Mi scrive una lettrice affezionata e volentieri ricopio per voi parte delle sue parole: “Cara Lidia, ci sono cascata. L’avevo giurato. A me stessa con la furia necessaria, alle maledette befane della 3ª F con l’eleganza della pensionata di lusso. Ad Annalisa, che era la più carina della classe e adesso pesa centoventi chili, l’ho detto paro paro: guarda carissima, non sai quanto mi spiace, ma devo assolutamente partire, ho messo su casa a Loano. L’ho affittata. Gli affittuari sono partiti, hanno mollato un caos demenziale. Devo andare a controllare il danno. Figurati se non sono venuta, ti giuro. Adoro le ricorrenze. E poi: 50 anni dall’esame di maturità. È una festa, è una gioia”. In realtà, come la lettrice sa benissimo, è soprattutto una pericolosa occasione per contarci le rughe, oppure per vantarci di quanto siamo ancora performanti. C’è chi corre, chi va in bici, chi va a scuola di tango. Ci volevate decrepite? Eccoci qua.
Riottosa e nervosa, ma alla fine ci è andata, la mia lettrice, il 17 di giugno di quest’anno. Sapeva già quello che la aspettava, perché si è lasciata convincere? Perché ha riesumato quella gonnella a fiori che le casca da tutte le parti? A diciotto anni sembrava una contadinella comunista adesso, parole sue, “sembro un paralume vintage”. Ad Annalisa ha detto “no grazie”. Poi ha detto “beh, forse”. Poi è andata.
Ed è andata in costume d’epoca, come una sciocca.
Tutte le superstiti hanno squittito per obbligo rassicurazioni bugiarde: “ma stai benissimo, sembri una ragazzina, qualche chilo in più è inevitabile (anche quaranta?) e poi, senti, ormai…”.
Il teatrino che immaginava, e io con lei, si è puntualmente verificato. Fra donne naturalmente.
Gli uomini erano meno (la prostata? la pigrizia?) e non avevano nessuna intenzione di partecipare alla danza delle rassicurazioni.
Pelati, panciuti, cifotici. La lettrice confessa: “Mi ero già rilassata vedendoli tutti bruttini quando, in ritardo come le celebrità, è arrivato lui, Carlo”.
Segue descrizione: una quantità di capelli candidi come neve. Così folti che avrebbe potuto fare un paio di parrucche per le alopecie degli altri. Un sorriso da timido, il naso corto, la barba di ieri, e quegli occhi gentili e distratti che ricordava dall’epoca.
Aveva 16 anni e se ne moriva per lui. Ovviamente non glielo ha mai detto. Possibile che 50 anni dopo ancora senta le gambe molli e una inspiegabile voglia di carezze al solo vederlo?
Possibilissimo, mia cara. Dice il celebre adagio: “Il primo amore non si scorda mai”. E in fondo è vero: non dimentichi mai la prima volta che ti sei sentita vulnerabile, che hai desiderato con tutte le tue forze di scomparire e con la stessa veemenza di restare per sempre lì, seduta nel terzo banco ad ammirare l’oggetto del tuo desiderio. Con lo sguardo adorante e gonfio di sopravvalutazione che tutte quante abbiamo indossato come un abito di gala almeno una volta nella vita.
Certo, con il trascorrere degli anni, innamorarsi è sempre più difficile. È difficile vedere le persone migliori di quello che sono. È difficile fidarsi. È difficile sognare di aver trovato l’altra metà della mela. È difficile inseguire la felicità. Ci si accontenta della serenità, di evitare i malanni, di saper in salvo da ogni pericolo te e le persone a cui vuoi bene. È poco? È tanto? Onestamente non lo so.
Certo è l’amore che dura, l’amore che resta, l’amore solido che consiste nel voler bene (volere il bene di qualcuno! Mica una cosa da poco!) a una persona, l’amore abituale per chi ha molto vissuto.
Va bene, è un amore nobile, l’amore nel terzo tempo, un altro buon segno.
Ma, in fondo, perché negarsi l’altro amore, quello passionale?
Andando a festeggiare i 50 anni dall’esame di maturità la mia lettrice si è affacciata ad una finestra pericolosa: una finestra sul tempo. Ha visto corpi modificati dagli anni, occhi spariti dietro gli occhiali, palpebre eccedenti, pelli maculate quasi fossero state esposte a un inverno di ruggine.
Ma ha anche visto Carlo.
E Carlo ha visto lei. Non so se l’incontro abbia poi avuto un seguito. Ma personalmente spero di sì.
Mi piace pensare che tutto sia ancora possibile.
Anche viversi un amore tardivo mettendo a tacere le proprie fortissime difese, smontando, uno per uno, tutti gli stereotipi che avvelenano il terzo tempo delle nostre vite. Mi piace pensare che quel persistente sentirsi brutte perché non si ha più il corpo dei vent’anni, quel sentirsi inadatte a scatenare il desiderio altrui, non impediscano più, alle donne, di desiderare in proprio.
Il fascino ha poco a che fare con corpi nuovi e intatti. Magari, a quella festa per i 50 anni dall’esame di maturità, proprio Annalisa, con i suoi 120 chili, ha trovato qualcuno da sedurre, da condurre a sé, un compagno, una compagna, che ha voglia di divertirsi con lei, che ama la ciccia e ha voglia di accarezzarne un po’. (Alla faccia del “body shaming”!).
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