Oltre la metà dei collaboratori domestici sopra i cinquant’anni sogna un futuro diverso. Le ragioni? Stipendi bassi, tutele scarse e poco tempo libero
La maggior parte dei collaboratori domestici ha superato i cinquant’anni e vive una condizione ambivalente. E se da un lato apprezza il rapporto umano che si crea nel tempo con le famiglie, dall’altro guarda a una possibile svolta professionale. Secondo il Rapporto 2025 Family (Net) Work di Assindatcolf, solo il 38,6% dei lavoratori domestici desidera conservare la propria occupazione attuale. Il restante 61,4% aspira a un cambiamento concreto entro i prossimi cinque anni. Si tratta di oltre un milione e duecentomila persone impiegate, tra regolari e irregolari, che generano un valore di circa 17 miliardi di euro all’anno. Una cifra che corrisponde quasi 1% del Pil nel 2024.
Il ritratto di badanti e colf over 50
Eppure qualcosa sembra si sta incrinando: tra il 2019 e il 2024 l’Inps ha registrato una perdita di 47mila lavoratori, di cui 23mila soltanto nell’ultimo anno. Numeri che raccontano di un comparto in sofferenza, nonostante la sua funzione cruciale per l’equilibrio delle famiglie italiane. L’indagine ha coinvolto 421 collaboratori domestici attraverso un questionario compilato durante l’estate, restituendo un ritratto dettagliato di chi ogni giorno si prende cura delle case e delle persone.
Le badanti: legami forti ma stipendi insufficienti
Le badanti rappresentano la componente più strutturata del settore: tre quarti di loro lavora esclusivamente per una famiglia, spesso in regime di convivenza (45,2% dei casi), con un impegno che supera le quaranta ore settimanali per il 44% del campione. Questo tipo di occupazione crea legami profondi: quasi la metà delle badanti (47,6%) si dichiara molto soddisfatta, principalmente per il rapporto che riesce a instaurare e per la gratificazione che deriva dall’assistere chi ha bisogno. Anche sul fronte contrattuale le valutazioni appaiono positive: il 33,8% si ritiene molto soddisfatto e il 43,4% abbastanza. Tuttavia, un dato colpisce: il 58,9% delle badanti esprime comunque la volontà di cambiare situazione entro il 2030. Le motivazioni principali sono due: per il 40,3% gli stipendi restano troppo bassi, mentre per il 32,3% manca il tempo libero necessario a una vita equilibrata.
Babysitter e colf: la ricerca di maggiori tutele
Le babysitter, che costituiscono circa un quinto della forza lavoro nel settore domestico, mostrano dinamiche differenti. Nel 61,3% dei casi hanno un solo committente e lavorano meno di trenta ore settimanali (60,6%). Il livello di soddisfazione per il lavoro svolto rimane alto (46,8%), ma crolla quando si parla di condizioni contrattuali: soltanto il 19,4% si ritiene molto soddisfatto. Le retribuzioni insufficienti pesano per il 58,6% delle intervistate, seguite dalla scarsa tutela contrattuale (31%). Il desiderio di cambiamento coinvolge il 63,9% del campione. Le colf presentano la situazione più frammentata: appena il 42,8% lavora per una sola famiglia, mentre il 57,2% si divide tra più datori di lavoro. La soddisfazione generale è la più bassa tra le categorie analizzate: solo il 27,5% si dichiara molto contenta del proprio impiego e appena il 15,2% della propria condizione contrattuale. Gli stipendi inadeguati (40,7%) e la fatica fisica (27,6%) rappresentano i problemi più sentiti. Non sorprende che il 62,8% delle colf immagini un futuro lavorativo diverso nei prossimi cinque anni.
I numeri di un equilibrio precario
L’analisi dei dati Inps permette di comprendere meglio le dinamiche del mercato. Nel 2024 sono stati attivati 383.425 nuovi contratti, a fronte di 382.611 cessazioni. Il saldo positivo di appena 814 unità rappresenta un timido segnale di ripresa dopo tre anni consecutivi di calo. Le badanti confermano la loro posizione: quasi due terzi delle nuove assunzioni (64,3%) riguarda questa figura professionale, una quota notevolmente cresciuta rispetto al 53,4% del 2015. Al contrario, i contratti per colf e altri collaboratori domestici si sono ridotti di oltre il 20%. La durata media di un rapporto di lavoro si attesta sulle 741 giornate, poco più di due anni, ma con differenze sostanziali: le badanti restano mediamente 449 giorni, mentre le colf raggiungono i 1.238 giorni. Dati che testimoniano una maggiore mobilità nel settore dell’assistenza agli anziani, probabilmente legata alla ricerca di condizioni migliori o alla naturale evoluzione delle esigenze familiari.
Le sfide di un settore indispensabile
Assindatcolf sottolinea come il quadro emerso dalla ricerca confermi la crescente instabilità di un comparto che continua a essere fondamentale per l’economia e il welfare familiare italiano. Le criticità principali riguardano la mancanza di ricambio generazionale, la scarsa attrattività del settore, l’elevato tasso di irregolarità e la carenza di professionalità adeguate. Per rendere il lavoro domestico più sostenibile servirebbe un intervento che non faccia ricadere l’intero peso economico sulle famiglie datrici di lavoro. Il mondo delle badanti e colf over 50 si trova a un bivio. Da una parte il valore umano e sociale di un mestiere che sostiene migliaia di famiglie, dall’altra la necessità di migliorare stipendi, tutele e condizioni lavorative. Solo così sarà possibile trattenere chi già lavora nel settore e renderlo appetibile per le nuove generazioni.
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