L’Etna torna a eruttare con forza: fontane di lava e cenere hanno interessato la Valle del Bove e i comuni limitrofi. Nessun rischio immediato per i centri abitati, ma si intensificano monitoraggi, misure di sicurezza e chiusure precauzionali in quota.
Un nuovo parossismo scuote l’Etna
L’Etna è tornato a farsi sentire. Dal pomeriggio del 2 giugno, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Invg) – Osservatorio Etneo ha registrato una nuova fase eruttiva di tipo parossistico, la più intensa del 2025. Protagonista ancora una volta il cratere di Sud-Est, da cui si è generata un’imponente fontana di lava e una nube vulcanica che ha raggiunto i 6 chilometri di altezza.
Il fenomeno è stato preceduto, come di consueto, da un rapido incremento del tremore vulcanico e da una serie di esplosioni stromboliane sempre più energiche. L’evento ha comportato il parziale crollo del cono del cratere, da cui ha avuto origine un consistente flusso lavico.
La colata lavica e l’area interessata
La lava, fuoriuscita con elevata pressione, ha rapidamente preso la direzione est-sud-est, estendendosi per oltre 2 chilometri in direzione della Valle del Bove. Allo stato attuale, la colata non minaccia centri abitati ma interessa un’area monitorata costantemente. L’Ingv ha precisato che il fronte lavico si è assestato intorno a quota 2.100 metri, con un avanzamento progressivo ma lento.
Anche se l’eruzione si è sviluppata prevalentemente in area sommitale, gli effetti non si sono limitati alle alte quote. Le autorità hanno infatti rilevato una significativa ricaduta di cenere e lapilli su vari comuni etnei, tra cui Milo, Zafferana Etnea e Linguaglossa, dove si segnalano disagi alla circolazione e all’agricoltura.
Etna, una lunga “storia di fuoco”
Con una storia eruttiva che abbraccia millenni, l’Etna è uno dei vulcani più attivi e studiati del mondo.
Le sue prime attività documentate (da fonti greche e romane) risalgono a oltre 2.500 anni fa. Secondo gli archivi storici Ingv, l’eruzione del 396 a.C. fu talmente violenta da deviare l’attenzione dei Cartaginesi durante l’assedio di Catania. Dall’anno Mille in poi, si contano oltre 200 episodi eruttivi, spesso con cadenza decennale o anche più frequente. Alcune eruzioni hanno lasciato un segno profondo nel territorio e nella memoria collettiva, come quelle del 1329, del 1536 e del 1766.
Tra tutte, però, l’eruzione più distruttiva fu quella del 1669. La lava distrusse completamente diversi centri abitati, tra cui Nicolosi, e arrivò fino alle mura di Catania, attraversando e devastando quartieri della città.
Nel XX secolo, le eruzioni si sono fatte più frequenti ma, grazie al miglioramento delle tecnologie di monitoraggio, hanno causato meno vittime e danni materiali. L’eruzione del 1991-1993, ad esempio, durò quasi 16 mesi ma fu contenuta grazie a opere di deviazione del flusso lavico. Oggi, la principale differenza rispetto al passato è la capacità di prevedere e osservare l’evoluzione dei fenomeni in tempo reale. Uno studio costante che ha ridotto significativamente i rischi per la popolazione.
Il ruolo dell’Ingv nel monitoraggio vulcanico
A garantire questo livello di sicurezza è soprattutto l’Ingv, in particolare attraverso l’Osservatorio Etneo, con sede a Catania. L’ente è responsabile della sorveglianza continua dell’attività vulcanica dell’Etna, e lo fa attraverso una fitta rete di strumenti distribuiti sul territorio. Con sismometri, clinometri, telecamere termiche, GPS e radar, che permettono di rilevare in tempo reale variazioni nel tremore vulcanico, deformazioni del suolo, emissioni di gas e cambiamenti nella morfologia dei crateri.
I dati raccolti vengono poi elaborati e analizzati da un team di vulcanologi, geologi e tecnici, che aggiornano costantemente bollettini e allerte. Il sistema di monitoraggio, che si avvale anche di droni e immagini satellitari, consente di individuare precocemente le fasi pre-eruttive e intervenire con tempestività, riducendo al minimo i rischi per le persone e le infrastrutture.
In caso di eventi rilevanti come quello dello scorso 2 giugno, l’Ingv gioca un ruolo cruciale non solo nella previsione, ma anche nella gestione delle emergenze in coordinamento con la Protezione Civile e gli enti locali.
Il turismo montano sull’Etna
L’ultima eruzione ha avuto ripercussioni anche sul turismo montano dell’Etna, una delle principali attrazioni naturalistiche siciliane. Le aree turistiche ad alta quota, inclusi rifugi e impianti oltre i 1.800 metri, sono state temporaneamente chiuse per precauzione. La pista Altomontana, percorso escursionistico che circonda l’Etna, è stata interessata da depositi di cenere e detriti, rendendo necessarie operazioni di pulizia e monitoraggio.
L’Etna, con i suoi 3.330 metri di altitudine, offre numerose opportunità per gli amanti della montagna, tra cui escursioni, trekking e sci. Tuttavia, l’attività vulcanica può influenzare significativamente queste attività. Ad esempio, durante l’ultima l’eruzione molti turisti presenti sulle pendici del vulcano sono stati costretti a evacuare rapidamente le aree interessate.
Anche se la Protezione Civile monitora costantemente la situazione per garantire la sicurezza, è fondamentale che i turisti seguano le indicazioni fornite dalle autorità e si affidino a guide vulcanologiche autorizzate per le escursioni. Non solo. E’ importante verificare le condizioni delle strutture e dei percorsi prima di pianificare una visita, poiché l’attività vulcanica può causare cambiamenti rapidi e imprevedibili.
Prepararsi ad un’eventuale attività vulcanica
In un’area come quella etnea, dove l’attività vulcanica fa parte della quotidianità, è fondamentale adottare comportamenti prudenti e mantenersi costantemente aggiornati. La Protezione Civile italiana, in collaborazione proprio con Ingv, invita i cittadini a seguire con attenzione le comunicazioni fornite sul sito ufficiale.
Avere in casa un piccolo kit di emergenza è una precauzione utile: bastano acqua, cibo a lunga conservazione, una torcia con batterie di ricambio, una radio portatile, i farmaci necessari e i documenti importanti. In caso di eruzione, la presenza di cenere nell’aria può rappresentare un rischio per la salute. Per questo è consigliabile restare al chiuso il più possibile e proteggere naso, bocca e occhi con mascherine e occhiali, soprattutto se si è costretti a uscire.
Ma la misura più importante resta l’ascolto attento delle autorità. Quando vengono imposte restrizioni o evacuazioni, seguirle senza esitazioni è essenziale per la propria sicurezza e quella degli altri.
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