A meno di un anno dalla scadenza del Pnrr, la Corte dei conti lancia l’allarme sui ritardi nella realizzazione delle nuove strutture sanitarie territoriali. I cantieri sono numerosi ma i collaudi effettivi sono pochissimi. Un quadro che mette a rischio il futuro dell’assistenza di prossimità per i cittadini, in particolare per gli anziani.
Indietro nei tempi
La grande promessa della Missione 6 Salute del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rischia di infrangersi contro il muro della realtà. L’ambizioso progetto di ridisegnare la sanità territoriale, per renderla più vicina alle persone e alleggerire la pressione sugli ospedali, procedeva a rilento. Il fulcro di questa rivoluzione, le Case e gli Ospedali di comunità, arranca, come certificato dalla recente relazione della Corte dei Conti relativa al primo semestre del 2025.
I magistrati contabili, pur riconoscendo che l’attuazione complessiva del Pnrr risulta formalmente in linea con gli impegni europei, hanno acceso un faro su criticità evidenti. Problematiche legate soprattutto a ritardi nell’esecuzione delle opere e inefficienze nella spesa. A poco meno di un anno dalla scadenza ultima di giugno 2026, il timore è che una parte fondamentale della sanità del futuro, pensata per gestire la cronicità e le esigenze di una popolazione che invecchia, resti un’incompiuta.
Pnrr Sanità: la fotografia della Corte dei Conti
I numeri messi nero su bianco dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato sono eloquenti e descrivono una situazione paradossale. Per le Case di Comunità, alla data del 20 giugno 2025, risultavano avviati i lavori per ben 1.168 strutture. Un numero addirittura superiore (113%) al target che il governo aveva ridefinito, fissandolo a 1.038. Il dato positivo dei cantieri aperti viene però cancellato da quello dei collaudi: appena 58 strutture risultano completate e testate.
Un quadro che ha spinto la Corte a prendere atto, con un linguaggio volutamente cauto e quasi eufemistico, che “la misura è tuttora in corso di esecuzione”. Non va meglio se si analizza il fronte finanziario. Dei 2 miliardi di euro stanziati dal Pnrr, la spesa effettivamente sostenuta si ferma a 409 milioni, pari ad appena il 20,45% del budget totale. La situazione, se possibile, è ancora più critica per gli Ospedali di comunità.
>Anche in questo caso i lavori avviati sono 357, un numero che supera già l’obiettivo finale di 307 Odc da realizzare, ma le strutture effettivamente collaudate sono soltanto 17. Sul versante economico, la spesa si attesta a poco più di 160 milioni di euro, a fronte di una dotazione complessiva di un miliardo, ovvero circa il 16% delle risorse disponibili.
Non solo mattoni
L’analisi della Corte dei Conti, e le denunce che da tempo arrivano da diverse organizzazioni di settore, mettono in luce un problema ancora più profondo del semplice ritardo edile. La questione non è solo costruire muri, ma riempirli di contenuti, professionalità e organizzazione. Ed è qui che emergono le criticità più severe che rischiano di trasformare queste nuove strutture in cattedrali nel deserto. La carenza cronica di personale sanitario, un problema che affligge il nostro sistema da anni, si rivela un ostacolo quasi insormontabile.
Mancano medici di medicina generale, infermieri di famiglia e di comunità, assistenti sociali. Tutte quelle figure professionali che dovrebbero costituire l’anima delle Case e degli Ospedali di comunità. Senza un piano straordinario di assunzioni e un investimento stabile sul capitale umano, l’assistenza territoriale non potrà mai decollare. A questo si aggiungono le difficoltà di coordinamento, le disomogeneità di attuazione tra le diverse Regioni , e i continui intoppi burocratici e di monitoraggio sulla piattaforma ReGiS, lo strumento che dovrebbe garantire il controllo sull’uso dei fondi.
A meno di dodici mesi dalla scadenza fissata da Bruxelles, la strada per completare la rivoluzione della sanità territoriale appare tutta in salita. L’avvio di un numero così elevato di cantieri testimonia uno sforzo iniziale, ma il bassissimo numero di strutture completate e operative, unito alla lentezza della spesa, segnala una forte difficoltà nella fase esecutiva e di messa a terra dei progetti. La sfida non è solo accelerare i lavori edili, ma affrontare i nodi strutturali che frenano il sistema: dalla programmazione dei servizi all’integrazione tra le diverse professionalità.
Soprattutto, il vero banco di prova sarà la sostenibilità a lungo termine. Una volta terminati i fondi del Pnrr nel 2026, la gestione ordinaria di queste strutture, inclusi i costi del personale e della manutenzione, ricadrà interamente sulle Regioni e sugli Enti locali, sollevando seri interrogativi sulla loro capacità di mantenere in vita un sistema così ambizioso senza adeguate e stabili coperture finanziarie.
© Riproduzione riservata