I dati della sorveglianza Passi d’Argento fotografano il fenomeno: il 20% degli over 65 cade almeno una volta l’anno, spesso dentro casa. Nonostante questo, un terzo degli anziani non usa presidi anticaduta in bagno. Un problema che si intreccia con fragilità economica, solitudine e scarsa attenzione sanitaria.
Un’emergenza silenziosa
Ventimila anziani su centomila. Ogni anno, questa è la proporzione di persone con più di 65 anni che finiscono a terra almeno una volta nei dodici mesi.
Il dato arriva dal biennio 2023-2024 della sorveglianza Passi d’Argento dell’Istituto Superiore di Sanità e racconta di un fenomeno diffuso ma spesso sottovalutato. Il 14% degli intervistati ha dichiarato di essere caduto una sola volta, mentre il 6% ha riportato due o più episodi nell’arco di un anno. Ma è quando si guarda alle conseguenze che i numeri diventano davvero pesanti: nel 18% dei casi la caduta ha provocato una frattura, e nel 16% è stato necessario almeno un giorno di ricovero ospedaliero.
La casa, paradossalmente, è il luogo più pericoloso. Ben il 54% delle cadute avviene tra le mura domestiche, contro il 20% in strada, il 21% in giardino e solo il 5% altrove. Eppure la percezione del rischio resta bassa: appena il 29% degli anziani considera la propria abitazione un luogo dove la probabilità di infortunarsi sia alta o molto alta. Questa scarsa consapevolezza si riflette nell’uso limitato di presidi anticaduta. Soltanto il 62% degli ultrasessantacinquenni utilizza il tappetino in vasca o doccia, mentre i maniglioni (22%) e i seggiolini (17%) risultano ancora meno diffusi. Complessivamente, un anziano su tre non ricorre a nessuno di questi strumenti di sicurezza in bagno.
Paura, fragilità e il peso delle disuguaglianze
Le cadute, però, non sono solo un problema fisico. Chi finisce a terra vive spesso con la paura di ricadere, un timore che può trasformarsi in una vera e propria sindrome ansiosa.
Il 34% degli intervistati ha dichiarato di avere paura di cadere, ma tra chi ha già subito un episodio questa percentuale quasi raddoppia. Tra gli ultra 85enni la quota sale addirittura al 53%, mentre le donne (43%) e le persone con difficoltà economiche (50%) risultano particolarmente vulnerabili. La solitudine amplifica il problema. Il 42% di chi vive da solo teme di cadere, contro percentuali inferiori per chi può contare sulla presenza di familiari.
Non mancano neppure le ripercussioni psicologiche più gravi. Tra chi è caduto negli ultimi dodici mesi, il 17% presenta sintomi depressivi, contro il 7% del campione totale. Questo malessere si intreccia con la perdita di autonomia e con il rischio di un circolo vizioso: cadere più volte indebolisce ulteriormente il fisico e la mobilità, rendendo più probabile una nuova caduta. Le cadute multiple, secondo i responsabili della sorveglianza, possono causare fratture ripetute e accelerare il declino funzionale, riducendo gradualmente l’indipendenza delle persone anziane. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che nel mondo circa il 28-35% delle persone di 65 anni e oltre cada ogni anno, percentuale che sale al 32-42% negli ultra 70enni. In Italia, il fenomeno si distribuisce in modo disomogeneo: le cadute sono più frequenti con l’avanzare dell’età, tra le donne e tra chi affronta molte difficoltà economiche.
Presidi poco usati e medici distratti
L’adozione di presidi anticaduta cresce con l’età e con il bisogno. Tra gli ultra 85enni, l’81% usa almeno uno di questi strumenti, percentuale che scende al 67% nella popolazione generale over 65. Le donne (71%) sono più attente degli uomini, così come le persone con maggiori difficoltà economiche (75%) e chi ha un basso livello di istruzione (76%).
Ma questi numeri, seppur in crescita tra le fasce più vulnerabili, restano insufficienti se confrontati con la frequenza delle cadute in ambiente domestico. Bagno e cucina si confermano gli ambienti più a rischio, eppure tappetini, maniglioni e seggiolini faticano a diventare uno standard nelle case degli anziani.
Ancora più grave appare il dato sull’attenzione degli operatori sanitari. Solo l’11% degli anziani intervistati dichiara di aver ricevuto, nei dodici mesi precedenti, un consiglio dal medico o da un operatore su come evitare le cadute. Una percentuale che lascia intendere quanto il tema sia poco presente nei percorsi di assistenza primaria, nonostante la rilevanza clinica e sociale del fenomeno.
Il report di sorveglianza Passi d’Argento ha inoltre monitorato le cadute nei 30 giorni precedenti l’intervista. Il 6% degli anziani ha dichiarato di essere caduto in questo breve arco temporale, e nel 14% dei casi è stato necessario il ricovero. Un dato che conferma come le cadute, anche quando non causano fratture immediate, possano richiedere interventi sanitari significativi.
Un problema che non accenna a diminuire
Va considerata anche l’analisi temporale delle cadute tra gli ultra 65enni, che mostra un andamento che desta qualche preoccupazione.
Nel biennio 2020-2021, durante la pandemia, si era registrata una riduzione significativa, seppur di piccola entità. Questo calo era probabilmente legato alla minore mobilità degli anziani, costretti a rimanere più spesso in casa. Negli anni successivi, però, i livelli sono tornati a quelli pre-pandemici. Nel 2024 la prevalenza delle cadute nei dodici mesi precedenti l’intervista risulta analoga a quella osservata nel 2016, segno che il fenomeno non sta diminuendo e che gli interventi messi in campo finora non hanno prodotto effetti duraturi.
Per l’ISS è fondamentale monitorare anche gli eventi ripetuti, che oltre ad aumentare il rischio di fratture multiple possono creare quel circolo vizioso che indebolisce ulteriormente il fisico e la mobilità dell’individuo.
La popolazione anziana è infatti più esposta a fattori di rischio intrinseci. Tra questi, problemi di equilibrio, debolezza muscolare, deficit visivi, carenza di vitamina D, uso di medicinali sedativi o antidepressivi, e patologie croniche quali demenza, ipertensione o dolore ai piedi. A questi si aggiungono i fattori estrinseci, legati alle condizioni domestiche sfavorevoli: pavimenti bagnati o lucidati, illuminazione scarsa, tappeti non fissati, scale.
Molti di questi elementi possono essere modificati, e per questo gli operatori sanitari avrebbero un ruolo cruciale nel ridurre il rischio intervenendo sui fattori prevenibili.
Uno standard di sicurezza ancora lontano
Davanti a questi numeri, serve una maggiore sensibilizzazione degli operatori sanitari, che dovrebbero inserire la prevenzione delle cadute tra le priorità dell’assistenza primaria agli anziani.
Serve anche un lavoro culturale per aumentare la consapevolezza del rischio domestico, spingendo famiglie e anziani a investire in presidi di sicurezza semplici ma efficaci. Tappetini, maniglioni e seggiolini costano poco rispetto al peso umano ed economico di una frattura o di un ricovero. Eppure restano ancora lontani dall’essere uno standard nelle case italiane.
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