Con l’istituzione della figura dell’assistente infermiere, la sanità si prepara a rafforzare l’assistenza soprattutto agli anziani, sempre più numerosi e fragili
La sanità italiana ha una nuova figura professionale: l’assistente infermiere. Collocata tra l’OSS e l’infermiere, questa nuova professionalità sarà attiva anche a domicilio, in strutture residenziali e nei servizi territoriali, con formazione specifica e mansioni mirate al supporto quotidiano e alla gestione dei bisogni complessi della terza età. Ufficialmente istituito con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto attuativo, questo profilo nasce dall’accordo tra Governo e Regioni e si propone di rispondere a una duplice esigenza. Da un lato migliorare la qualità dell’assistenza alle categorie e dall’altro alleggerire il carico degli operatori sanitari. Un’evoluzione che arriva in un momento delicato per il sistema sanitario, segnato dalla riduzione dei pronto soccorso, dalla carenza di personale e dall’aumento della domanda assistenziale.
Chi è e cosa fa l’assistente infermiere
L’assistente infermiere opera in tutti i contesti del sistema sanitario, pubblici e privati. Ospedali, strutture residenziali, servizi ambulatoriali e anche a domicilio. È chiamato a intervenire accanto all’infermiere per supportare persone anziane con malattie croniche, disabilità, disturbi psichici, dipendenze o in fase terminale. Le sue attività sono molteplici: dalla rilevazione dei parametri vitali al primo soccorso, fino al supporto nella gestione delle terapie e nella pianificazione dell’assistenza quotidiana. Non si tratta di una figura di secondo piano, ma di un professionista formato per affrontare compiti delicati. Lavora su delega dell’infermiere, mantenendo comunque una responsabilità diretta per le mansioni svolte, sempre in un contesto di collaborazione con il resto dell’équipe sanitaria.
Una formazione mirata
Per diventare assistente infermiere è necessario essere già in possesso della qualifica di OSS e avere almeno due anni di esperienza nel ruolo, oppure almeno cinque anni negli ultimi otto, anche senza diploma, a condizione di frequentare un modulo teorico di almeno 100 ore. Il percorso formativo completo prevede un minimo di 500 ore distribuite in un arco temporale compreso tra sei e dodici mesi: 200 ore di teoria, 280 di tirocinio e 20 ore di esercitazioni pratiche. Si tratta di una formazione che mira a uniformare la preparazione su scala nazionale, pur lasciando flessibilità alle Regioni per adattarsi ai modelli organizzativi locali. Il risultato è un operatore sanitario pronto a intervenire in contesti complessi, dotato di competenze specifiche e aggiornato nel tempo, grazie all’obbligo di formazione continua.
Assistente infermiere: una figura che può fare la differenza
La creazione dell’assistente infermiere arriva in un contesto segnato da una crescente pressione sul sistema dell’emergenza-urgenza. Secondo un’analisi dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi sanitari (Altems), negli ultimi dodici anni in Italia sono stati chiusi 115 pronto soccorso, con un calo da 808 strutture nel 2011 a 693 nel 2023. Se da un lato sono aumentati i medici specializzati, dall’altro i reparti restano sovraccarichi, con attese lunghe e un’alta incidenza di abbandono da parte degli operatori. “Il sistema dell’Emergenza Urgenza è sotto pressione”, afferma Alessandro Riccardi, presidente della Simeu, la Società Italiana della medicina di emergenza-urgenza. “Servono riforme strutturate, non solo dati incoraggianti”. Anche Amerigo Cichetti, docente alla Cattolica di Roma, evidenzia come il problema sia l’assenza di un filtro sul territorio: molti pazienti arrivano in pronto soccorso pur potendo essere seguiti altrove.
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