Una malattia silenziosa che cresce soprattutto al Sud, mentre i nuovi farmaci alzano i costi sanitari. Il futuro tra innovazione e prevenzione
Il diabete non fa sconti. Lo chiarisce la Relazione al Parlamento 2024 del Ministero della Salute, secondo cui quasi un italiano su sedici convive quotidianamente con questa condizione cronica, che richiede attenzione costante, modifiche dello stile di vita e terapie spesso complesse. Si tratta di circa quattro milioni di persone ufficialmente diagnosticate, ma secondo le stime gli italiani che non sanno ancora di avere il diabete potrebbero essere altri un milione e mezzo. La prevalenza nazionale si attesta al 6,2%, con differenze significative tra uomini (6,9%) e donne (5,7%). Ma è guardando alla distribuzione geografica che emergono le disuguaglianze più evidenti: nelle regioni meridionali e insulari la percentuale sale rispettivamente al 7,9% e al 7,4%, mentre il Nord si ferma tra il 5,5% e il 6,3%. Questa mappa della malattia non è casuale, ma riflette condizioni socioeconomiche e stili di vita profondamente diversi tra le diverse aree del Paese.
Il peso dell’età e delle abitudini
Quando l’età avanza, il rischio diabete cresce in modo esponenziale. Dopo i 75 anni, riporta la relazione, la prevalenza raggiunge il 20%: un anziano su cinque deve fare i conti con glicemie elevate, controlli periodici e terapie farmacologiche. Ma l’età da sola non basta a spiegare tutto. Il diabete di tipo 2, che rappresenta nove casi su dieci, è strettamente legato a obesità e sedentarietà. I dati del sistema di sorveglianza PASSI dell’Istituto Superiore di Sanità asseriscono che il 70% delle persone con diabete è in eccesso ponderale, mentre quasi la metà conduce una vita completamente sedentaria. Sono numeri che raccontano storie di quotidianità fatte di abitudini alimentari scorrette, poco movimento e una prevenzione che fatica a trovare spazio nelle priorità individuali e collettive. Le condizioni socioeconomiche svantaggiate aggravano ulteriormente il quadro, rendendo il diabete una malattia che colpisce in modo diseguale.
Farmaci nuovi, costi in aumento
Oggi quasi nove pazienti diabetici su dieci seguono una cura con farmaci. La maggior parte prende pillole (79%), mentre uno su quattro usa l’insulina. Nel 2023 lo Stato ha speso 1,45 miliardi di euro per questi medicinali, con un aumento del 7,6% rispetto all’anno prima. A far salire i costi sono soprattutto i farmaci di nuova generazione, più efficaci e con meno effetti collaterali rispetto ai vecchi. Tra questi spiccano i cosiddetti analoghi del GLP-1, come la semaglutide e la dulaglutide, che si iniettano una sola volta alla settimana. Questi medicinali non solo tengono sotto controllo gli zuccheri nel sangue, ma aiutano anche a perdere peso. Il loro uso è cresciuto del 26% in un anno, ma sono anche i più costosi: 8,38 euro a persona. Ancora più rapida è stata la diffusione delle gliflozine, farmaci che aiutano i reni a eliminare il glucosio in eccesso attraverso le urine. Molecole come il dapagliflozin si usano ormai non solo per il diabete, ma anche per curare problemi cardiaci e renali. Per questo i consumi sono esplosi, con un aumento superiore al 65%.
La metformina resiste, le insuline calano
In questo panorama in rapida evoluzione, la metformina mantiene saldamente il suo ruolo di pilastro terapeutico. Rappresenta il 32,6% di tutti i trattamenti per il diabete e viene utilizzata in circa 23,3 dosi ogni mille abitanti al giorno. Il suo punto di forza rimane il costo contenutissimo: appena 0,20 euro per giornata di terapia, contro i 3-4 euro delle nuove molecole. Per milioni di pazienti italiani, la metformina continua a essere la prima scelta, spesso in combinazione con altri farmaci. Le insuline, invece, mostrano un andamento in controtendenza. Nonostante restino insostituibili per il diabete di tipo 1 e per i casi più avanzati di tipo 2, hanno registrato una contrazione sia della spesa (-36,1%) che dei consumi (-31,4%). Questo calo riflette sia l’avvento di alternative terapeutiche più maneggevoli sia la riduzione dei prezzi delle insuline basali, dovuta alla scadenza di brevetti e all’ingresso di biosimilari.
Il problema dell’aderenza terapeutica
Avere a disposizione farmaci efficaci non basta se i pazienti non li assumono correttamente. Il rapporto ministeriale evidenzia che quasi un paziente su quattro (23,9%) non segue adeguatamente la terapia prescritta. La percentuale è in miglioramento rispetto all’anno precedente, ma resta preoccupante. Le donne risultano meno aderenti degli uomini, con un divario significativo (28,1% contro 23,9%). Dopo dodici mesi dall’inizio del trattamento, meno della metà dei pazienti (47,5%) prosegue regolarmente le cure. Le ragioni sono molteplici: politerapie complesse con molti farmaci da assumere quotidianamente, effetti collaterali che scoraggiano la continuità, deficit cognitivi negli anziani, ma anche una comunicazione insufficiente tra medico e paziente. Migliorare l’aderenza terapeutica rappresenta una sfida cruciale per contenere le complicanze del diabete e ottimizzare le risorse sanitarie.
Nord e Sud: la differenza tra le due Italie
Le disuguaglianze territoriali non riguardano solo la diffusione della malattia, ma anche l’accesso e l’utilizzo dei farmaci. La prevalenza d’uso degli antidiabetici tocca il 7,7% nel Meridione e nelle Isole, contro il 5,5% del Settentrione. Questa distribuzione rispecchia la maggiore incidenza di obesità e sedentarietà nelle regioni del Sud, dove le condizioni socioeconomiche meno favorevoli ostacolano la prevenzione e la gestione della malattia. Anche la persistenza terapeutica mostra differenze regionali, con livelli più elevati al Nord, dove probabilmente l’organizzazione sanitaria e i servizi territoriali garantiscono un follow-up più efficace. Colmare questo divario richiede interventi strutturali che rafforzino l’assistenza nelle aree più fragili del Paese.
Il futuro tra prevenzione e riorganizzazione
Il diabete continuerà a crescere nei prossimi anni se non si interviene in modo deciso sulla prevenzione. Promuovere stili di vita salutari, combattere sedentarietà e sovrappeso, agire sui determinanti ambientali e comportamentali della malattia sono obiettivi che richiedono investimenti e strategie a lungo termine. Il PNRR offre un’opportunità concreta per rafforzare l’assistenza diabetologica attraverso la digitalizzazione, l’innovazione tecnologica e il potenziamento dei servizi territoriali. La riorganizzazione prevista dal decreto ministeriale 77 punta a creare centri diabetologici multidisciplinari, a valorizzare il ruolo dei medici di famiglia e delle farmacie dei servizi, e a integrare i sistemi informatici per garantire un’assistenza personalizzata e uniforme su tutto il territorio nazionale. Il Fascicolo Sanitario Elettronico interoperabile diventerà uno strumento chiave per monitorare i pazienti e coordinare le cure.
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