Il fenomeno della fuga dei cervelli continua a crescere, con un impatto significativo sul futuro economico e sociale dell’Italia
Negli ultimi dieci anni, l’Italia ha assistito a un costante aumento della fuga dei cervelli, con oltre 97.000 giovani laureati tra i 25 e i 34 anni che hanno scelto di trasferirsi all’estero in cerca di migliori opportunità lavorative e di vita. Nel solo 2023, più di 21.000 giovani laureati hanno lasciato il Paese, segnando un incremento del 21,2% rispetto all’anno precedente. I rientri sono stati limitati a circa 6.000 unità, evidenziando una perdita netta di 16.000 risorse qualificate in un solo anno. Un saldo migratorio negativo davvero preoccupante per il ricambio generazionale.
Cresce l’istruzione, ma anche l’emigrazione
Paradossalmente, mentre la percentuale di giovani con un’istruzione superiore è in aumento, cresce anche il numero di coloro che decidono di emigrare. Tra il 1992 e il 2023, la quota di laureati nella fascia d’età 25-34 anni è passata dal 7,2% al 30,6%, con un picco del 37,1% tra le donne. Tuttavia, questo incremento non si traduce in un miglioramento delle opportunità lavorative in Italia, spingendo molti a cercare fortuna altrove.
Disuguaglianze sociali e territoriali
I dati sono riportati nel Rapporto annuale dell’Istat presentato ieri alla Camera dei Deputati, che spiega il perché del fenomeno. La fuga dei cervelli è accentuata da profonde disuguaglianze sociali e territoriali. I giovani provenienti da famiglie con basso livello di istruzione hanno meno probabilità di accedere all’università e, di conseguenza, al mercato del lavoro qualificato. Inoltre, il Mezzogiorno registra una doppia perdita: da un lato, l’emigrazione verso l’estero; dall’altro, la migrazione interna verso le regioni del Nord e del Centro, aggravando ulteriormente il divario economico e sociale.
Le cause dell’esodo
Le motivazioni alla base della fuga dei cervelli sono molteplici. Tra queste, spiccano la mancanza di opportunità lavorative adeguate, stipendi più bassi rispetto ad altri Paesi europei e una scarsa valorizzazione delle competenze. Secondo un rapporto del Censis, nel 2023, oltre 36.000 giovani italiani tra i 18 e i 34 anni hanno lasciato il Paese, e il 45,7% di questi era laureato. Le destinazioni? Regno Unito, Germania, Francia e Svizzera.
Conseguenze per l’Italia
La continua perdita di capitale umano qualificato ha ripercussioni significative sul sistema economico e sociale italiano. Le imprese faticano a trovare talenti con specializzazioni tecniche e informatiche, mentre il Paese perde competitività a livello internazionale. Inoltre, la fuga dei cervelli contribuisce all’invecchiamento della popolazione e alla riduzione della forza lavoro attiva, mettendo a rischio la sostenibilità del sistema previdenziale e sanitario
Come politiche strutturali e incentivi fiscali possono riportare i talenti in Italia
Per arginare il fenomeno della fuga dei cervelli, l’Italia ha bisogno di un cambiamento strutturale nelle politiche rivolte ai giovani. È fondamentale migliorare le condizioni lavorative e salariali per i laureati, offrendo percorsi professionali stabili e gratificanti che possano competere con quelli disponibili all’estero. Allo stesso tempo, risulta strategico introdurre incentivi fiscali che favoriscano il rientro di chi ha scelto di trasferirsi oltreconfine, valorizzando le competenze acquisite e reinserendole nel tessuto produttivo nazionale.
Investire nei giovani per non perderli
Un altro elemento chiave è rappresentato dagli investimenti in ricerca e sviluppo, indispensabili per creare un ambiente dinamico, innovativo e capace di trattenere i talenti. Infine, va rafforzato il sostegno all’imprenditorialità giovanile, attraverso programmi di accompagnamento, formazione e mentoring, così da offrire ai giovani gli strumenti per costruire in Italia il proprio futuro professionale. Affrontare queste sfide con decisione è l’unico modo per interrompere l’emorragia di capitale umano e restituire fiducia alle nuove generazioni.
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