per quanto riguarda i soli primogeniti, le donne italiane diventano madri in media a quasi 32 anni (31,9), rispetto ai 28,1 anni del 1995. Questo procrastinare la genitorialità è strettamente legato alla riduzione generale della fecondità, poiché restringe l’arco temporale disponibile per la realizzazione dei progetti familiari, aggravando l’inverno demografico.
Dove volano le cicogne: i modelli in controtendenza
Nonostante il panorama generale sia in calo, alcune aree sembrano immuni da questo inverno demografico. Le Province autonome di Trento e Bolzano hanno registrato nei primi sette mesi del 2025 più bambini nati rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Non a caso sono entrambe province a statuto autonomo e con un pil più ricco della media nazionale. Due fattori che hanno permesso di mettere in campo una serie di misure concrete e strutturali a favore della natalità, precluse ad altre regioni. A Trento, ad esempio, si eroga una ‘dote finanziaria’ per la nascita di un figlio e si assegnano bonus da cinquemila euro per il terzo , oltre a buoni famiglia per conciliare vita e lavoro. Bolzano adotta un approccio analogo, fornendo un “pacchetto bebè” e integrando l’Assegno Unico Nazionale con un assegno provinciale per le famiglie con figli minorenni. Questi modelli virtuosi dimostrano che l’azione politica mirata, sostenuta da adeguate risorse finanziarie, può efficacemente contrastare la crisi dell’inverno demografico e rappresentare una via d’uscita per il Paese.
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