
Leggere e rileggere i classici: “Misery” di Stephen King
Perché leggere e rileggere i classici: nove incontri con Enrico Valenzi
I classici letterari sono libri che leggiamo una volta in un periodo della nostra vita e poi continuiamo a ricordarli e a immaginarli ancora nel tempo. Fino a che non sentiamo il desiderio, perfino l’urgenza, di doverli rileggere. Ma perché vogliamo rileggere una storia che sappiamo già come va a finire? Perché le parole che leggiamo in questi libri hanno ogni volta bellezza e valore rinnovati.
In questi incontri cercheremo di riconoscere per ogni classico affrontato le proprietà letterarie che lo rendono tale. Di ogni opera scorreremo la prima pagina per sentire in che modo un classico si presenta subito al cuore e alla mente di chi legge. E vedremo insieme le scene indimenticabili di quei libri per coglierne la musica e carpire i segreti dell’arte letteraria.
Perché leggere e rileggere “Misery” di Stephen King
Misery di Stephen King, come ogni classico che si rispetti, ha una sua unicità. È infatti il romanzo che ha come antagonista il lettore più arrabbiato e pericoloso di tutta la storia della letteratura. Annie, la lettrice, non assomiglia per niente alla colloquiale e affascinante Lettrice di Calvino in Se una notte d’inverno un viaggiatore. Lo capiamo soprattutto quando esprime la sua visione della letteratura allo scrittore Paul Sheldon (ospite in casa sua): “Uno scrittore è Dio per i personaggi della sua storia e nessuno può chiamare Dio in giudizio perché si giustifichi. Ma quanto a Misery ho qualcosa da dirti, sporca burba, ti dirò che si dà il caso che Dio abbia un paio di gambe rotte e Dio si trovi in casa mia a mangiare il mio cibo.”
Probabilmente solo Stephen King poteva scrivere un capolavoro horror avendo in scena per quasi tutto il romanzo solo due personaggi: lo scrittore e la lettrice psicotica. Forse perché scrisse l’incipit di Misery sulla scrivania dove Ruyard Kipling era morto per un colpo apoplettico?
Conduce: Valerio Urru