Dopo 200 anni l’archeogenetica rivela i veri batteri killer della ritirata di Russia del 1812
Un gruppo di scienziati dell’Istituto Pasteur ha analizzato il DNA dei soldati di Napoleone sepolti in una fossa comune a Vilnius, in Lituania. Per due secoli uno dei grandi misteri della storia militare europea è stato capire cosa decimò veramente la Grande Armata durante la tragica ritirata dalla Russia del 1812. La campagna è passata alla storia come una delle più grandi catastrofi militari di tutti i tempi. Dei 600.000 uomini che partirono alla conquista dell’immenso impero zarista, ne tornarono forse 20.000. Un’ecatombe che ha segnato l’inizio della fine per l’imperatore francese e per il suo sogno di egemonia europea. La colpa è stata data al”Generale Inverno”,alla fame, al logoramento fisico e psicologico di una marcia infinita. Ma oggi sappiamo qualcosa in più.
Il DNA dei soldati di Napoleone: la risposta dopo 200 anni
La risposta è emersa dai denti di tredici soldati francesi, conservati per oltre due secoli nella terra gelata di Vilnius. I ricercatori dell’Istituto Pasteur, in collaborazione con le università di Aix-Marseille e Tartu in Estonia, hanno utilizzato tecniche all’avanguardia. Hanno estratto minuscole quantità di materiale genetico dai denti degli scheletri recuperati dalla grande fossa comune dove furono sepolti migliaia di soldati della ritirata napoleonica. In particolare, hanno analizzato le dentature, il cui materiale può conservare tracce di microrganismi presenti nel sangue al momento della morte. Come una capsula del tempo biologica, un archivio microscopico delle ultime battaglie combattute da quei corpi non contro altri esseri umani, ma contro nemici invisibili.
Lo studio
Attraverso tecniche di sequenziamento di nuova generazione e metodi di bioinformatica sofisticati, gli studiosi hanno scandagliato il genoma di 185 possibili patogeni umani. L’analisi del DNA dei soldati di Napoleone ha prodotto risultati che hanno stupito gli stessi ricercatori. Non hanno trovato tracce dei “soliti sospetti”, che tutti davano per scontati. Niente Rickettsia prowazekii, il batterio responsabile del tifo esantematico. Niente Bartonella quintana, l’agente della febbre delle trincee, tradizionalmente considerati i grandi flagelli delle guerre dell’epoca. Invece, hanno identificato con certezza due killer principali, quasi dimenticati dalla storiografia militare ma devastanti nelle loro conseguenze.
I due batteri della disfatta: Salmonella e Borrelia
Il primo nemico identificato nel DNA dei soldati di Napoleone è la Salmonella enterica Paratyphi C, riscontrata in quattro dei tredici campioni analizzati. Questo batterio è l’agente della febbre paratifoide, un’infezione intestinale simile al tifo ma causata da un patogeno diverso. Si trasmette attraverso acqua o alimenti contaminati e provoca febbre alta, diarrea severa, disidratazione progressiva e una spossatezza devastante. Una condanna a morte per i soldati già debilitati dalla marcia forzata, dal freddo e dalla fame. E in un esercito in fuga, chi non riusciva a camminare veniva inevitabilmente abbandonato al suo destino: il freddo, i lupi, o le bande di cosacchi che seguivano la ritirata.
I responsabili: la sporcizia e i pidocchi
Il secondo agente identificato nel DNA dei soldati di Napoleone è Borrelia recurrentis, trovato in due individui. Questo batterio è responsabile della febbre ricorrente trasmessa dai pidocchi del corpo. Un’infezione che si manifesta con crisi febbrili ripetute e debilitanti, alternate a momenti di apparente guarigione. Le condizioni di affollamento, l’assoluta mancanza di igiene e le infestazioni di parassiti che caratterizzavano l’esercito napoleonico in ritirata erano perfette per la diffusione di questo batterio. I soldati non si lavavano per settimane, portavano le stesse divise sporche giorno dopo giorno, dormivano ammassati gli uni sugli altri per cercare calore. I pidocchi si moltiplicavano indisturbati e con essi si diffondeva l’infezione, passando da un corpo all’altro in un contagio inarrestabile.
Archeogenetica, la scienza riscrive la storia
Lo studio dell’Istituto Pasteur sul DNA dei soldati di Napoleone, pubblicato sulla rivista scientifica Current Biology, rappresenta una svolta metodologica oltre che storica. È il primo studio a fornire prove molecolari dirette, incontrovertibili, dell’esistenza di specifici patogeni tra i soldati della Grande Armata. Non più ipotesi basate sui racconti dell’epoca, non più supposizioni derivate dai sintomi descritti nei diari, ma la prova genetica nel DNA delle vittime. È un esempio di come l’archeogenetica – la scienza che studia il DNA antico – possa aggiungere capitoli inediti ai libri di storia. Una disciplina ancora giovane ma già capace di risultati straordinari, che permette di interrogare direttamente i resti del passato senza affidarsi solo alle cronache scritte. Parziali e sempre filtrate dalla soggettività di chi le ha redatte.
Le testimonianze dell’epoca
Un ufficiale francese scrisse nel suo diario: “I nostri uomini cadono come mosche, non per le ferite di battaglia ma per mali che consumano dall’interno”. Un altro testimone raccontò di soldati che sembravano riprendersi per poi ricadere ancora più gravemente pochi giorni dopo – una descrizione della febbre da Borrelia recurrentis, con le sue crisi cicliche. Gli autori dello studio sottolineano tuttavia la necessità di mantenere un approccio cauto e rigoroso nell’interpretazione dei risultati. Il numero di campioni analizzati è ridotto e non rappresenta statisticamente l’intera popolazione dei caduti, stimata in decine di migliaia solo nella zona di Vilnius. Inoltre, ammettono i ricercatori, bisogna tenere conto che la morte, in condizioni così estreme, è quasi sempre multifattoriale. Infine, il DNA dei soldati è un materiale delicato. È possibile che alcune sequenze genetiche siano andate perdute, o che non fossero rilevabili nei frammenti disponibili per l’analisi.
TUTTE LE ULTIME NOTIZIE SU SPAZIO50.ORG
© Riproduzione riservata
