Al di sotto del riconoscimento principale, in ogni manifestazione cinematografica festivaliera che si rispetti, prolifera una miriade di concorsi in sedicesimo, il cui scopo risulta quello di garantire il “c’è posto per tutti”
Oggi i festival sono molto cambiati. All’entrata dei palazzi e palazzetti del cinema, sui tappeti rossi in passerella, scorre un sempre maggior numero di persone, che col cinema hanno poco a che fare. I cosiddetti ‘influencer’, per esempio, ovvero gli imperatori sovrani dei social media in rete, che garantiscono opportuna e copiosa cassa di risonanza a tutte le proiezioni. Proiezioni che diventano così eventi, quasi un festival nel festival.
Scorrendo i cenni storici su Cannes, ma anche Venezia Locarno e altre varie kermesse di cinema, infatti, si vedrà che la costante è quella di moltiplicare sezioni e premi. Al di sotto del riconoscimento principale, quello davvero iconico, la Palma o il Leone d’oro di rito, in ciascuna manifestazione cinematografica festivaliera che si rispetti, proliferano una miriade di concorsi in sedicesimo, ovvero tanti premi più piccoli, il cui scopo risulta quello di garantire il “c’è posto per tutti”.
Ampliare gli spazi, capaci di ospitare eventi, anche minimi, è obiettivo primario di ogni festival nel mondo. Segno di riconoscimento per un film, oggi, scherzando ma non troppo, potrebbe diventare così quello di essere scartato, rifiutato da un festival: condizione che fa scattare un sentimento, anche un pochino morboso, di curiosità immediata per il film stesso. Come mai questo titolo non ha mai avuto accesso a un festival? Forse è così trasgressivo che è stato rifiutato in blocco? Contiene elementi tanto scomodi da venire respinto da tutti i comitati di selezione? A tal proposito, mi sono chiesto spesso come non si sia ancora pensato a organizzare un festival dei film rifiutati dagli altri festival (che forse ci sta, esiste da qualche parte), formula che credo possa essere di discreto richiamo per un pubblico di appassionati, e quindi forse di successo.
All’interno di un festival, da qualche tempo, è sempre presente una sezione di film storici. A Cannes, si chiama, non a caso, Cannes Classic, e si tratta di film del passato appositamente restaurati, ma anche documentari sulla storia del cinema o un autore in particolare. Ciò sembra particolarmente significativo: la comparsa, e la consistenza, come per il teatro o la musica, anche per il cinema, di un repertorio. Nell’età della rete, che altro non è che un gigantesco archivio dove passato e presente si intrecciano in un nodo inestricabile di connessioni, ciò che proviene dal tempo che fu diventa subito evento. Mi capita spesso di vedere film vecchi, molto belli, che immediatamente ispirano la più inutile delle domande: perché ancora oggi non si fanno film così? Questione puramente accademica, dato che lo stesso e identico film, realizzato qui e ora, non interesserebbe a nessuno. Le proiezioni di pellicole del passato, accuratamente selezionate, come accade nei festival, invece, sono sempre gremite di pubblico. Perché ciò che oggi attira e seduce è il momento stesso del passato, inteso come tramonto di tutto quello che di bello c’era una volta, e ancora riesce a luccicare qui e là: una storia poliziesca o un melodramma, attori e attrici di un tempo, l’affascinante bianco e nero proveniente dall’alba della cine-fotografia, in sé, sono immediatamente un piacere per gli occhi. I festival questo lo sanno, e hanno provveduto ad ampliare tali spazi dedicati al ‘classico’, alla storia del cinema, che attirano sempre di più l’attenzione dei mezzi di informazione, contribuendo così a promuovere il nome del festival stesso.
Cannes, la Costa Azzurra, il Principato di Monaco: accostamenti che confluiscono nello spazio della leggenda, in una parola la principessa Grace, ovvero Grace Kelly. Il mito di Cannes si intride di passato, anche al di là del festival stesso. Il film di Hitchcock, Caccia al ladro, sul cui set Grace Kelly incontrò il principe Ranieri di Monaco, da cui clamorosamente sarà condotta all’altare, è ambientato infatti nel prestigioso Hotel Carlton di Cannes. Anche se non farà mai parte della selezione ufficiale del festival, un film-evento come questo contribuisce a rinforzare il mito del cinema in riva alla Costa Azzurra: esempio per cui una pellicola, Caccia al ladro, e la location, Cannes, si fondono in un unico nodo fantastico, che va a contaminare, per attrazione fatale, anche il festival, nonostante questi sia rimasto estraneo all’intera vicenda. Tale è la forza del passato, che si irradia anche là dove non risultano tracce fisiche del passato stesso.
Per un regista, giovane o anziano, celebre o sconosciuto, piccolo o grande, così, andare comunque a Cannes significa entrare automaticamente nella storia del cinema. Realizzare il proprio film in autonomia, caricarlo su file o dvd e riempirci la valigia, partire per Cannes, e poi, durante il festival, assediare produttori e agenti raccontando loro di essere un grande nuovo giovane regista. Aprire quindi la valigia ficcando nelle tasche di ciascuno il file o dvd del proprio piccolo straordinario film. Anche senza partecipare ufficialmente al festival, magari, sarà proprio grazie al festival che sarà possibile farsi conoscere sgomitando un poco, e iniziare una carriera chissà quanto prestigiosa.
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