Assistenza domiciliare e prevenzione possono migliorare il futuro degli anziani e ridurre i costi della Sanità. Gli ospedali di comunità
L’aspettativa di vita è aumentata tra il 2001 e il 2011 in tutta l’area OCSE, ma i miglioramenti hanno subito un rallentamento nell’ultimo decennio: nel periodo 2012-2023, la speranza di vita a 60 anni è aumentata di 1,0 anno, rispetto all’aumento di 1,7 anni registrato tra il 2001 e il 2011. Non tutti questi anni aggiuntivi guadagnati sono vissuti, dunque, in salute. Sebbene un invecchiamento in buona salute possa ridurre le spese sanitarie e assistenziali previste, i paesi non ne stanno sfruttando appieno le potenzialità. Lo sottolinea l’ultimo rapporto dell’Organizzazione intergovernativa, che evidenzia come interventi preventivi, cure domiciliari e un’assistenza più integrata siano strategie efficaci per promuovere l’healthy ageing.
Barriere in casa e nella burocrazia
Uno degli aspetti meno dibattuti dell’invecchiamento della popolazione riguarda gli spazi abitativi. Il patrimonio immobiliare attuale, infatti, non è stato pensato per accogliere le fragilità della terza età. Scale senza corrimano, bagni inadeguati, porte strette: piccoli ostacoli che diventano barriere. Chi vive in case adattate alle proprie necessità ha minori probabilità di finire in strutture residenziali e richiede meno aiuto nelle attività quotidiane. Parallelamente, meno del 30% di chi dichiara di avere bisogno di cure a lungo termine riesce effettivamente ad accedere ai servizi istituzionali. Liste d’attesa interminabili, requisiti burocratici, costi elevati a carico delle famiglie. Molti anziani finiscono per dipendere esclusivamente dai caregiver familiari, spesso senza alcun supporto istituzionale.
Prevenire conviene, anche economicamente
Questi sono alcuni dei dati riportati nello studio OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, in inglese OECD) che sottolinea l’importanza di investire in prevenzione e assistenza domiciliare. Logica, infatti, vorrebbe che un sistema sanitario intelligente investisse massicciamente nella prevenzione. Lo confermano i numeri: ogni aumento del 10% nella spesa preventiva comporta una riduzione delle malattie croniche tale da abbassare la spesa sanitaria complessiva dello 0,9% nell’arco di cinque anni. Anche l’assistenza domiciliare, se potenziata, genera risparmi. Secondo le stime, incrementare la spesa per le cure a domicilio ridurrebbe i costi complessivi dell’assistenza a lungo termine di circa lo 0,5%. Il calcolo è semplice: evitare ricoveri ospedalieri inappropriati e permanenze prolungate in strutture residenziali costa meno che investire in servizi territoriali.
L’ospedale non è sempre la risposta
I ricoveri ospedalieri rappresentano la voce di spesa più pesante per il sistema sanitario. Ma non sempre sono necessari. Molti anziani finiscono in ospedale per mancanza di alternative adeguate sul territorio, non perché le loro condizioni lo richiedano davvero. Una volta ricoverati, affrontano un ambiente estraneo che può aggravare il loro stato psicofisico. La separazione dal contesto familiare, la confusione dovuta ai ritmi ospedalieri, il rischio di infezioni nosocomiali: elementi che pesano particolarmente sulla popolazione più fragile.
Sanità di prossimità: le innovazioni italiane
Avvicinare i servizi alle persone diventa quindi una priorità strategica. Ambulatori di quartiere, assistenza infermieristica a domicilio, telemedicina: strumenti che permettono di curare senza sradicare. In Italia, alcune innovazioni vanno in questa direzione. Le farmacie hanno ampliato il loro ruolo, diventando presidi sanitari territoriali dove sottoporsi a vaccini e controlli di base. Con i fondi del PNRR entro il 2026 si dovrebbero realizzare almeno 307 Ospedali di Comunità, interconnessi e tecnologicamente attrezzati. Queste strutture rappresentano un esperimento interessante: strutture intermedie da quindici-venti posti letto pensate per pazienti con patologie croniche o fragilità. Troppo complessi per restare a casa ma non abbastanza critici per l’ospedale tradizionale. Qui i degenti possono rimanere fino a sei settimane, il tempo necessario per stabilizzarsi dopo una dimissione o per evitare un ricovero improprio.
Il ruolo dei centri diurni
Altri paesi hanno già sperimentato soluzioni efficaci nell’affrontare l’invecchiamento della popolazione. La Norvegia ha introdotto visite domiciliari preventive che hanno dimostrato di ridurre sia i ricoveri ospedalieri sia gli ingressi in case di riposo. I Paesi Bassi promuovono forme abitative condivise o intergenerazionali, combattendo l’isolamento attraverso la convivenza. I centri diurni meritano un’attenzione particolare. Il Giappone ha reso obbligatori gli screening sanitari nei centri diurni per anziani, intercettando per tempo sopraggiungenti problemi di salute. Questi luoghi, oltre ad offrire attività ricreative e socializzazione, producono benefici misurabili. Migliorano la salute, abbassano i costi sanitari complessivi e ritardano la necessità di strutture residenziali permanenti. Rappresentano quello spazio intermedio tra l’autonomia domestica e l’istituzionalizzazione, permettendo agli anziani di mantenere la propria indipendenza più a lungo.
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