Con lui gli ‘ultimi’ sono diventati ‘primi’. Dalla ‘fine del mondo’, come lo stesso Bergoglio ha detto il giorno della sua elezione, è arrivato a Roma e si è messo a sedere sullo scranno più alto dello Stato Pontificio. Ha bacchettato potenti della Terra e, per la prima volta nella storia del Giubileo, ha aperto la Porta Santa all’interno di un istituto di pena. Lascia a tutto il mondo un’autentica lezione di vita
«La prima Porta Santa l’ho aperta a Natale in San Pietro, ma ho voluto che la seconda Porta Santa fosse qui, in un carcere. Ho voluto che ognuno di noi che siamo qui, dentro e fuori, avessimo la possibilità anche di spalancare le porte del cuore e capire che la speranza non delude». Era il 26 dicembre, a Roma il freddo – come un fendente – tagliava l’aria: lui era lì, tra i detenuti di Rebibbia perché quegli ultimi fossero primi, almeno una volta nella vita. E lo ha fatto ancora, lo ha fatto tante volte, prima e dopo quel giorno. Papa Francesco ha abbracciato i migranti sbarcati a Lampedusa, ha aperto le sue braccia a naufraghi sopravvissuti, in fuga da guerre e prepotenze. Ha accorciato le distanze tra le confessioni religiose, ha bacchettato i potenti della Terra. È volato dall’altra parte del mondo, incontrando i fedeli all’Havana, pregando davanti al Muro occidentale. La sua immagine, sulle scale di un aereo qualsiasi, con la valigetta nera in mano come un viaggiatore qualunque. E quando gli hanno chiesto il perché ha risposto: «Io sono andato sempre con la borsa quando viaggio: è normale. Ma dobbiamo essere normali». Il suo italiano, contaminato dalla lingua spagnola, probabilmente gli ha concesso una corsia preferenziale per entrare nel cuore di tutti perché quel viso – buono e trasparente – ha suscitato empatia da subito. Le sue fughe da Città del Vaticano, a bordo di una Fiat 500L, e le telefonate improvvise a gente comune, lo hanno reso un simbolo, un uomo che non vive a ridosso della storia ma la attraversa, senza arroganza e con l’umiltà di chi sa che c’è ancora tanto da fare. Francesco lascia un’eredità pesante, quella di un buono che – in tutti i modi in cui ha potuto – ha cercato di ripulire l’immagine della Chiesa, ogni tanto sporcata da chi, forse, dimentica la parola di Dio.
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