Un gruppo di neuroscienziati giapponesi svela come lo stress da ansia acceleri l’invecchiamento cerebrale
L’ansia non solo fa vivere male, ma invecchia anche il cervello. Un gruppo di ricercatori giapponesi della Fujita Health University ha esaminato cosa accade nell’ippocampo – la parte di cervello fondamentale per memoria ed emozioni – di alcuni topi. Gli animali soffrivano di vari disturbi, come depressione, schizofrenia e ansia cronica. Sorprendentemente, i geni del campione osservato presentavano caratteristiche tipiche di esemplari ben più vecchi. Come se il cervello avesse bruciato le tappe, accelerando verso un invecchiamento precoce. Le cellule nervose mostravano una sorta di maturazione forzata, come se avessero percorso di fretta un tragitto che avrebbe dovuto richiedere molto più tempo.
La plasticità cerebrale messa alla prova
L’ippocampo è noto tra i neuroscienziati per la sua straordinaria plasticità. Questo significa che può modificare la propria struttura e il proprio funzionamento in risposta alle esperienze vissute, agli stimoli ricevuti, persino ai pensieri che la mente coltiva. Nel caso dei disturbi legati all’ansia cerebrale, questa capacità di adattamento sembra tradursi in un invecchiamento accelerato. I geni coinvolti in questo processo anomalo sono quelli che regolano le sinapsi, ovvero i punti di contatto tra i neuroni. I neuroscienziati hanno scoperto che, quando questi collegamenti invecchiano prematuramente, ne risente l’intera rete di comunicazione cerebrale.
Il cortisolo entra in ballo con l’ansia
Per gli scienziati giapponesi il colpevole di questa situazione nei ratti è il corticosterone, l’equivalente del cortisolo umano. Ossia l’ormone che aumenta quando la psiche è sotto pressione. Gli esperimenti hanno dimostrato che l’esposizione prolungata a questo ormone provoca sia l’invecchiamento anomalo dell’ippocampo sia un incremento dei comportamenti ansiosi. Si crea così un circolo vizioso. Lo stress cronico innalza i livelli di cortisolo, che a sua volta modifica l’espressione dei geni nell’ippocampo, accelerandone la maturazione. Questo invecchiamento precoce contribuisce poi ad alimentare ulteriormente l’ansia, creando una spirale difficile da interrompere.
La conferma dai pazienti umani
Per verificare se quanto osservato nei topi valesse anche per l’uomo i ricercatori hanno esaminato tessuti cerebrali di pazienti che avevano sofferto di ansia cronica. Anche in questi casi hanno trovato sovrapposizioni significative tra i profili genetici tipici dell’invecchiamento cerebrale e quelli dell’iper-maturità dell’ippocampo. Dunque, esiste realmente un legame tra disturbi psichiatrici caratterizzati dall’ansia e un processo di invecchiamento accelerato del cervello. Come ha spiegato Tsuyoshi Miyakawa, a capo della ricerca: “L’invecchiamento del cervello non è un processo lineare, ma regolato da fattori come l’attività neuronale, lo stress e l’infiammazione. Spesso legati all’ansia”.
Verso nuove strategie terapeutiche
Se, tuttavia, l’invecchiamento precoce dell’ippocampo fosse riconoscibile per tempo, diventerebbe possibile contrastarlo. L’idea che l’invecchiamento cerebrale possa essere rallentato o addirittura parzialmente reversibile non è più, dunque, fantascienza. Con questa scoperta i ricercatori parlano esplicitamente di “strategie di ringiovanimento cerebrale”. Con applicazioni potenziali sia nel campo della psichiatria sia negli interventi anti-invecchiamento. Comprendere meglio i meccanismi che regolano lo sviluppo e l’invecchiamento del cervello significa poter intervenire su questi processi.
Un buon motivo per tenere l’ansia sotto controllo
Ciò che al momento è certo è che l’ansia non è solo un disagio: lascia tracce biologiche profonde nel sistema cerebrale, alterando l’espressione dei geni e modificando la struttura stessa dei neuroni. Gestire l’ansia, cercare supporto quando necessario, adottare tecniche di rilassamento e mantenere uno stile di vita equilibrato non sono quindi solo consigli di buon senso: sono strategie concrete per proteggere il nostro cervello dall’invecchiamento precoce. Il messaggio, ancora una volta, è che salute mentale e fisica sono inscindibilmente legate, e curare l’una significa preservare anche l’altra.
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