La Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio ha respinto l’iscrizione del Brescia per il mancato rispetto di scadenze fiscali e contributive. Si chiude così un capitolo lungo oltre un secolo, che ha visto campioni come Baggio e Pirlo indossare la maglia delle Rondinelle.
Il Brescia Calcio escluso dal campionato
Il verdetto è arrivato dagli uffici della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC): la Covisoc, la commissione di vigilanza sui conti dei club professionistici, ha ufficialmente respinto la domanda di iscrizione del Brescia Calcio al prossimo campionato.
La decisione, che pone di fatto fine a 114 anni di attività sportiva, è motivata da precise e gravi inadempienze di natura amministrativa e finanziaria. La società non avrebbe fornito la documentazione completa attestante il saldo di tutte le pendenze fiscali e dei contributi previdenziali entro i termini perentori fissati dal regolamento federale. Nonostante i tentativi di rimediare in extremis, il mancato rispetto delle scadenze ha reso la bocciatura inevitabile, chiudendo ogni possibilità di ricorso.
Le conseguenze: stadio revocato e la fine di un’epoca
Le ripercussioni sul piano pratico non si sono fatte attendere. L’amministrazione comunale di Brescia, preso atto della situazione irreversibile, ha immediatamente avviato l’iter per la revoca della concessione dello stadio Mario Rigamonti, l’impianto che per decenni è stato la casa delle Rondinelle.
Parallelamente, è iniziato lo smantellamento della sede operativa del club. Questi atti segnano plasticamente la fine di un’istituzione che non era solo una squadra, ma un pezzo dell’identità cittadina. La cancellazione della matricola FIGC è l’ultimo passo formale di un percorso che lascia un vuoto profondo nel tessuto sportivo e sociale locale. Con la fine dell’entità giuridica “Brescia Calcio”, ciò che resta è un’eredità storica immensa, da ricordare e custodire per non disperderne il valore.
Quel “Brescia di Baggio”
Di fronte alla cronaca di una chiusura così traumatica, la memoria corre inevitabilmente al periodo di massimo splendore del club. L’arrivo di Roberto Baggio nell’estate del 2000, voluto fortemente dal presidente Gino Corioni, segnò l’inizio di un quadriennio irripetibile per le Rondinelle. Sotto la guida di Carlo Mazzone, una squadra appena promossa in Serie A si trasformò in una delle realtà più ammirate e spettacolari del campionato.
Quel Brescia poteva contare, oltre che sul “Divin Codino”, sul giovane Andrea Pirlo reinventato regista davanti alla difesa, sull’esperienza internazionale di Pep Guardiola e sui gol pesanti di Dario Hübner, capocannoniere della Serie A nel 2001-02 con 24 reti. Il risultato più prestigioso fu l’ottavo posto del campionato 2000-2001 (53 punti conquistati), che regalò la qualificazione alla Coppa Intertoto. In Europa il Brescia si spinse fino alla finale, persa di misura contro il Paris Saint-Germain dopo il 1-1 dell’andata e lo 0-0 del ritorno al Rigamonti.
L’impatto di Baggio fu straordinario: 45 gol in 95 presenze in Serie A, giocate quasi sempre da protagonista assoluto, tanto che la società decise di ritirare la sua maglia numero 10 dopo il suo addio al calcio nel 2004. Un’epoca entrata di diritto nella storia non solo del Brescia, ma del calcio italiano.
Una fucina di talenti
Limitare la narrazione bresciana alla sola epopea di Baggio sarebbe però riduttivo. Una delle costanti nella storia del club è stata la sua capacità di individuare e lanciare giovani calciatori che sarebbero poi diventati stelle di prima grandezza.
Andrea Pirlo, cresciuto nel settore giovanile biancoblù, esordì in massima serie a soli 16 anni e 2 giorni il 21 maggio 1995, prima di diventare uno dei registi più forti al mondo. Negli anni Novanta, lo stadio Rigamonti fu il palcoscenico italiano di Gheorghe Hagi, fuoriclasse rumeno che vestì la maglia delle Rondinelle tra le sue esperienze con Real Madrid e Barcellona. L’elenco include poi campioni del mondo come Alessandro Altobelli e Luca Toni, oltre a talenti internazionali come Marek Hamšík e, più di recente, Sandro Tonali, che ha perpetuato la tradizione dei grandi centrocampisti lanciati dal club.
I record di una “provinciale” di lusso
Oltre ai talenti lanciati, nella storia del Brescia figurano anche successi concreti. Il più prestigioso rimane la Coppa Anglo-Italiana, conquistata il 20 marzo 1994. In quella data, nella storica cornice dello stadio di Wembley a Londra, la squadra allora allenata da Mircea Lucescu superò il Notts County per 1-0, grazie a una rete di Gabriele Ambrosetti.
In bacheca figurano anche quattro campionati di Serie B vinti da prima in classifica, l’ultimo nella stagione 2018-2019. Un dato statistico che sottolinea la resilienza del club è il record assoluto di partecipazioni al campionato di Serie B (66 stagioni), che lo ha reso un punto fermo del calcio nazionale. Figure come Stefano Bonometti (recordman di presenze con 421 partite) e Andrea Caracciolo (miglior marcatore con 179 gol) rimangono i simboli di questa lunga storia.
L’eredità di una passione di fronte alla realtà dei conti
La fine del Brescia Calcio per questioni burocratico-finanziarie pone l’accento su una fragilità sistemica del calcio moderno, dove la storia e il radicamento territoriale possono essere vanificati da una gestione non sostenibile. La vicenda mette un punto fermo sull’esistenza legale del club, ma apre una riflessione più ampia.
Mentre la documentazione sancisce la chiusura, la memoria collettiva di una tifoseria e di una città intera conserva un patrimonio di emozioni e di imprese sportive. Resta da vedere come questa eredità, ormai scollegata da una squadra in campo, potrà essere preservata e trasmessa, come monito e come testimonianza di ciò che è stato.
© Riproduzione riservata