Dal Rapporto annuale dell’INPS emerge una fotografia netta delle disuguaglianze di genere nel sistema pensionistico italiano. Le donne, pur essendo la maggioranza dei pensionati, percepiscono assegni mediamente molto più bassi.
Pensioni: la forte diseguaglianza tra uomini e donne
Una voragine del 34%. È questo il dato più emblematico che emerge dal Rapporto annuale dell’INPS, una cifra che quantifica il divario pensionistico di genere in Italia. Nel 2024, un pensionato uomo ha incassato in media 2.142,60 euro lordi al mese, a fronte dei 1.594,82 euro percepiti da una pensionata.
Un’analisi approfondita dei numeri rivela una realtà strutturale complessa, dove le donne, pur rappresentando il 51% del totale dei 16,3 milioni di pensionati, si vedono corrispondere solo il 44% dei redditi pensionistici complessivi. Per un ammontare di 161 miliardi di euro contro i 204 miliardi destinati agli uomini. Questa disparità si accentua ulteriormente analizzando le diverse tipologie di trattamento. Le pensioni anticipate, quelle con gli importi più sostanziosi grazie a carriere più lunghe e continuative, vanno per due terzi (il 66%) agli uomini, i quali beneficiano di un assegno medio di 2.277,50 euro, quasi il 23% in più rispetto alle donne nella stessa categoria.
Al contrario, le donne sono predominanti nelle pensioni di vecchiaia (61%), che però hanno importi medi inferiori, e soprattutto nelle pensioni ai superstiti (87%) e nelle prestazioni assistenziali come gli assegni sociali (62%), caratterizzate da importi decisamente più contenuti, intorno ai 502 euro mensili.
Il divario pensionistico in cifre
Il divario negli assegni pensionistici non è un fulmine a ciel sereno, ma il punto di arrivo di un percorso lavorativo che penalizza sistematicamente le donne. Una delle cause principali di questa disuguaglianza emerge chiaramente dai dati sui congedi parentali.
Durante il primo anno di vita di un figlio, le madri usufruiscono in media di 126 giorni di congedo, un numero quasi quadruplo rispetto ai 36 giorni richiesti dai padri. Questa sproporzione nel carico di cura si traduce spesso in interruzioni di carriera, ricorso al part-time involontario e, di conseguenza, in retribuzioni e montanti contributivi più bassi. Il risultato finale è un assegno pensionistico più magro, anche per chi ha avuto carriere apparentemente complete.
L’analisi mostra infatti che persino nelle pensioni anticipate, legate a percorsi lavorativi lunghi, il reddito medio delle donne resta inferiore. L’età media di pensionamento è leggermente salita, attestandosi a 67,2 anni per la vecchiaia e 61,6 per l’uscita anticipata; un innalzamento dovuto anche alle recenti strette normative come Quota 103, che lega l’uscita a 62 anni di età e 41 di contributi con il calcolo interamente contributivo.
Giovani, donne e flussi migratori
Di fronte a uno scenario demografico che prospetta una contrazione di circa 5 milioni di persone in età lavorativa entro il 2040, il presidente dell’INPS, Gabriele Fava, ha sottolineato l’urgenza di scelte coraggiose per garantire la tenuta del sistema.
Secondo Fava, la sostenibilità futura del welfare italiano poggia su tre pilastri fondamentali: donne, giovani e flussi migratori. Investire su donne e giovani, che insieme rappresentano un bacino di oltre 25 milioni di persone, è visto come una condizione imprescindibile per valorizzare un potenziale produttivo e contributivo oggi solo parzialmente sfruttato.
Parallelamente, è cruciale sostenere la permanenza al lavoro dei lavoratori più anziani, incentivandola su base volontaria con strumenti come il cosiddetto “Bonus Giorgetti”, che versa in busta paga i contributi a carico del lavoratore che sceglie di non andare in pensione anticipata pur avendone i requisiti. Infine, Fava ha indicato la valorizzazione dei flussi migratori come una risorsa strategica per ampliare la platea degli occupati e rispondere al divario tra domanda e offerta di lavoro. In questo contesto, si osserva anche il fenomeno dei pensionati che scelgono l’estero: sono 37.825 quelli che, dopo una carriera in Italia, si sono trasferiti, con un trend in ripresa dopo il calo pandemico.
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