Un italiano intervistato su 3 mangia carne di squalo senza saperlo. Ecco come ingannano le etichette
L’Europa è uno dei protagonisti principali del commercio globale di carne di squalo, con Spagna, Portogallo e Italia che fungono sia da importatori che da hub di redistribuzione. Secondo uno studio pubblicato su Marine Policy in collaborazione con il WWF, la Spagna importa grandi quantitativi da Africa, Asia e America Latina per poi riesportarli verso paesi come l’Italia e il Brasile. Ogni anno, circa 100 milioni di squali vengono uccisi per carne, pinne, olio di fegato e cartilagine. Gli squali vengono commercializzati anche per la loro pelle, ma è la carne di squalo ad essere sempre più presente nei mercati europei e italiani.
L’Italia nella top 5 degli importatori
Negli ultimi sette anni, il nostro Paese ha importato oltre 43.000 tonnellate di carne di squalo, principalmente dalla Spagna e dalla Francia. Un dato che stride con l’impegno dell’Unione Europea nella conservazione marina, tra politiche di pesca sostenibile e regolamenti come il fins naturally attached (che vieta il taglio delle pinne sugli squali). Il problema sono la tracciabilità e i controlli insufficienti, oltre a un’etichettatura spesso ambigua che confonde i consumatori. “Molti non sanno di star mangiando squalo”, avverte il WWF. Eppure, specie a rischio come verdesca, palombo e smeriglio finiscono nei piatti degli italiani senza che questi ne siano informati.
Squali a rischio: un ecosistema in pericolo
Gli squali sono tra gli animali più minacciati al mondo. Negli ultimi 50 anni, la loro popolazione si è dimezzata, e oltre il 37% delle specie è a rischio estinzione. Il Mediterraneo, in particolare, è un hotspot di biodiversità con 86 specie di elasmobranchi, ma più della metà è in pericolo. La causa principale è la pesca accidentale, che cattura squali insieme ad altre specie. Anche se spesso nel mondo si assiste a vere e proprie ‘mattanze’ sull’onda emozionale in caso di un (estremamente raro) incidente. O alla pratica crudele del finning, la cattura con l’asportazione della sola pinna dorsale considerata una prelibatezza in molto paesi asiatici. Una volta tagliata la pinna, gli animali agonizzanti vengo buttati in mare.
Italiani, consumatori inconsapevoli
Un’indagine condotta su oltre 600 cittadini milanesi ha rivelato una preoccupante mancanza di consapevolezza. Quasi due terzi degli intervistati ignorano, infatti, che la carne di squalo sia venduta legalmente in Italia, mentre la stragrande maggioranza dichiara di non averla mai acquistata. Eppure, quasi un consumatore su tre ha mangiato specie come palombo o verdesca senza rendersi conto che si trattasse di squali. Ancora più allarmante è il fatto che solo il 30% sia informato sui rischi per la salute legati al consumo, come l’accumulo di metalli pesanti nel corpo di questi grossi pesci.
Il problema delle etichette
“Spesso le etichette usano nomi comuni fuorvianti, come palombo o gattuccio”, spiega il WWF. “E molti prodotti ittici non riportano informazioni chiare sulla provenienza o sul metodo di pesca.” Per questo, è fondamentale prestare attenzione alle diciture in etichetta, verificando sempre il nome scientifico e la zona di cattura, ed evitare prodotti che non garantiscano una tracciabilità completa. La scelta più responsabile resta quella di preferire pesca sostenibile, con metodi a basso impatto ambientale.
Verdesca o palumbo, altro che pescespada
Per evitare il consumo inconsapevole di carne di squalo, il WWF suggerisce di controllare sempre l’etichetta, verificando nome scientifico e zona di cattura, ed evitare prodotti senza tracciabilità completa. È utile anche familiarizzare con i nomi comuni delle specie di squalo (es. verdesca, gattuccio, palombo), e preferire la pesca sostenibile, con metodi a basso impatto. Controllare l’etichetta dei prodotti ittici è fondamentale non solo per evitare di acquistare pesce proveniente dalla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, ma anche per sapere con quale attrezzo è stato pescato (e preferire quelli meno impattanti), da dove proviene e per identificare con certezza la specie acquistata. In questo caso, no sharks!
Verso un futuro più sostenibile
Intanto l’Italia mette in campo iniziative concrete per la salvaguardia di queste specie. In Sardegna, l’ISPRA ha avviato un importante studio a Castelsardo e Porto Torres, intervistando i pescatori locali per mappare la presenza storica e attuale di squali e razze. Parallelamente, il progetto europeo Life Prometheus (PROMoting Elasmobranchs conservation THrough by-catch reduction, Ecotourism and alternative sUStainable fisheries) sta lavorando su più fronti: dalla riduzione delle catture accidentali alla promozione di un ecoturismo responsabile, fino allo sviluppo di alternative di pesca sostenibile. Proteggere gli squali non è solo una questione di conservazione marina, ma un passo cruciale per mantenere l’equilibrio dell’intero ecosistema marino. E tutto inizia dalle scelte quotidiane, anche a tavola.
(apertura: immagine di un ristorante a Venezia)
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