Gli incidenti in acqua tra gli over 65 non sono rari. Gli esperti: non sottovalutare mai l’affaticamento improvviso
Gli annegamenti tra gli anziani durante la stagione balneare sono statisticamente molto frequenti. I dati, infatti, parlano di percentuali significative: è nella fascia over 65 che si concentra la maggior parte dei decessi accidentali in acqua, con un picco tra i 70 e gli 80 anni. Questa tendenza non riguarda solo il mare, ma anche piscine, laghi e fiumi, dove spesso mancano adeguate misure di sicurezza.
I fattori di rischio specifici per gli anziani
Una delle cause principali degli annegamenti tra gli anziani, spiegano gli esperti, è l’affaticamento improvviso durante il nuoto, che in molti sottovalutano. Con l’avanzare dell’età, l’organismo subisce cambiamenti che possono trasformare un bagno rinfrescante in un pericolo. È noto che la diminuzione della massa muscolare riduce la capacità di reagire alle correnti, mentre il naturale declino della funzione polmonare rende più difficile recuperare il fiato. A questo si aggiungono problemi di equilibrio, tempi di reazione più lenti e, spesso, condizioni cardiache non diagnosticate che possono manifestarsi proprio in acqua.
Come riconoscere i segnali di pericolo
Molti incidenti potrebbero essere evitati imparando a riconoscere i primi segnali di affaticamento. La respirazione che diventa affannosa, una sensazione di pesantezza alle braccia, o la difficoltà a mantenere la rotta sono tutti campanelli d’allarme che dovrebbero spingere a uscire immediatamente dall’acqua. Purtroppo, molti anziani tendono a sottovalutare questi sintomi, continuando a nuotare fino a esaurire completamente le energie.
Strategie per nuotare in sicurezza
La scelta del luogo balneabile è fondamentale: preferire sempre zone sorvegliate da bagnini professionisti può fare la differenza tra la vita e la morte. Anche chi si considera un buon nuotatore dovrebbe considerare l’uso di dispositivi galleggianti, specialmente quando ci si avventura in acque aperte. È altrettanto importante evitare di entrare in acqua dopo i pasti o dopo lunghe esposizioni al sole, quando il corpo è già sotto stress. Quando ci si trova in difficoltà, la tecnica del galleggiamento passivo può salvare la vita. Consiste semplicemente nel girarsi sulla schiena, allargare leggermente braccia e gambe, e concentrarsi su una respirazione lenta e controllata. Questa posizione permette di riprendere fiato senza sprecare energie preziose, mantenendo la testa fuori dall’acqua mentre si aspetta aiuto.
L’evoluzione del fenomeno negli anni
Negli ultimi decenni in Italia si è assistito a un cambiamento nella distribuzione degli annegamenti. Se nel 1969 un decesso su quattroavveniva entro i 14 anni di età, nel 1998 meno dell’8% dei morti per annegamento è imputabile a questa classe di età. A questa diminuzione in termini percentuali si accompagna un incremento della quota percentuale nelle classi di età più anziane: tra il 1969 e il 1998 la percentuale dei decessi nella classe di età 30-49 anni è passata dal 15,5 al 23,2%; nella classe 50-69 anni è aumentata dal 17,8 al 25,1%, mentre la mortalità per annegamento dei più anziani (oltre 70 anni) è passata dal 9,0 al 19,1%. Questo miglioramento nelle fasce più giovani è frutto di maggiori controlli, corsi di nuoto scolastici e una crescente attenzione alla sicurezza. Mentre lo stesso livello di attenzione non è stato dedicato alla popolazione anziana.
Verso una cultura della prevenzione degli annegamenti tra gli anziani
Ridurre gli annegamenti tra gli anziani richiede un approccio multifattoriale. Da un lato, servono strutture balneari più accessibili, con corrimani, scale antiscivolo e aree dedicate. Dall’altro, è fondamentale promuovere corsi di acquaticità specifici per la terza età, che insegnino non solo a nuotare, ma anche a riconoscere i propri limiti. Non meno importante è il ruolo dei familiari, che dovrebbero sempre accompagnare i propri cari più anziani durante le attività acquatiche.
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