Le donne vivono oltre 76 anni e gli over 65 trainano la longevità. Ma la durata della vita non è la stessa per tutti
L’uomo non è mai stato così longevo. Eppure, dietro questo traguardo straordinario si nasconde un paradosso. Se da un lato l’aspettativa di vita continua a salire, dall’altro emergono nuove disuguaglianze sulla salute tra continenti, generazioni e classi sociali. Lo rivela il Global Burden of Disease, uno studio pubblicato su The Lancet e di recente presentato al World Health Summit di Berlino. Realizzato dall’Università di Washington, è la fotografia più completa mai scattata sull’aspettativa di vita umana. All’opera 16.500 ricercatori che hanno analizzato oltre 375 malattie e 88 fattori di rischio in 204 nazioni, utilizzando più di 310mila fonti di dati.
La longevità non è un traguardo unanime
L’aspettativa di vita globale ha toccato quota 76,3 anni per le donne e 71,5 per gli uomini, registrando un aumento di oltre vent’anni rispetto al 1950. Il tasso di mortalità standardizzato per età è crollato del 67% in tutto il mondo, senza eccezioni. Un successo che testimonia i progressi della medicina, della prevenzione e delle condizioni di vita. Ma, mentre nelle regioni più ricche del pianeta si superano gli 83 anni, nell’Africa subsahariana l’aspettativa di vita non va oltre i 62. Una differenza abissale legata all’accesso negato alle cure, alla povertà endemica e ai sistemi sanitari al limite del collasso.
Nord e sud del mondo: la geografia decide gli anni
Il divario geografico nell’aspettativa di vita rappresenta una delle questioni più drammatiche emerse dalla ricerca. Le nazioni ad alto reddito continuano a guadagnare anni di vita grazie a sistemi sanitari avanzati, alimentazione adeguata e programmi di prevenzione capillari. Al contrario, i Paesi dell’Africa subsahariana affrontano ancora emergenze che altrove appartengono al passato. In queste regioni, le malattie infettive come la tubercolosi, le infezioni respiratorie e le complicanze legate alla maternità continuano a mietere vittime. Le giovani donne africane tra 15 e 29 anni presentano una mortalità superiore del 61% rispetto alle stime precedenti, causata principalmente da complicanze del parto, incidenti stradali e meningite.
Quando sono i giovani a morire di più
Il segnale positivo è la diminuzione della mortalità infantile, mentre il contrario accade tra le fasce di età giovanile. Ad esempio, negli ultimi dodici anni i decessi tra i giovani adulti di 20-39 anni sono aumentati in Nord America e America Latina. Tra le prime cause di morte: suicidio, overdose da droga e abuso di alcol. Anche i ragazzi tra 5 e 19 anni mostrano incrementi di mortalità in paesi ad alto reddito, come l’Europa e il Nord America. La generazione che dovrebbe rappresentare il futuro si trova invece intrappolata in una rete di dipendenze, disturbi mentali e disperazione sociale che i sistemi sanitari faticano a intercettare e contrastare. Non tutti possono contare sull’aumentata aspettativa di vita.
Le malattie croniche dominano la scena mondiale
Il profilo delle cause di morte è cambiato radicalmente negli ultimi decenni. Dopo aver occupato il primo posto nel 2021, il COVID-19 è sceso al ventesimo posto nel 2023, pur avendo causato 18 milioni di decessi tra il 2019 e il 2023. Al suo posto sono tornate le malattie croniche non trasmissibili. La cardiopatia ischemica guida la classifica, seguita da ictus, broncopneumopatia cronica ostruttiva, infezioni delle basse vie respiratorie e disturbi neonatali. Complessivamente, le patologie non trasmissibili rappresentano quasi due terzi dei decessi globali: malattie cardiache, diabete, tumori e Alzheimer. Quest’ultimo è ora tra le prime 25 cause di anni di vita persi per disabilità, dopo la cirrosi e le malattie croniche del fegato. Crescono anche i tassi di mortalità per diabete e malattie renali croniche, soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito.
La metà dei decessi si potrebbe evitare
La buona notizia è che quasi il 50% delle morti e delle disabilità nel mondo potrebbe essere prevenuto. Lo studio identifica 88 elementi modificabili. In primis ipertensione arteriosa, inquinamento atmosferico da particolato, fumo, glicemia elevata e indice di massa corporea alto. Tra i fattori di rischio anche il piombo: nuove analisi lo collegano direttamente a malattie cardiovascolari. Sebbene eliminato dai carburanti, rimane presente in vernici, acqua contaminata, spezie e utensili da cucina. L’inquinamento da particolato rappresenta il secondo fattore di rischio globale, con concentrazioni più elevate in Asia meridionale, Africa subsahariana e Medio Oriente.
Ansia e depressione minacciano l’aspettativa di vita
Accanto alle malattie fisiche, si fanno sempre più strada quelle legate alla psiche. I disturbi d’ansia sono aumentati del 63% e quelli depressivi del 26%. Un’epidemia che colpisce tutte le fasce d’età e tutti i continenti. Lo studio identifica in molti casi nell’abuso sessuale e nella violenza domestica fattori prevenibili che contribuiscono a depressione e ansia. La conferma di come l’aspettativa di vita non possa essere separata dal contesto sociale, economico e culturale in cui le persone vivono. La strada verso una longevità equa e universale è ancora lontana, ma vivere più a lungo ha senso solo se questo diritto appartiene davvero a tutti.
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