Il Paese si prepara a diventare una delle società più anziane al mondo
L’Italia si avvia verso una trasformazione demografica senza precedenti. I numeri diffusi dall’Istat nel rapporto ‘Italia 2050: sfide e prospettive di una società in transizione’ raccontano di un Paese destinato a invecchiare rapidamente, con conseguenze profonde su economia, welfare e struttura sociale. Secondo i dati, infatti, la popolazione italiana continua a invecchiare principalmente per l’attuale struttura per età. L’aumento della longevità, le poche nascite e i cambiamenti familiari accelerano questo processo che si auto-alimenta. L’immigrazione contribuisce positivamente ma non è sufficiente a invertire la tendenza all’invecchiamento.
Un paese che si rimpicciolisce
La popolazione italiana, attualmente di circa 59 milioni di abitanti, è destinata a contrarsi significativamente nei prossimi decenni. Secondo le proiezioni dell’Istat, entro il 2050 l’invecchiamento popolazione Italia porterà il numero di residenti a scendere a 54,7 milioni, con una perdita di oltre 4 milioni di persone in appena 26 anni. Questo declino demografico non rappresenta un fenomeno improvviso, ma il culmine di tendenze già in atto da tempo. L’età media della popolazione ha già raggiunto i 46,6 anni, un dato che colloca il nostro Paese tra le nazioni più anziane al mondo. La fascia degli over 65 oggi rappresenta il 24,3% del totale, mentre i giovani fino a 14 anni costituiscono appena il 12,2%.
La rivoluzione grigia del 2050
Le proiezioni per il 2050 disegnano uno scenario ancora più marcato. L’invecchiamento della popolazione in Italia raggiungerà livelli record: gli over 65 saliranno al 34,6% del totale, praticamente più di un italiano su tre. Contemporaneamente, la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) subirà una contrazione drammatica, passando dall’attuale 63,5% al 54,3%. Particolarmente significativo è l’aumento degli ultra-ottantacinquenni, quella fascia di popolazione che richiede maggiori cure e assistenza. Dal 3,9% attuale, questa categoria raggiungerà il 7,2% nel 2050, quasi raddoppiando in termini percentuali.
Il Sud paga il prezzo più alto
Il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione Italia non colpirà, però, in maniera uniforme tutto il territorio nazionale. Il Mezzogiorno subirà le conseguenze più severe di questa transizione demografica. Mentre il Nord riuscirà a mantenere una sostanziale stabilità fino al 2030, grazie anche ai flussi migratori interni ed esterni, il Sud vedrà accelerare il proprio declino demografico. Le previsioni indicano che entro il 2050 il Mezzogiorno potrebbe perdere 3,4 milioni di abitanti, arrivando a una riduzione di 7,9 milioni entro il 2080. Questo squilibrio territoriale rischia di accentuare le già esistenti disparità economiche e sociali tra Nord e Sud del Paese.
Famiglie e lavoro in trasformazione
L’invecchiamento della popolazione in Italia sta ridisegnando anche la struttura familiare tradizionale. Entro il 2050 solo una famiglia su cinque sarà composta da una coppia con figli, contro le attuali tre su dieci. Parallelamente, cresceranno le famiglie unipersonali, che rappresenteranno il 41,1% del totale rispetto all’attuale 36,8%. Un dato particolarmente preoccupante riguarda gli anziani soli: dai 4,6 milioni attuali si passerà a 6,5 milioni nel 2050. Ciò pone nuovi interrogativi sulle politiche di assistenza e sul sistema di welfare, che dovrà confrontarsi con una popolazione sempre più fragile e isolata. La popolazione in età lavorativa (15-64 anni) subirà una contrazione di 7,7 milioni, passando dai 37,4 milioni del 2025 ai 29 milioni del 2050. Il calo avrà ripercussioni sulla produttività, sulla sostenibilità del sistema pensionistico e sulla capacità del Paese di mantenere gli standard economici.
Nascite e migrazioni: due dinamiche opposte
Nonostante l’invecchiamento popolazione Italia proceda inesorabile, le proiezioni dell’Istat evidenziano alcuni elementi di parziale compensazione. I flussi migratori dall’estero continueranno a rappresentare un fattore di equilibrio, con un saldo migratorio netto previsto di circa 200mila unità annue fino al 2040, per poi stabilizzarsi attorno alle 165mila unità. Tuttavia, anche negli scenari più ottimisti, le nascite non riusciranno a compensare i decessi. Tra il 2024 e il 2080 si prevedono 20,5 milioni di nascite contro 43,7 milioni di decessi, confermando che il ricambio naturale negativo continuerà a caratterizzare la demografia italiana per i prossimi decenni.
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