Una ricerca della Columbia University rivela il legame tra psiche e FGF21, l’ormone che regola metabolismo e infiammazioni. Negli over 60, stress e relazioni sociali influenzano direttamente i meccanismi biologici associati alla prevenzione delle malattie croniche.
Quando la mente parla al corpo
Per decenni la scienza ha cercato di comprendere i meccanismi che determinano un invecchiamento sano, concentrandosi principalmente su dieta, esercizio fisico e predisposizione genetica.
Ora una ricerca condotta dai ricercatori della Columbia University ha aggiunto un tassello fondamentale a questo puzzle. La dimensione psicologica ed emotiva influenza direttamente l’ormone FGF21, definito dagli studiosi come l'”interruttore della longevità”. Questo ormone, prodotto principalmente dal fegato, regola una serie di processi cruciali tra cui il senso di fame, il metabolismo dei nutrienti e le risposte infiammatorie dell’organismo. La scoperta, pubblicata su riviste scientifiche internazionali dimostra che i livelli di FGF21 non dipendono soltanto da fattori fisici misurabili, ma reagiscono anche a emozioni, condizioni di stress prolungato e qualità delle relazioni interpersonali.
L’impatto sulla fascia degli over 60
L’aspetto più interessante della ricerca riguarda la popolazione over 60, dove l’effetto della componente psicologica sull’ormone risulta particolarmente marcato.
Gli anziani che vivono situazioni di isolamento sociale, ansia cronica o depressione mostrano alterazioni significative nei livelli di FGF21, con conseguenze dirette sulla capacità dell’organismo di regolare l’infiammazione sistemica e il metabolismo energetico. Non si tratta di una semplice correlazione statistica, ma di un meccanismo biologico misurabile che collega lo stato mentale alla fisiologia cellulare.
I ricercatori hanno utilizzato tecniche avanzate di analisi per monitorare le variazioni ormonali in risposta a diversi stimoli emotivi, documentando come eventi stressanti o periodi di solitudine prolungata modifichino rapidamente la produzione di questo ormone chiave.
Il ruolo metabolico dell’FGF21
Per comprendere l’importanza di questa scoperta è necessario capire cosa fa esattamente l’FGF21 nell’organismo. Questo ormone appartiene alla famiglia dei fattori di crescita dei fibroblasti e agisce come un potente regolatore del metabolismo.
Quando viene rilasciato nel sangue, l’FGF21 stimola l’utilizzo dei grassi come fonte energetica, migliora la sensibilità all’insulina e riduce il desiderio di consumare zuccheri. Secondo gli studi pubblicati su Cell Metabolism, livelli ottimali di questo ormone sono associati a una maggiore resistenza alle malattie metaboliche come diabete di tipo 2, obesità e sindrome metabolica.
Ma l’azione dell’FGF21 va oltre il semplice controllo del peso corporeo. Ricerche condotte presso il National Institute on Aging negli Stati Uniti hanno dimostrato che questo ormone svolge un ruolo protettivo contro l’infiammazione cronica di basso grado, quella condizione chiamata “inflammaging” che caratterizza l’invecchiamento e aumenta il rischio di patologie cardiovascolari, neurodegenerative e oncologiche. L’ormone interviene anche nella regolazione del ritmo circadiano e nella qualità del sonno, due elementi fondamentali per il mantenimento della salute negli anni avanzati. Quando i livelli di FGF21 calano o risultano disregolati, l’organismo perde parte della sua capacità di adattarsi agli stress ambientali e di riparare i danni cellulari accumulati nel tempo.
Come lo stress modifica l’equilibrio ormonale
La ricerca della Columbia University ha utilizzato un campione significativo di partecipanti seguiti per diversi anni. Ed ha analizzato non solo parametri biologici ma anche questionari dettagliati sullo stato psicologico, la frequenza delle interazioni sociali e la percezione soggettiva della qualità della vita. I risultati hanno mostrato pattern chiari: le persone esposte a stress cronico presentavano livelli alterati di FGF21, con una tendenza alla disregolazione che peggiorava in assenza di reti sociali di supporto.
Quando viviamo situazioni emotivamente difficili, il corpo rilascia cortisolo e altri ormoni dello stress che interferiscono con la produzione e l’efficacia dell’FGF21. In condizioni di stress prolungato, questo circolo vizioso porta a un progressivo deterioramento delle capacità metaboliche e a un aumento dell’infiammazione sistemica. Gli over 65 risultano particolarmente vulnerabili, perché con l’età diminuisce la resilienza biologica, cioè la capacità dell’organismo di tornare rapidamente a uno stato di equilibrio dopo una perturbazione.
Per gli anziani, mantenere relazioni sociali significative non rappresenta quindi solo un elemento di benessere psicologico, ma un vero e proprio fattore protettivo biologico. Partecipare ad attività di gruppo, coltivare amicizie, sentirsi parte di una comunità: tutto questo si traduce in segnali concreti che l’organismo recepisce e a cui risponde modulando la produzione ormonale. Anche la gestione delle emozioni negative attraverso supporto psicologico o terapie cognitivo-comportamentali può contribuire a mantenere l’equilibrio metabolico.
Non si tratta di negare le difficoltà legate all’invecchiamento, ma di riconoscere che esistono margini di azione per influenzare positivamente il decorso biologico attraverso scelte che riguardano la sfera mentale e sociale.
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