Un algoritmo, nato dalla collaborazione tra il Centro Parkinson del Pini-Cto di Milano e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, è in grado di “leggere” in anticipo i segnali cerebrali dei pazienti grazie all’Intelligenza Artificiale.
Un passo avanti nella cura del Parkinson
Il futuro della lotta alla malattia di Parkinson potrebbe essere scritto da un algoritmo, letto e interpretato dall’IA. Una prospettiva che fino a poco tempo fa apparteneva alla fantascienza e che oggi, invece, diventa una realtà tangibile grazie a un’eccellenza tutta italiana. Uno studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista del gruppo Nature, ‘Npj Parkinson’s disease‘, ha dimostrato come l’intelligenza artificiale possa prevedere l’evoluzione clinica della patologia con una settimana di anticipo. Questa scoperta, frutto del lavoro congiunto del Centro Parkinson dell’Asst Gaetano Pini-Cto di Milano e dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, promette di rivoluzionare l’approccio terapeutico, passando da un intervento reattivo a una strategia proattiva e interamente personalizzata.
Si tratta di un passo avanti fondamentale che non solo migliora l’efficacia delle cure esistenti, ma apre le porte a una nuova generazione di “neuroprotesi intelligenti” capaci di adattarsi in tempo reale alle esigenze di ogni singolo paziente.
Come l’Intelligenza artificiale “legge nel futuro” della malattia
Al centro di questa “rivoluzione” c’è la Stimolazione Cerebrale Profonda (Deep Brain Stimulation, DBS), una delle opzioni terapeutiche più avanzate per il Parkinson in fase avanzata. La procedura prevede l’impianto chirurgico di elettrodi in aree specifiche del cervello, collegate a un dispositivo simile a un pacemaker che eroga impulsi elettrici per modulare l’attività neurale e controllare i sintomi motori.
La vera svolta, però, risiede nella sua evoluzione “adattativa”. Mentre la DBS convenzionale agisce con parametri fissi, la DBS adattativa (aDBS) è in grado di registrare l’attività cerebrale del paziente e di regolare l’intensità della stimolazione in base ai segnali biologici rilevati. Lo studio italiano si spinge ancora oltre. L’algoritmo di intelligenza artificiale sviluppato è capace di analizzare costantemente i dati provenienti dal neurostimolatore del paziente, monitorato al proprio domicilio, e di predire come cambieranno i suoi sintomi nei sette giorni successivi.
Come ha spiegato Ioannis U. Isaias, direttore del Centro Parkinson del Pini-Cto e responsabile dello studio, questo permette ai medici di “leggere nel futuro” della malattia, intervenendo in anticipo sulla terapia per renderla massimamente efficace. Un approccio che, secondo l’esperienza del centro milanese, è già preferito da oltre l’80% dei pazienti per la sua superiore efficacia e personalizzazione.
Una rete d’eccellenza tutta italiana
Questo straordinario risultato non nasce dal caso, ma è il prodotto di una consolidata rete di collaborazioni tra centri di eccellenza. Il progetto ha visto unire le forze del mondo clinico, rappresentato dal team del Pini-Cto, e di quello ingegneristico, con l’Istituto di Biorobotica della Scuola Sant’Anna di Pisa guidato da Alberto Mazzoni.
Un contributo fondamentale è arrivato anche dalla Fondazione Pezzoli per la malattia di Parkinson, da sempre impegnata a sostenere la ricerca più avanzata. L’aspetto chirurgico, cruciale per il successo della terapia, è stato gestito dall’équipe di Marco Locatelli al Policlinico di Milano, uno dei centri neurochirurgici partner di una rete che coinvolge anche l’Asst Santi Paolo e Carlo di Milano e l’Irccs San Gerardo di Monza.
Questa sinergia è essenziale per rispondere a una domanda crescente: il Centro Parkinson del Pini-Cto, infatti, segue ogni anno oltre 7.000 pazienti, con più di 1.500 nuovi casi che accedono alla struttura. La complessità della DBS richiede un team multidisciplinare e una perfetta integrazione di competenze, dall’ingegneria biomedica alla neurochirurgia, fino alla neurologia specializzata nella neuromodulazione, come quella coordinata da Salvatore Bonvegna all’interno del centro.
Dalla ricerca all’accesso universale alle cure
Nonostante questi progressi scientifici di portata mondiale, emerge un dato preoccupante che getta un’ombra sul sistema sanitario nazionale.
In Italia, si stima che circa 2.000 pazienti parkinsoniani potrebbero trarre un beneficio significativo dalla Stimolazione Cerebrale Profonda, ma ogni anno solo 300 di loro vengono effettivamente sottoposti all’intervento. Si tratta di un “gap terapeutico” enorme, come sottolineato da Paola Lattuada, direttore generale dell’Asst Gaetano Pini-Cto. La complessità della procedura, la necessità di centri altamente specializzati e forse una conoscenza ancora non capillare di questa opzione tra pazienti e medici contribuiscono a questo sottoutilizzo. L’avvento di tecnologie predittive basate sull’intelligenza artificiale rende ancora più urgente colmare questo divario. Avere a disposizione strumenti così potenti per personalizzare la terapia ha senso solo se un numero maggiore di pazienti può accedere alla tecnologia di base, ovvero all’impianto di DBS. Ora ci sono due binari paralleli: continuare a spingere la frontiera della ricerca e, allo stesso tempo, lavorare per rendere queste innovazioni accessibili a tutti coloro che ne hanno bisogno.
L’obiettivo, oggi, si sposta dal semplice controllo dei sintomi a una gestione predittiva e dinamica della malattia. L’idea di “neuroprotesi intelligenti”, in grado non solo di erogare una terapia ma anche di dialogare costantemente con il cervello del paziente per anticiparne le necessità, disegna un orizzonte in cui il recupero funzionale completo potrebbe diventare un traguardo raggiungibile.
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