La Vigilanza bancaria equipara i rischi demografici a quelli climatici. Entro il 2050 un europeo su quattro avrà più di 65 anni: mutui in calo, depositi sotto pressione e nuove sfide per gli istituti di credito.
L’invecchiamento entra nell’agenda della supervisione
L’invecchiamento della popolazione europea non è più una proiezione lontana ma una realtà che sta già modificando gli equilibri del sistema bancario.
A lanciare il monito è Patrick Montagner, membro del Supervisory Board della Banca centrale europea, che in un intervento pubblicato sul blog istituzionale equipara le conseguenze demografiche a quelle del cambiamento climatico. La carenza di manodopera e i nuovi comportamenti dei consumatori mostrano che gli effetti economici della transizione demografica sono tangibili.
Per questo la Vigilanza bancaria deve iniziare a interrogarsi sulla sostenibilità dei modelli di business degli istituti di credito, preparandoli a un contesto radicalmente diverso.
Due transizioni gemelle: clima e demografia
Se fino a oggi si è parlato di “transizioni gemelle” riferendosi al digitale e al clima, questa definizione va rivista. La digitalizzazione procede rapidamente, mentre la transizione verde avanza con lentezza, seppur in modo dirompente. Il vero gemello del cambiamento climatico è invece quello demografico. Entrambi i fenomeni condividono caratteristiche precise: sono lenti, prevedibili e strutturali.
Modificano il valore degli asset, influenzano la redditività dei settori economici e ridisegnano l’allocazione del capitale. Hanno anche una dimensione territoriale che può aggravare le disuguaglianze esistenti. Le regioni più esposte ai rischi fisici del clima spesso coincidono con quelle che affrontano un declino demografico, con conseguenze pesanti sulle economie locali e sul mercato immobiliare.
La Bce ricorda che entro il 2050 un europeo su quattro avrà superato i 65 anni. Come le autorità di vigilanza hanno imparato ad analizzare gli scenari di transizione climatica, così dovranno interpretare le traiettorie demografiche. Non si tratta di prevedere con esattezza il numero di abitanti, ma di comprendere come i cambiamenti sociali ed economici impatteranno sul sistema bancario, con particolare attenzione ad alcune banche e a specifiche regioni.
Uno scenario nuovo per mutui, depositi e immobili
I cambiamenti demografici pongono interrogativi concreti sulla tenuta dei modelli di business bancari. Dal lato degli impieghi, il rimborso dei debiti da parte dei pensionati e la diminuzione dei mutuatari più giovani portano a un calo della domanda di mutui ipotecari nelle aree con popolazione anziana. Il fenomeno si accentua nelle zone rurali dove il numero di abitanti è in discesa. Questo scenario esercita una pressione al ribasso sui prezzi degli immobili, con ripercussioni sulla qualità delle garanzie collaterali che le banche detengono.
Sul fronte della raccolta, i depositanti più anziani garantiscono stabilità e adottano scelte finanziarie conservative.
Tuttavia, quando i pensionati iniziano a utilizzare i risparmi accumulati e le fasce più giovani si spostano verso i centri urbani privilegiando servizi digitali, la base dei depositi rischia di contrarsi in alcuni mercati regionali. Gli istituti che sapranno adattarsi alla cosiddetta “silver economy” potranno trovare nuove fonti di reddito attraverso la gestione patrimoniale, la consulenza e la pianificazione pensionistica. Ma dovranno essere capaci di offrire servizi realmente innovativi.
Gli effetti sulla finanza pubblica e sul welfare
L’invecchiamento demografico non pesa solo sulle banche ma sull’intero sistema economico del Paese. Secondo le analisi dell’Ufficio parlamentare di bilancio, il calo della popolazione in età lavorativa riduce il potenziale di crescita e aumenta la pressione sui conti pubblici. Le spese per pensioni e sanità crescono mentre diminuiscono le entrate fiscali legate al lavoro. Il sistema pensionistico italiano, già sotto stress, dovrà affrontare una trasformazione profonda.
La crisi demografica solleva anche questioni sul welfare sociale e sulla povertà. Con meno persone attive e più anziani da assistere, il rischio è che aumentino le disuguaglianze e che si riduca la capacità di investimento del sistema Paese. Servono politiche che valorizzino il potenziale lavorativo interno, favoriscano l’occupazione femminile e supportino la natalità.
Sul piano bancario, questo contesto richiede una vigilanza attenta alle specificità regionali e alla capacità degli istituti di diversificare le fonti di reddito.
La Bce non chiede azioni immediate ma sottolinea che il contesto demografico in cui operano le banche sta cambiando. Riconoscere questa realtà e iniziare a porsi le domande giuste è il primo passo per garantire la sostenibilità a lungo termine del sistema.
Lo stesso Montagner afferma che comprendere le implicazioni dell’invecchiamento può aiutare le banche europee ad adattarsi alla nuova era demografica. Gli istituti più lungimiranti hanno già iniziato a riposizionarsi, puntando su servizi dedicati agli over 65 e riducendo l’esposizione verso territori in declino. Chi resterà fermo rischia di trovarsi impreparato davanti a un cambiamento che, pur lento, è inesorabile.
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