La Pixar ha cambiato per sempre le regole del cinema d’animazione parlando ai bambini (e ai grandi) delle loro sensazioni più profonde
Quando il 19 giugno 2015 uscì Inside Out, molti pensarono a un classico film per bambini firmato Pixar. Ma bastarono pochi minuti per capire che questo cartoon andava ben oltre: Inside Out è un viaggio emozionante dentro la mente di Riley, una ragazzina alle prese con un trasloco, un nuovo ambiente e soprattutto con se stessa. A guidarla – e a guidare il pubblico – sono cinque emozioni personificate: Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto. Un’idea originale che ha saputo trasformarsi in un racconto di formazione dal forte impatto emotivo e scientificamente fondato.
Dall’idea al film: quando le emozioni diventano protagoniste
L’intuizione del regista Pete Docter nasce da una situazione personale: osservare i cambiamenti della figlia adolescente e chiedersi cosa stesse accadendo dentro di lei. Da lì parte un percorso creativo che durerà anni. Il progetto, sviluppato insieme a Ronnie del Carmen, prende forma come un mix tra avventura, commedia e fantasy. Ma per rappresentare al meglio il mondo delle emozioni, serve un approccio rigoroso: vengono coinvolti esperti come Paul Ekman e Dacher Keltner, che aiutano a selezionare le cinque emozioni principali da una lista iniziale di ben 27. La produzione è tutt’altro che semplice: iniziata nel 2009, resta ferma per molto tempo. Solo grazie all’intervento del produttore John Lasseter – già dietro successi come Toy Story e Cars – Inside Out riesce finalmente a prendere vita. La scrittura coinvolge persino i doppiatori e attraversa continui aggiustamenti, fino al risultato finale: un film curato in ogni dettaglio.
Come si costruisce l’immaginario interiore
Uno degli aspetti più affascinanti di Inside Out è il modo in cui riesce a rendere visibile ciò che di solito resta invisibile: il mondo interiore. Le emozioni sono disegnate come personaggi colorati e riconoscibili, ognuno con caratteristiche fortemente marcate, simili a quelle di una sitcom o di un musical. Non è un caso: il film si ispira proprio alla commedia americana, alle serie tv familiari, a quel linguaggio popolare che riesce a parlare a tutti. Tutto avviene all’interno della “console” del cervello di Riley, dove le emozioni prendono decisioni, litigano, collaborano. In parallelo, il pubblico assiste ai comportamenti reali della ragazza nel mondo esterno. Una doppia narrazione che funziona perfettamente e che tiene insieme comicità e profondità.
Perché Inside Out ci fa bene
Inside Out ha il grande merito di affrontare temi complessi come la crescita e l’identità con un linguaggio accessibile, ma senza perdere rigore. Il film non cerca di sostituirsi al dialogo tra genitori e figli, ma riesce a stimolarlo con leggerezza e intelligenza. Il suo valore educativo è indubbio: racconta che anche le emozioni spiacevoli – come la tristezza o la rabbia – hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo di ogni persona. E soprattutto, normalizza comportamenti tipici dell’età evolutiva, aiutando gli adulti a comprendere meglio le fatiche quotidiane dei ragazzi. In un’epoca in cui spesso si cerca di proteggere i più giovani da ogni forma di difficoltà, Inside Out ci ricorda che attraversare la sofferenza, quando è sopportabile, è parte del crescere.
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