Il ruolo degli insegnanti, dei supplenti, l’intelligenza artificiale e la governance. Pio Giovanni Sangiovanni, presidente dell’Associazione Nazionale Docenti «La sfida maggiore è con l’Intelligenza artificiale»
Serve apertura, studio, assenza di pregiudizi per prepararsi alla scuola che ricomincia. Nelle parole di Pio Giovanni Sangiovanni, presidente dell’AND, Associazione Nazionale Docenti, c’è l’esperienza di quasi quarant’anni di insegnamento. Un ponte tra passato, presente e futuro, che traccia l’identikit dell’insegnante di oggi tra complessità e speranze, vecchi e nuovi problemi, sfide e l’evoluzione costante di chi ha scelto di insegnare alle nuove generazioni.
Professore, di cosa si occupa l’Associazione Nazionale Docenti e qual è il suo ruolo in merito alle priorità della scuola? Con quali iniziative sostiene il lavoro quotidiano degli insegnanti e le politiche educative?
L’AND è un’associazione professionale che si rivolge ai docenti di ogni ordine e grado della scuola italiana. Siamo un unicum nel panorama della rappresentanza del settore. Ci interessiamo alla loro tutela, ma non siamo un sindacato. Nasciamo invece come realtà che svolge ricerca in ambito didattico-pedagogico e nella formazione dei docenti. Lavoriamo e collaboriamo con il mondo della scuola a tutto tondo: dalle singole istituzioni scolastiche, alle rappresentanze politiche istituzionali (Enti Locali, ATP, USR e Ministero). Ci interessiamo di governance scolastica, di percorsi che ne migliorino l’organizzazione.
A proposito di ‘organizzazione’, come si preparano gli insegnanti alle sfide del nuovo anno scolastico?
A mio giudizio i docenti vanno distinti tra quelli che hanno un’esperienza di insegnamento consolidata e quelli ‘nuovi’, che per la prima volta si affacciano nel mondo della scuola. Nel primo caso c’è già una sorta di vissuto a cui attingono. Probabilmente ci sono casi in cui tutto si riduce alla ripetizione di un rito. Credo però che ogni docente col nuovo anno si ponga di fronte a possibilità che non sono mai ripetitive. Un nuovo anno scolastico è ricco di sfide, le stesse di chi incontra il vissuto di una società piena di sorprese, come gli aspetti problematici legati all’unicità degli allievi. Per i nuovi docenti, spesso con contratto a tempo determinato, i ‘supplenti’, ci sono difficoltà maggiori. Non è facile svolgere questo lavoro ma chi considera l’insegnamento un ‘mestiere’, lo deve abbandonare. È una missione, un lavoro appassionante, che presuppone ricerca e studio continuo perché ogni lezione, ogni incontro del dialogo educativo presenta aspetti che non si ripetono mai.
Come si prepara invece ad accogliere e supportare studenti con esigenze diverse, coltivando un ambiente scolastico inclusivo?
Un docente deve innanzitutto capire il retroterra culturale dei suoi studenti. Lo può fare con strumenti ‘classici’, come i test socioculturali in cui si forniscono informazioni sulla famiglia, la provenienza, l’eventuale pendolarismo, i genitori, etc. Elementi che offrono lo spaccato di un’esistenza che ha una storia. Soprattutto, il docente deve essere aperto, pronto ad accogliere, senza preconcetti. Le scuole hanno una composizione varia: si va da quelle delle grandi città a quelle delle aree interne e periferiche. In queste ultime ci sono problematiche che obbligano a fare i conti con la necessità di innovare e rinnovarsi. Avere la capacità di diffondere un linguaggio e delle prospettive di ricerca che saranno una forma di sperimentazione, di ulteriore percorso di aggiornamento, di innovazione. La scuola, dopotutto, è un’anticipatrice dei futuri cambiamenti.
Com’è cambiato il lavoro degli insegnanti nel corso degli anni?
In modo totale. La tecnologia ha perfezionato il metodo, la qualità dell’insegnamento, il livello delle informazioni. Insegno da 38 anni, ho vissuto il passaggio dalla carta, il gesso e la lavagna di ardesia sino ai nuovi strumenti e alle L.I.M. (lavagna interattiva multimediale, ndr). Ora, da ultimo, l’intelligenza artificiale. È una grande opportunità, proprio come le altre tecnologie che hanno trasformato il modo di ‘fare’ scuola e anche il modo di ‘essere’ scuola. Ma la sfida è maggiore: bisogna saper governare l’IA, innanzitutto per il ruolo che ricopriamo. Può migliorare la nostra professionalità, ma ha dei limiti: il rischio è di avere studenti che peggiorano dal punto di vista dell’impegno, della vivacità, dell’intelligenza, della capacità di provare certe emozioni che solo la “fatica” può far capire. E poi c’è l’impoverimento della capacità del pensiero critico: ci si riduce a cercare risposte, spesso non corrette, visto che l’IA non distingue tra dato oggettivo, opinione e informazione. La scuola ha davanti a sé grandi opportunità e sfide, i docenti devono affrontarle senza chiusure e paure. Tra queste, serve gestire l’IA educando ad un uso responsabile, che non rinunci al pensiero critico, a quello che chiamo lo ‘scetticismo attivo’ e che ci invita a ricercare la verità.
Ogni anno la scuola affronta il tema ‘supplenti’: quali sono le strategie per garantirne l’inserimento nel modo più efficace possibile? È cambiato qualcosa nel tempo?
Il sistema di reclutamento dei supplenti resta un elemento critico. Lo dimostra l’esercito di precari nella scuola. Tra l’altro, il precariato produce due effetti negativi. Il primo è sull’attività didattica: il supplente è un precario che saltando da una scuola all’altra si ritrova in situazioni che, prima di aver approfondito e capito, deve già lasciare. Il secondo riguarda gli stessi docenti interessati: prima della stabilizzazione attraversano situazioni di sfiducia che difficilmente saranno superate con l’immissione in ruolo. Su questo l’AND si sta battendo molto. C’è poi l’altra vera questione nella scuola, che va oltre il sistema di reclutamento: è la riforma della governance scolastica. Abbiamo promosso un progetto di legge al riguardo, che punta al superamento dell’attuale sistema della dirigenza scolastica che, a nostro giudizio, è la causa principale del clima di tensione e conflittualità attualmente esistente. Tra l’altro, secondo una recente indagine, oltre ai docenti, anche i dirigenti scolastici sono particolarmente esposti al rischio burn out lavorativo. Pensiamo che questo sistema di governance basato sulla dirigenza non funzioni. È in totale antitesi con l’idea della scuola come “comunità educante e democratica”.
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