La denatalità accelera nel primo semestre con un calo del 7,5%. Se prosegue il trend si toccherà il minimo di 342mila nascite nell’anno
L’Italia si trova di fronte a una vera e propria emergenza demografica che sta ridisegnando il futuro del Paese. I dati del primo semestre 2025 parlano chiaro: la crisi delle nascite ha subito un’accelerazione preoccupante, con numeri che fotografano una nazione sempre più anziana e in declino demografico. L’Istat ha reso noti i dati demografici relativi ai primi sei mesi dell’anno, rivelando una situazione allarmante. Tra gennaio e giugno 2025 sono venuti al mondo 166.051 bambini, con una diminuzione di 12.054 unità rispetto allo stesso periodo del 2024. Si tratta di un crollo del 7,5% che conferma come la crisi delle nascite stia accelerando anziché rallentare. Questo dato non rappresenta un episodio isolato, ma si inserisce in una tendenza di lungo periodo che affonda le radici nel 2008, quando nascevano oltre 576mila bambini.
Proiezioni drammatiche per fine anno
Se il trend attuale dovesse proseguire senza variazioni, l’Italia chiuderebbe il 2025 con circa 342mila nascite, un dato che segnerebbe un nuovo minimo storico. Per comprendere la portata di questo fenomeno, basta considerare che nel 2024 i nati erano stati 370mila, già in diminuzione rispetto ai 379mila del 2023. Gli esperti demografici sottolineano come questa spirale discendente sembri inarrestabile. Anche nello scenario più ottimistico, dove il secondo semestre replicasse esattamente i numeri del 2024, si arriverebbe comunque a 357.418 nascite, confermando il trend negativo della crisi delle nascite.
Il quadro demografico complessivo
La popolazione italiana attuale si attesta a 58.916.449 abitanti, in lieve diminuzione rispetto ai 58.930.778 di un anno fa. Questo dato è il risultato dell’interazione tra tre fattori fondamentali: nascite, morti e flussi migratori. Nel primo semestre 2025 si sono registrati 327.271 decessi, in crescita rispetto ai 321.870 dello stesso periodo dell’anno precedente. Un aumento che, seppur contenuto, contribuisce al saldo demografico negativo del Paese. Sul fronte migratorio, gli ingressi dall’estero sono rimasti stabili attorno alle 214mila unità, mentre si è registrato un significativo calo degli italiani che emigrano: dai 112mila del 2024 si è scesi a 67.731 nel primo semestre 2025.
La questione del tasso di fecondità
Uno degli indicatori più preoccupanti riguarda il tasso di fecondità, sceso a 1,18 figli per donna. Questo valore era già stato toccato nel 1995, quando si parlò dell’apice del “baby-bust” che caratterizzò il ventennio 1976-1995. All’epoca nascevano 526.064 bambini, un numero che oggi appare irraggiungibile. Il confronto temporale evidenzia la drammaticità della situazione attuale. Nel 2008, quando iniziò l’attuale fase di declino della crisi delle nascite, il tasso di fecondità era di 1,42 figli per donna. La discesa a 1,18 rappresenta una contrazione significativa che riflette cambiamenti profondi nella società italiana.
Il paradosso delle donne in età fertile
Secondo le analisi dell’Istat emerge un paradosso preoccupante: anche se il tasso di fecondità dovesse migliorare nei prossimi decenni, arrivando teoricamente a 1,46 nel 2080, questo non comporterebbe automaticamente un aumento proporzionale delle nascite. La ragione risiede nella progressiva diminuzione delle donne in età fertile. Nel 2024 le donne tra i 15 e i 49 anni sono 11,5 milioni, contro i 14,3 milioni del 1995. Le proiezioni indicano una contrazione ulteriore: 9,1 milioni nel 2050 e appena 7,6 milioni nel 2080. Anche nello scenario più ottimistico, con un tasso di fecondità che risalirebbe a 1,85 figli per donna nel 2080, le nascite annue non supererebbero le 500mila unità.
Scenari futuri e impatto demografico
Le previsioni demografiche delineano un futuro caratterizzato da un progressivo spopolamento. Lo scenario mediano dell’Istat prevede una diminuzione di 478mila abitanti entro il 2030, portando la popolazione a 58,5 milioni. Il tasso di variazione medio annuo sarebbe del -1,2 per mille. La situazione si aggrava nel medio termine: tra il 2030 e il 2050 la popolazione scenderebbe da 58,5 a 54,7 milioni, con un tasso di variazione medio annuo del -3,3 per mille. Nel lungo periodo, entro il 2080, l’Italia potrebbe contare appena 45,8 milioni di abitanti, perdendo complessivamente 13,1 milioni di residenti rispetto al 2024.
Il ruolo dell’immigrazione
Di fronte a questo scenario, l’immigrazione assume un ruolo cruciale per contenere il declino demografico. Le previsioni contemplano un saldo migratorio netto positivo, con una prima fase più intensa fino al 2040 caratterizzata da flussi netti di circa 200mila unità annue. Successivamente si prevede una stabilizzazione attorno alle 165mila unità annue fino al 2080. Tuttavia, anche questi flussi migratori non riuscirebbero a compensare completamente il saldo naturale negativo causato dalla crisi delle nascite. L’equilibrio demografico rimane compromesso dalla persistente denatalità che caratterizza il Paese.
Incertezze e variabili future
Gli esperti sottolineano come queste proiezioni siano caratterizzate da notevole incertezza. Numerosi fattori possono influenzare l’evoluzione demografica: dalle spinte migratorie nei paesi di origine all’attrattività economica dell’Italia, dall’instabilità geopolitica internazionale alle possibili recessioni economiche. La crisi delle nascite rappresenta quindi una sfida complessa che richiede interventi strutturali e una visione di lungo periodo. Solo politiche demografiche efficaci e coordinate potrebbero invertire questa tendenza che rischia di compromettere il futuro socio-economico del Paese.
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