Assistenza quotidiana, fatica e soluzioni: come il welfare aziendale può sostenere chi cura i propri anziani.
In Italia, l’allungamento dell’aspettativa di vita ha generato una crescente richiesta di assistenza domiciliare per chi non è autosufficiente. Sono oltre 7 milioni i caregiver familiari e la maggior parte di essi dedica ore preziose alla cura dei propri anziani: accompagnamento, gestione domestica, supporto emozionale. Un tempo speso in compagnia e interventi pratici, più che in cure sanitarie tradizionali. Il convegno ‘Welfare aziendale e welfare di comunità: un’alleanza possibile?’ tenutosi ieri a Roma ha acceso i riflettori su una realtà spesso trascurata. L’iniziativa è stata promossa da Jointly, insieme alla cooperativa sociale Anziani e non solo, con il supporto di Capitale umano per il Paese.
Il peso quotidiano dell’assistenza
La indagine Care4caregivers condotta da Jointly su un campione di 12.000 dipendenti di aziende di settori diversi, rivela che un caregiver su tre dedica oltre 14 ore a settimana all’assistenza. I costi economici sono significativi: il 17% sostiene spese superiori ai 10.000 euro annui. Nella maggior parte dei casi lo fa personalmente e senza alcun supporto esterno, a fronte di un 33% che si rivolge a strutture, o professionisti privati, mentre solo 1 su 4 (il 25%) accede a organismi pubblici. Questi numeri mostrano chiaramente quanto la cura di familiari anziani sia un’attività strutturale e gravosa, che impatta pesantemente sulla vita personale e professionale.
Cosa chiedono veramente i caregiver familiari alle aziende
La lacuna potrebbe essere colmata in parte dal datore di lavoro. Tuttavia, solo il 3% dei caregiver dichiara di godere di strumenti di welfare aziendale, nonostante molte imprese abbiano iniziato a includere servizi di assistenza domestica, voucher, formazione e consulenze psicologiche dedicate ai caregiver familiari. Le ragioni di questa ‘assenza’, rivela vengono individuate nella mancanza di dialogo interno, nella poca conoscenza delle offerte esistenti e, soprattutto, in soluzioni non sempre adatte ai bisogni dei lavoratori. Tra le misure più richieste ci sono la flessibilità oraria, il lavoro da remoto, ma anche strumenti di supporto psicologico. Secondo i dati, il 56% dei caregiver sente il bisogno di “staccare” dal lavoro di cura, mentre oltre il 40% richiederebbe un sostegno psicologico per affrontare meglio lo stress quotidiano.
Gli strumenti di welfare aziendale
Per sostenere concretamente chi si occupa ogni giorno dei propri anziani, le aziende hanno a disposizione diversi strumenti di welfare. Tra questi, una maggiore flessibilità oraria e la possibilità di lavorare da remoto sono fondamentali per permettere ai caregiver familiari di conciliare gli impegni lavorativi con quelli assistenziali. A ciò si possono affiancare misure economiche come i voucher per l’assistenza domiciliare, spesso utilizzati in convenzione con strutture specializzate. Non meno importante è il sostegno psicologico: sportelli dedicati e percorsi di ascolto aiutano ad affrontare lo stress che spesso accompagna la responsabilità di cura. Infine, la formazione specifica sui temi assistenziali e la concessione di congedi straordinari o permessi speciali, rappresentano strumenti indispensabili per riconoscere il ruolo del caregiver familiare.
Mettere la cura al centro per valorizzare i caregiver familiari
Gli esiti del convegno sono chiari. Per le aziende investire nel welfare che riconosce e sostiene la cura familiare non è soltanto una scelta etica, ma anche strategica. Quando i dipendenti caregiver si sentono sostenuti, aumenta il loro benessere complessivo, con ricadute positive sulla motivazione, sulla fidelizzazione all’azienda e sulla produttività. Inoltre, ridurre il rischio di burnout legato al doppio carico di lavoro e assistenza significa anche ridurre assenteismo e stress. In un mercato del lavoro sempre più attento al benessere e all’equilibrio vita-lavoro, promuovere ambienti empatici e inclusivi diventa un elemento distintivo capace di attrarre nuovi talenti e valorizzare chi già fa parte dell’organizzazione.
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