I cambiamenti climatici costeranno 126 miliardi entro il 2029. L’annuncio nel 38° anniversario del protocollo di Montréal
Gli eventi meteorologici estremi che hanno colpito l’Europa nell’estate 2025 non rappresentano solo una minaccia ambientale, ma stanno provocando una profonda trasformazione del tessuto economico continentale. Secondo una ricerca condotta dall’Università di Mannheim i cambiamenti climatici costeranno all’Unione Europea la cifra record di 126 miliardi di euro entro il 2029. Lo studio, coordinato dalla dottoressa Sehrish Usman, ha rivelato come ondate di calore, siccità e alluvioni abbiano interessato un quarto di tutte le regioni dell’UE durante l’estate scorsa. Le perdite economiche immediate hanno già raggiunto i 43 miliardi di euro nel 2025, equivalenti allo 0,26% della produzione economica europea del 2024. Un dato che, proiettato al 2029, raggiungerà lo 0,78% del PIL continentale.
I costi nascosti dei cambiamengti climatici
Diversamente dalle stime tradizionali che si concentrano esclusivamente sui danni alle infrastrutture e agli edifici, lo studio considera i cosiddetti costi nascosti che si amplificano nel tempo. “I veri costi degli eventi meteorologici estremi emergono lentamente. Perché questi fenomeni influenzano vite e mezzi di sussistenza attraverso una vasta gamma di canali che si estendono oltre l’impatto iniziale”, spiega la dottoressa Usman. Questi costi includono la perdita di fatturato nel settore turistico, l’impatto sulla produttività e l’interruzione delle catene di approvvigionamento. Il quadro che emerge è quello di un effetto domino economico che si propaga per anni dopo l’evento scatenante.
Il Mediterraneo paga il prezzo più alto
I paesi mediterranei hanno sostenuto il carico economico maggiore. L’Italia ha registrato le perdite più severe con 11,9 miliardi di euro nel 2025, cifra destinata a salire a 34,2 miliardi entro il 2029. La Francia segue con 10,1 miliardi di danni immediati e 33,9 miliardi previsti per fine decennio. La Spagna, tra i paesi più colpiti con tutti e tre i tipi di eventi meteorologici estremi, ha totalizzato perdite stimate di 12,2 miliardi nel 2025 e 34,8 miliardi entro il 2029. Anche i paesi del nord e centro Europa non sono immuni. Germania, Danimarca e Svezia, pur registrando danni relativamente minori, vedono aumentare frequenza e intensità degli eventi estremi, specialmente le alluvioni.
I risultati della cooperazione internazionale
È interessante notare che questi dati emergono in un momento particolare per la lotta ambientale globale. Oggi ricorre infatti il 38° anniversario del Protocollo di Montréal, firmato nel 1987 per ridurre la produzione di sostanze dannose per l’ozono, in particolare i clorofluorocarburi (CFC). Queste sostanze, un tempo utilizzate in frigoriferi, condizionatori d’aria e aerosol, rilasciano cloro e bromo nella stratosfera, che a loro volta distruggono le molecole di ozono (O₃). Oggi quel buco sopra l’Antartide si sta richiudendo e il trattato è divenuta la prova dell’importanza della cooperazione internazionale nell’affrontare gli effettti dei cambiamenti climatici.
Nuove strategie di adattamento
La ricerca sottolinea come gli eventi meteorologici estremi non rappresentino più una minaccia futura, ma una realtà che sta già ridefinendo lo sviluppo economico europeo. “Avere stime tempestive degli impatti aiuta i responsabili politici a orientare il sostegno e ad adattare le strategie mentre gli effetti degli eventi estremi si stanno ancora dispiegando”, conclude Usman. Accanto alle riduzioni urgenti delle emissioni, i ricercatori invocano maggiori investimenti nell’adattamento climatico, come la protezione dal calore nelle città o il miglioramento delle politiche di gestione idrica. Tuttavia, precisano che anche le misure di adattamento comportano costi elevati e non sempre rappresentano l’uso più produttivo dei fondi pubblici, rendendo necessarie analisi economiche più precise per progettare politiche efficaci ed equamente distribuite.
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