La 28ª edizione dell’Osservatorio “Gli italiani e lo Stato” rivela il paradosso dei cittadini: sempre meno alle urne, ma più attivi in proteste, associazionismo e volontariato. L’impegno civico cambia forma, che resta vivo anche in una società divisa.
Il nuovo volto della democrazia italiana
Il voto sta perdendo centralità nella vita democratica degli italiani, mentre altre forme di partecipazione si intrecciano e moltiplicano.
È il quadro che emerge dalla 28ª edizione dell’Osservatorio “Gli italiani e lo stato”, elaborato dall’Università di Urbino Carlo Bo con il supporto del laboratorio LaPolis, Demos e l’associazione Avviso Pubblico. I numeri dicono qualcosa di semplice ma significativo: più astensionismo, meno fiducia nelle istituzioni, eppure non scompare l’impegno collettivo. Cambia forma, muta le sue espressioni, ma persiste.
Sette italiani su dieci non si sentono rappresentati dalla classe politica, e due terzi ritengono che il proprio voto non incida veramente sulle decisioni. Eppure, accanto a questa crisi del voto, si osserva qualcosa di diverso: movimenti in piazza, iniziative locali, reti di volontariato. Il fenomeno dell’astensionismo non elimina la partecipazione civica, la trasforma.
Elezioni e affluenza alle urne
L’affluenza alle urne ha raggiunto livelli storicamente bassi nelle tornate elettorali di quest’anno. Nelle regionali di novembre, in tre regioni cruciali, il dato non ha superato il 45% di affluenza, segnando la più bassa mobilitazione registrata in una regionali in Italia. Non si tratta di un fenomeno isolato.
L’astensione si è consolidata come elemento strutturale del panorama politico italiano. Nel 2025, ben il 34% degli intervistati non esprime nemmeno un’opinione quando gli si chiede delle proprie intenzioni di voto. Questo allargamento della zona grigia, degli indifferenti o degli impossibilitati a scegliere, rivela una frattura sempre più ampia tra cittadinanza e rappresentanza. Una sfiducia che non rimane silenziosa. Secondo le rilevazioni dell’Area Studi Legacoop e Ipsos, ben il 27% degli italiani considera gli atti di protesta come sbagliati ma comprensibili, ritenendo giusto che i cittadini si ribellino quando le istituzioni non funzionano. Solo il 14% le vede come ingiuste di principio. La strada, la piazza, il grido pubblico, tornano a essere canali verso cui molti si rivolgono. Non è un episodio passeggero. Secondo i dati sulla partecipazione civica, le manifestazioni, le iniziative locali e le discussioni online rappresentano sì una frammentazione della mobilitazione politica tradizionale, ma anche un segnale di vitalità democratica non convenzionale.
Volontariato: la resistenza civica nelle comunità locali
Il volontariato e l’associazionismo italiano presentano un quadro contradditorio ma non rassegnato. Secondo l’Istat, il 9,1% della popolazione italiana con più di 15 anni risulta attivo nel volontariato, una quota pari a 4,7 milioni di persone. Sebbene questo dato rappresenti un calo del 3,6% rispetto al 2013, il volume complessivo di ore dedicate rimane cospicuo: ben 84,3 milioni di ore annue, equivalenti al lavoro di circa 527.000 occupati a tempo pieno per un intero mese.
Il volontariato organizzato, svolto all’interno di associazioni o gruppi, coinvolge 3,2 milioni di persone e ha subito una contrazione dal 7,9% al 6,2% tra 2013 e 2023. Quello non organizzato, rivolto direttamente a individui al di fuori della cerchia familiare, ha toccato 2,5 milioni di volontari e è sceso dal 5,8 al 4,9% nello stesso periodo. La flessione è stata particolarmente marcata al Centro e al Sud, dove il tessuto civico risulta più fragile.
Nonostante queste contrazioni, la cifra assoluta di chi dedica tempo e risorse a fini collettivi rimane considerevole. Non è scomparso il senso del dovere civico, piuttosto si sta orientando verso canali meno istituzionali. Le reti locali, le associazioni di quartiere, i gruppi informali di aiuto reciproco, stanno sostituendo progressivamente i partiti e le organizzazioni di massa del passato come terreno di incontro e mobilitazione.
Quando la partecipazione civica cambia forma
La crisi della rappresentanza non cancella il bisogno di cittadinanza. Anzi, lo reinterpreta. I giovani, in particolare, manifestano forme di engagements civico che bypassa le istituzioni tradizionali, rivolgendosi verso cause specifiche e trasversali.
Attivismo climatico, battaglie per la giustizia sociale, difesa dei diritti umani, lotte antimafia locali: questi movimenti raccolgono energia soprattutto tra chi meno crede nel voto. La piazza rivede una stagione di mobilitazione pacifica che, tuttavia, si scontra con una crescente criminalizzazione.
Secondo il rapporto “Notizie Senza Volto” di Carta di Roma, la narrazione mediatica su diritti civili e libertà di associazione sconta un’attenzione ridotta, mentre le manifestazioni vengono spesso descritte con linguaggio penalistico. L’intimidazione giudiziaria verso attivisti, il discredito di organizzazioni che operano su diritti e clima, la marginalizzazione della dissenso pacifico: questi elementi riducono lo spazio civico, anche se non lo azzerano. La società italiana, insomma, non mostra apatia totale bensì disorientamento. Gli italiani non si ritirano dalla politica per disinteresse assoluto, ma perché il sistema di canali attraverso cui tradizionalmente agivano è stato logoro dalla sfiducia.
La riconfigurazione della democrazia tra voto e impegno collettivo
Quello che accade oggi è una riconfigurazione della partecipazione democratica, non una sua scomparsa. Le piazze si riempiono ancora, le reti locali resistono, il volontariato prosegue seppur ridimensionato.
Nel frattempo, il voto perde peso come strumento di legittimazione, e le istituzioni vedono sfumare il loro consenso di base. Questa frattura non è banale. Una democrazia rappresentativa che non riesce a raccogliere oltre il 55 percento dei votanti legittimati espone il sistema a rischi evidenti di legittimità.
Tuttavia, la persistenza di forme di impegno civico al di fuori delle elezioni suggerisce che gli italiani non hanno abbandonato l’idea di cittadinanza attiva. L’hanno piuttosto trasformata, cercando spazi dove il loro contributo appaia più diretto, meno mediato. Le conseguenze di questo cambiamento sono ancora in corso di elaborazione.
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