La Camera ha approvato l’obbligo di misurare gli effetti delle nuove norme sui giovani e sulle generazioni future. Una riforma che intende correggere gli squilibri tra le età e orientare le scelte pubbliche.
Una legge per la salvaguardia del futuro
Il Parlamento ha dato il via libera definitivo. Ogni legge che passerà dal tavolo del Governo dovrà essere accompagnata da un’analisi preventiva che ne valuti le conseguenze sociali e ambientali sui giovani e su chi ancora deve nascere.
È la Valutazione d’Impatto Generazionale (Vig), approvata lo scorso 29 ottobre dalla Camera con 255 voti favorevoli, 3 astenuti e 5 contrari. Un passaggio che gli esperti considerano storico, non tanto per la novità in sé, quanto per il cambio di prospettiva che impone. Le decisioni prese oggi dovranno essere esaminate anche attraverso gli occhi di chi le “subirà” domani.
La Vig si inserisce all’interno del disegno di legge sulla semplificazione normativa e poggia su un principio chiaro. Le leggi della Repubblica devono promuovere l’equità intergenerazionale, anche nell’interesse delle generazioni future. Un concetto che riprende quanto stabilito dalla riforma costituzionale del 2022, quando l’articolo 9 della Costituzione è stato modificato per inserire la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi “anche nell’interesse delle future generazioni”. Ora quel principio diventa operativo.
La nuova norma riguarderà tutti gli atti normativi del Governo, esclusi i decreti-legge, e sarà integrata nell’Analisi di Impatto della Regolamentazione (Air), lo strumento già esistente che valuta gli effetti dei provvedimenti su cittadini, imprese e pubblica amministrazione. Affiancherà anche la valutazione di impatto di genere, rafforzando l’attenzione agli effetti differenziati tra uomini e donne.
Scelte politiche più sostenibili
A spingere per l’introduzione della Vig è stata l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), che dal 2016 promuove questo strumento come leva per rendere le politiche pubbliche più responsabili. Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’Alleanza, ha definito la legge una potenziale rivoluzione nel modo di disegnare le politiche.
Ha però avvertito: senza metodologie solide e risorse adeguate, la valutazione rischia di trasformarsi in un passaggio burocratico senza reale incidenza. Il Governo ha sei mesi per definire i criteri operativi attraverso decreti attuativi. Sarà istituito anche un Osservatorio presso la Presidenza del Consiglio, con funzioni di monitoraggio, analisi e proposta. L’organismo, che non prevederà compensi per i membri, avrà il compito di assicurare che il principio dell’equità intergenerazionale venga applicato in modo efficace e non resti lettera morta.
I numeri del divario generazionale in Italia
Dietro questa riforma c’è un’urgenza tangibile. Il divario generazionale in Italia è un dato di fatto, misurato da anni attraverso statistiche che raccontano una condizione sempre più difficile per chi oggi ha meno di 35 anni. Secondo il rapporto Eures, dal 2002 al 2022 il Paese ha perso oltre 3,4 milioni di giovani, diventando ultimo in Europa per presenza di under 35.
Nel 2022 la popolazione giovanile rappresentava appena il 21,9% dell’elettorato, contro il 30,4% del 2002. Anche la rappresentanza politica ha subito una brusca contrazione. Tra il 2018 e il 2022 il numero di parlamentari under 35 è crollato dell’80%, passando da 133 a 27, in parte per effetto del taglio dei parlamentari che ha colpito quasi esclusivamente le fasce più giovani.
Uno strumento già sperimentato in alcuni comuni
Già nel 2021 era stato istituito il Comitato per la Valutazione dell’Impatto Generazionale delle Politiche Pubbliche (COVIGE), che aveva elaborato linee guida poi adottate con decreto ministeriale e implementate da alcuni enti locali.
Parma è stata la prima città in Europa, nel gennaio 2024, ad adottare formalmente uno strumento di valutazione dell’impatto delle politiche sulle future generazioni. Bologna, la Regione Emilia-Romagna e il Comune di Casalecchio di Reno hanno seguito l’esempio. Queste esperienze locali hanno permesso di testare metodologie che classificano le misure come “generazionali”, “potenzialmente generazionali”, “neutre” o addirittura “anti-generazionali” se producono effetti negativi sui più giovani. Ora lo strumento diventa obbligatorio a livello nazionale, con l’obiettivo di orientare le scelte legislative verso un impatto duraturo e sostenibile.
La riforma si inserisce in un contesto europeo più ampio. Nel 2022 l’Unione Europea aveva chiesto agli Stati membri di adottare il cosiddetto “Youth Check”, uno strumento per includere i giovani nel processo decisionale e valutare l’impatto delle politiche su di loro. La Commissione europea sta lavorando a una Strategia di giustizia intergenerazionale prevista per il 2026, segno che il tema è parte di una tendenza globale. L’Italia ha sottoscritto nel 2024 il Patto sul Futuro delle Nazioni Unite, che impegna i Paesi a dare piena attuazione a politiche orientate al benessere sostenibile. La VIG rappresenta un tentativo di tradurre questi impegni internazionali in azioni concrete.
Dalla teoria alla pratica
L’efficacia della VIG dipenderà dall’applicazione concreta. L’Osservatorio dovrà operare con autonomia e le metodologie dovranno essere rigorose, evitando che la valutazione si riduca a una formalità.
La sfida è culturale prima ancora che tecnica. Abituare chi scrive le leggi a ragionare non solo sugli effetti immediati, ma anche sulle conseguenze che ricadranno su chi vive e vivrà in questo Paese.
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