Aumenta il costo della vita, i prezzi degli affitti sono spesso insostenibili e la casa è un problema per tanti. Il “cohousing”, allora, può essere una soluzione, contro la solitudine ma anche contro la povertà.
Da una parte c’è una popolazione sempre più anziana, in una società in cui i legami familiari e sociali si allentano e si indeboliscono. Il rischio è la solitudine. Dall’altra parte c’è l’aumento del costo della vita (ultimamente certificato anche da Istat) e dell’inflazione. Il rischio è la povertà.
Di fronte a queste grandi sfide socio-economiche, servono indubbiamente misure politiche e strutturali: queste spettano alle istituzioni e alla politica. Ma indicazioni utili e possibili risposte arrivano spesso anche “dal basso”: dal mondo del terzo settore, innanzitutto. Il cohousing è una di queste risposte, capace di far fronte all’una e all’altra sfida: quella della solitudine – degli anziani, prima di tutto – ma anche quella della povertà.
Nato e diffuso in Nord Europa, oggi il cohousing prende sempre più piede anche in Italia, promosso da cooperative e associazioni. E si propone come risorsa per anziani o persone con disabilità, ma anche per giovani e famiglie alle prese, per esempio, con il caro-affitti.
Il senior cohousing per gli anziani
Iniziamo dal cohousing detto “senior”: quello indirizzato, appunto, alle persone anziane, che scelgono di vivere in contesti comunitari, nei quali esistano spazi e servizi condivisi, ma siano salvaguardate privacy e autonomia. Ognuno a casa sua, potremmo dire, ma con dei momenti e degli spazi condivisi. Negli ultimi dieci anni, esperienze di cohousing per anziani autosufficienti si sono moltiplicate, spesso su iniziativa del Terzo Settore.
Un esempio è Casa alla Vela, a Trento. Qui gli inquilini condividono spazi e servizi in un contesto di supporto reciproco, riducendo il rischio di isolamento e di ricoveri anticipati in RSA. “Qui ognuno ha il suo appartamento, ma mangiamo insieme e ci aiutiamo — racconta Carla, 79 anni —. È una libertà diversa, con relazioni vere”.
Contro il caro-affitti
Se per gli anziani il cohousing è un antidoto contro isolamento e istituzionalizzazione, per chi ha un reddito basso e un affitto (sempre più) alto da pagare, può essere un antidoto contro la povertà. Il mercato immobiliare italiano ha infatti registrato, nel 2023, un aumento medio del 7,4% dei canoni d’affitto nelle città capoluogo, secondo i dati del portale Idealista.it. A Milano, Roma, Bologna e Firenze i prezzi stanno diventando insostenibili per studenti, giovani lavoratori e famiglie monoreddito. Per questo, gli stessi comuni a volte sperimentano progetti di cohousing: è il caso del comune di Bologna, che con l’iniziativa “Nonni adottano studenti” promuove la coabitazione tra giovani e anziani. Un’iniziativa simile viene promossa anche dal comune di Padova e da altri enti locali: l’obiettivo è mettere insieme differenti bisogni, per trasformarli in risorse. Il bisogno di compagnia degli anziani incontra il bisogno di una casa per gli studenti: messi insieme, diventano risorsa l’uno per l’altro.
Ci sono poi, in alcune città, esperienze di cohousing temporaneo, messe in campo soprattutto dal terzo settore, in presenza di condizioni di emergenza e bisogno: i beneficiari sono persone che hanno ricevuto uno sfratto, mamme sole con i figli, migranti o genitori separati in difficoltà abitativa. Per esempio, Binario 95, a Roma, ha destinato alcuni spazi ad abitazioni condivise con accompagnamento sociale per persone che vivevano – o rischiavano di andare a vivere – in strada.
I numeri sono piccoli, ma crescono (e cresceranno)
non si può certo dire che il cohousing sia una realtà diffusa in Italia: non quanto in alcuni Paesi del Nord Europa, come la Svezia, la Danimarca, o la Gran Bretagna. Qui il cohousing ha una storia più antica e numeri decisamente più importanti. In Italia, secondo l’Osservatorio nazionale sulla sharing economy, nel 2023 si contavano circa 60 progetti attivi o in fase avanzata di avvio, con una netta prevalenza nel Nord Italia (Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte). Interessante è però che non si tratti più di comunità auto-organizzate, spontanee potremmo dire: sempre di più sono invece le iniziative frutto di co-progettazione tra politica e terzo settore, tra edilizia popolare e welfare territoriale
Perché i numeri possano crescere e questo modello affermarsi, occorre però che si sciolga un nodo fondamentale: quello normativo e, di conseguenza, delle risorse. Dal punto di vista giuridico, attualmente in Italia non esiste una legge specifica che disciplini il cohousing in modo organico.
Eppur si muove
Qualcosa, però, sembra muoversi, in direzione di un riconoscimento e una sistematizzazione di questo modello. Nel 2021 è stata presentata alla Camera una proposta di legge per il riconoscimento giuridico delle Comunità Intenzionali. Ad elaborarla diverse associazioni tra cui la Rete Italiana Villaggi Ecologici (RIVE) e l’Associazione Nazionale Cohousing. Questa proposta mira a colmare il vuoto legislativo che costringe tali realtà a costituirsi come associazioni o cooperative, affrontando problematiche amministrative che spesso non corrispondono alle loro visioni ed esperienze concrete di vita. I lavori sono ancora in corso.
Uno studio del Notariato su anziani e cohousing
Intanto, recentemente, il Consiglio Nazionale del Notariato ha pubblicato lo studio n. 54-2024/P, intitolato “Accordi di convivenza solidale tra anziani”, per fornire un primo quadro di riferimento normativo e contrattuale sul cohousing. Questo studio anticipa la necessaria regolamentazione legislativa e offre linee guida per la stipula di contratti di cohousing. Specialmente nella sua declinazione rivolta agli anziani e alle coabitazioni intergenerazionali.
L’abitare futuro, insomma, potrebbe essere sempre più condiviso. Secondo una recente indagine Nomisma, il 40% degli italiani tra i 25 e i 40 anni si dice interessato a forme di coabitazione solidale, anche per motivi economici. Con un adeguato riconoscimento normativo, questo modello potrebbe radicarsi e diffondersi anche nel nostro Paese, rispondendo a bisogni, per quanto differenti, di giovani, famiglie e anziani.
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