Dai ring professionistici alle palestre di quartiere, discipline come kickboxing e MMA vivono una stagione d’oro
L’ultima volta che Giorgio Petrosyan è salito sul ring, a novembre scorso, le tribune erano gremite. Il campione armeno naturalizzato italiano ha chiuso la sua carriera conquistando l’ennesimo titolo, ma soprattutto regalando al pubblico uno spettacolo che ha riacceso i riflettori su un mondo in crescita. Il thaiboxer e kickboxer, diventato cittadino italiano nel 2015 per meriti sportivi, ha chiuso la sua carriera conquistando l’ennesimo titolo, ma soprattutto ha riacceso l’entusiasmo per gli sport da combattimento che stanno vivendo una nuova primavera. Sulla scia dei grandi eventi, infatti, cresce l’entusiasmo di appassionati, dilettanti e giovani atleti che ogni giorno si allenano nelle palestre del paese.
Dal cinema al ring
A lungo quella delle arti marziali è stata una moda di nicchia legata principalmente al cinema d’azione, da Bruce Lee a Karate Kid. Oggi però qualcosa è cambiato. La pratica degli sport da combattimento si è trasformata in qualcosa di differente, in cui l’aspetto agonistico convive con obiettivi legati al benessere psicofisico e alla crescita personale. Al momento in Italia si contano circa centocinquantamila atleti impegnati in discipline come kickboxing, karate, pugilato, savate, boxe thailandese, taekwondo e MMA. Tutti praticanti distribuiti tra federazioni riconosciute dal CONI, enti di promozione sportiva e circuiti internazionali.
Il motore dei grandi eventi
Per tornare all’incontro di Petrosyan gli esperti del settore, concordano su come quell’evento abbia dato una spinta al movimento, facendo registrare una crescita significativa sia in termini di partecipazione che di livello tecnico, anche tra i dilettanti. Tanto che la Wako Pro Italia, federazione internazionale che fa riferimento alla Federkombat nel paese, ha assistito a un incremento costante di tesserati e competizioni. Ma il quadro degli sport da combattimento non si esaurisce con i grandi eventi sportivi che in Italia si attestano intorno alla decina all’anno. Accanto a questi appuntamenti di richiamo esistono infatti numerose manifestazioni dilettantistiche, promosse dalle diverse federazioni e dagli enti di promozione sportiva.
I numeri della rinascita
Ai campionati mondiali juniores e cadetti di kickboxing hanno partecipato tremila atleti internazionali, con rappresentanti provenienti da ogni angolo del pianeta. Dati che indicano una ripresa dopo il rallentamento registrato negli scorsi anni e che dimostrano come il settore abbia ritrovato slancio. La Federkombat, oggi riconosciuta dal CONI, rappresenta uno degli esempi più evidenti di questa crescita, frutto dell’impegno quotidiano di tecnici, maestri e dirigenti che lavorano per diffondere queste discipline. L’attività nelle associazioni sportive dilettantistiche risulta più fiorente rispetto al passato. Del resto, i campioni che calcano i ring dei grandi eventi nascono proprio dal vivaio dilettantistico e dai circuiti minori.
Un cambiamento culturale
Quello che colpisce maggiormente è il mutamento culturale degli ultimi trent’anni. Gli sport da combattimento hanno ormai abbandonato lo stigma della violenza che li accompagnava in passato. Trovare bambini e donne intenti a praticare kickboxing o altre discipline analoghe, trent’anni fa, era un’eccezione. Oggi, entrando in qualsiasi palestra specializzata, si scopre che circa il 40% dei praticanti è costituito da bambini, un altro 25% da donne, mentre la restante parte è rappresentata da uomini adulti. La kickboxing e le discipline affini (comE l’MMA) sono diventate vere attività sportive anche grazie al lavoro culturale portato avanti da maestri e istruttori.
L’etica degli sport da combattimento
Queste discipline sportive si costruiscono sula considerazione dell’avversario, l’osservanza delle norme, l’onestà nel confronto. La capacità di controllarsi e di mantenere il sangue freddo permette di incanalare l’istinto combattivo verso una sfida corretta e formativa. In questo contesto si sviluppa la capacità di affrontare il disagio fisico e di spingersi oltre le proprie barriere, sempre all’interno di un quadro protetto da regole precise. Per i sostenitori e gli appassionati, nello sport da combattimento non si può tracciare una linea netta tra ciò che è etico e ciò che non lo è. Ogni sport può avere dignità morale se poggia sul rispetto tra gli atleti, sulla loro incolumità e sulla lealtà della sfida. L’elemento decisivo è che gli incontri si svolgano secondo norme precise, sotto la vigilanza di arbitri, giudici e staff sanitario il cui compito è ridurre al minimo i rischi di conseguenze gravi o permanenti.
Lo scenario europeo
Il fenomeno non riguarda soltanto l’Italia. Anche negli altri paesi dell’Unione Europea la pratica delle arti marziali e degli sport da combattimento registra numeri importanti. In Francia, per esempio, la boxe francese (o savate) domina per numero di iscritti, seguita dalla kickboxing nelle sue diverse varianti, dal full contact al K1, fino ad arrivare alle MMA, le arti marziali miste che stanno conquistando sempre più appassionati. In Olanda, patria storica di grandi campioni, oltre alla thai boxe continua a crescere l’interesse verso le MMA. Il paese dei tulipani ha rappresentato per anni un punto di riferimento mondiale per la qualità tecnica dei suoi atleti, e oggi quella tradizione si arricchisce di nuove contaminazioni, mantenendo viva la passione per le discipline da ring.
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