Una ricerca rivela come l’ascolto quotidiano di brani musicali dopo i 70 anni protegga il cervello dal declino cognitivo
Dedicare quotidianamente del tempo alla musica potrebbe rivelarsi una strategia vincente contro il declino cognitivo e la demenza senile, in aumento in tutto il mondo. Secondo il Rapporto Mondiale Alzheimer 2025 di Alzheimer’s Disease International, ogni tre secondi una persona sviluppa una forma di demenza. E le proiezioni stimano il raggiungimento di 139 milioni di casi entro il 2050. Solo in Italia, le persone con questo tipo di patologie sono circa 1.480.000, destinate a diventare 2,3 milioni entro il 2050. Dati che evidenziano la necessità di trovare strumenti e terapie per – quantomeno – rallentare la diffusione del fenomeno.
Uno scudo per il cervello
I ricercatori della Monash University di Melbourne hanno seguito per anni oltre 10.800 persone con più di 70 anni, osservando le loro abitudini quotidiane e monitorando la salute del loro cervello. Lo studio ha dato risultati interessanti: chi regolarmente ascoltava musica mostrava un rischio inferiore del 39% di sviluppare demenza rispetto a chi non la ascoltava affatto o solo sporadicamente. Ma non è tutto. Infatti, gli appassionati di musica hanno dimostrato anche una riduzione del 17% nel deterioramento cognitivo generale, punteggi migliori nei test di memoria e una maggiore capacità di ricordare gli eventi della vita quotidiana. Quest’ultimo aspetto è particolarmente significativo, perché la memoria episodica – quella che permette di ricordare i gesti recentemente compiuti – è spesso tra le prime facoltà a indebolirsi con l’avanzare dell’età.
Anche i musicisti beneficiano della melodia
Se ascoltare musica fa bene, suonare uno strumento fa ancora meglio. Lo studio ha evidenziato che chi mantiene la pratica musicale attiva in età avanzata gode di una protezione ancora più marcata, con una riduzione del rischio di demenza del 35%. E chi combina entrambe le attività – ascolta musica e suona regolarmente – registra benefici ancora più significativi. In questo caso, infatti, il rischio di demenza cala del 33% e quello di deterioramento cognitivo del 22%. La musica, che richiede coordinazione, memoria e attenzione simultanea, offre dunque una forma di allenamento cerebrale particolarmente efficace.
Una strategia accessibile a tutti
In conclusione, come ha spiegato una delle autrici, Emma Jaffa: “Le attività musicali potrebbero rappresentare una strategia accessibile per mantenere la salute cognitiva negli anziani”. I ricercatori hanno inoltre sottolineato che le evidenze suggeriscono che l’invecchiamento cerebrale non dipende solo dall’età e dalla genetica, ma può essere influenzato dalle scelte e dallo stile di vita. In altre parole, esiste un margine di azione per proteggere il cervello, e la musica potrebbe essere uno degli strumenti più piacevoli per farlo. Attualmente non esiste una cura definitiva per la demenza. Tuttavia, come diversi studi suggeriscono, gli interventi basati sullo stile di vita, rappresentano approcci non invasivi che chiunque può adottare senza particolari controindicazioni.
Cautela nell’interpretazione
Gli autori hanno però invitato alla prudenza nell’interpretare questi risultati. Si tratta infatti di uno studio osservazionale, basato sulle correlazioni che non può stabilire con certezza un rapporto di causa-effetto. Potrebbe esistere, per esempio, un “bias di selezione”: forse le persone che mantengono l’abitudine di ascoltare musica hanno anche altre caratteristiche che proteggono il loro cervello. Inoltre, le informazioni sulle abitudini musicali erano frutto delle autodichiarazioni degli stessipartecipanti. Il che potrebbe dare spazio a possibili imprecisioni. Gli autori dello studio hanno anche menzionato la possibilità di “causalità inversa”. Come dire che le persone con un cervello più sano tendano naturalmente a mantenere interessi come la musica, piuttosto che il contrario.
TUTTE LE ULTIME NOTIZIE SU SPAZIO50.ORG
© Riproduzione riservata
