I felini selvatici sbarcarono sull’isola circa 2mila anni fa a bordo delle navi di antichi popoli navigatori
Il gatto domestico ha origine dal gatto selvatico africano, che dal Nord Africa e dal Vicino Oriente, si è rapidamente diffuso. Le prove archeozoologiche indicano due possibili centri di domesticazione: il Levante neolitico circa 9500 anni fa e l’Egitto faraonico circa 3500 anni fa. Fino a poco tempo fa si pensava che il gatto domestico avesse seguito gli agricoltori neolitici nel loro lento cammino verso l’Europa, come un’ombra discreta ai margini dei villaggi di diecimila anni fa. Ora, una ricerca ribalta questa teoria. Lo studio, guidato dai ricercatori Claudio Ottoni e Marco De Martino dell’Università Tor Vergata di Roma, rivela che il gatto attuale arrivò molto più tardi. Il suo ingresso in Europa non avvenne attraverso le lente migrazioni di terra, ma è legato alle rotte commerciali che solcavano il Mediterraneo circa duemila anni fa.
L’indizio sardo: il legame con l’Africa
La prima prova di ciò arriva dalla Sardegna. Nel sito di Genoni, gli archeologi hanno rinvenuto i resti di un gatto vissuto circa 2200 anni fa. L’analisi del suo DNA antico ha riservato che questo felino non mostrava legami genetici con i gatti selvatici europei, ma il suo profilo combaciava perfettamente con quello di un gatto selvatico proveniente dal Marocco. Questo singolo reperto suggerisce che, molto prima della diffusione del gatto domestico, una popolazione di gatti selvatici nordafricani colonizzò l’isola. Probabilmente giunsero nel primo millennio avanti Cristo, trasportati – forse involontariamente – sulle imbarcazioni di antichi navigatori come i Fenici. Da questi pionieri a quattro zampe discende l’attuale popolazione di gatti selvatici sardi, geneticamente distinta e unica.
La data di arrivo in Europa
La scoperta sarda ridefinisce le origini del gatto domestico in Europa. Lo studio, che ha analizzato decine di genomi antichi da tutto il continente, ha infatti stabilito una nuova e più precisa linea del tempo. La ricerca smentisce l’ipotesi di una domesticazione neolitica che si diffuse lentamente al seguito degli uomini. I gatti ritrovati accanto agli antichi villaggi di agricoltori in Anatolia e nell’Europa sudorientale, datati fino a circa 6300 anni fa, erano in realtà gatti selvatici europei che avevano avuto solo sporadici incroci con cugini africani. Non erano però gli antenati dei felini attuali. Il grande cambiamento, che segna le vere origini del gatto domestico in Europa, arrivò solo a partire da circa 2000 anni fa.
Sulle rotte degli antichi romani
In quel periodo la diffusione fu rapida e capillare grazie alle rotte commerciali dell’Impero romano al suo apice. Il Mediterraneo era solcato da navi che trasportavano grano, olio, vino e merci di ogni tipo. Su quelle stesse navi, i gatti trovarono il loro mezzo di trasporto ideale. Erano cacciatori formidabili, l’arma perfetta per proteggere le preziose scorte di cereali dai topi durante i lunghi viaggi. In questo modo, i felini passarono da un porto all’altro, dall’Africa all’Italia, dalla Spagna alla Grecia. Diffondendosi ovunque ci fosse un magazzino da difendere e una casa da abitare. Fu questa seconda ondata, partita dal Nord Africa, a stabilire il patrimonio genetico di tutti i moderni gatti domestici europei.
Una specie, due destini: il selvatico sardo e il gatto domestico
Questa ricostruzione disegna due destini paralleli ma divergenti. Da una parte, i discendenti dei primi gatti nordafricani arrivati in Sardegna rimasero isolati, evolvendosi in una popolazione selvatica endemica dell’isola. Un gruppo che oggi i ricercatori studiano come una sottospecie a sé stante. Dall’altra, i gatti della seconda ondata, ormai pienamente integrati negli ambienti umani, iniziarono la loro inarrestabile conquista del mondo. Il loro successo fu tale da plasmare tutte le razze e i miscugli conosciuti (e amati) fino ad oggi.
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