Il rapporto OCSE rivela meno dispersione scolastica ma ancora troppo pochi i laureati. Il nodo dei docenti sottopagati
Il rapporto “Education at a Glance 2025” dell’OCSE dipinge un quadro complesso del sistema istruzione in Italia, evidenziando progressi in alcuni settori e ritardi preoccupanti in altri. Solo un adulto su cinque, infatti, possiede una laurea, una percentuale che è la metà della media dei paesi più sviluppati e tra i giovani, i laureati sono solo il 30%. A peggiorare le cose, tra quei pochi laureati, appena uno su cinque ha scelto un indirizzo STEM (scientifico-tecnologico), settori fondamentali per l’innovazione. C’è poi una questione di riconoscimento: mentre negli altri paesi gli stipendi degli insegnanti sono cresciuti del 14% in quasi dieci anni, in Italia sono addirittura calati del 4%.
Dispersione scolastica finalmente sotto controllo
La notizia più incoraggiante riguarda il calo della dispersione scolastica. Nel 2024 il tasso è sceso al 9,8%, permettendo di raggiungere con due anni di anticipo l’obiettivo del 10,2% fissato dalla Commissione europea nel PNRR. Le proiezioni per il 2025 sono ancora più ottimistiche, con un tasso stimato dell’8,3%. Il ministro Giuseppe Valditara ha sottolineato come questo risultato sia frutto di politiche mirate come l’iniziativa ‘Agenda Sud’, con interventi personalizzati per rispondere alle fragilità degli studenti nei diversi contesti territoriali. Altra buona notizia, è diminuita anche la dispersione implicita, ovvero l’impreparazione di chi arriva al diploma senza le competenze adeguate.
Il deficit di competenze degli adulti
Nonostante questi progressi, dall’indagine emerge una realtà preoccupante: più di un italiano su tre tra i 25 e i 64 anni comprende solo testi brevi con vocabolario elementare. Si tratta del 37% della popolazione, ben sopra la media OCSE del 27%. Questo, che il Rapporto definisce come un basso livello di alfabetizzazione ha, come prevedibile, delle ricadute sulla vita quotidiana. Chi presenta queste carenze fatica a trovare un impiego qualificato, ha difficoltà nella gestione dei risparmi e nell’uso di internet. Il dato diventa ancora più pesante considerando che il 16% dei laureati italiani rientra in questa categoria, contro una media OCSE del 10%.
La laurea è ancora un miraggio
Il panorama universitario dell’istruzione in Italia presenta alcuni deficit strutturali. Solo il 22% degli adulti tra 25 e 64 anni possiede una laurea, percentuale che sale al 30% tra i giovani ma resta distante dalla media OCSE del 50%. L’Italia si colloca agli ultimi posti in Europa, alla pari con l’Ungheria. Tra i giovani di 25-34 anni, solo il 32% ha completato un percorso universitario, contro il 40% della Germania e il 53% di Francia e Spagna. Particolarmente grave la situazione dei ragazzi da famiglie con basso livello di istruzione: solo il 15% consegue una laurea, contro il 63% di chi ha almeno un genitore laureato.
Poche lauree STEM e basse retribuzioni
Un aspetto critico riguarda la distribuzione delle lauree per settore. In Italia, oltre un terzo degli studenti si laurea in ambito umanistico o sociale (36% contro il 22% OCSE), mentre solo il 20% segue percorsi STEM. Questa scarsità si riflette sui livelli retributivi: un laureato italiano guadagna solo il 33% in più di un diplomato, contro il 54% della media OCSE. Anche i docenti, sebbene in aumento, vivono difficoltà economiche. Dal 2015 la retribuzione reale degli insegnanti elementari è calata del 4,4%, mentre negli altri paesi OCSE è aumentata del 14,6%.
Istruzione in Italia: un problema di investimenti
Il sottoinvestimento nel settore educativo è una delle cause dei problemi evidenziati dal rapporto OCSE. L’Italia destina all’università e alla ricerca, tra pubblico e privato, solo l’1% del PIL contro una media OCSE dell’1,4%. Se si considera esclusivamente il settore pubblico, la percentuale scende addirittura allo 0,6%. Complessivamente, gli investimenti nell’istruzione Italia dal livello primario a quello terziario raggiungono il 3,9% del PIL, significativamente inferiore al 4,7% della media OCSE. Un gap finanziario che si traduce in minori risorse per l’innovazione didattica, l’aggiornamento delle strutture e il miglioramento delle condizioni di lavoro del personale scolastico.
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