Tra lo sviluppo della malattia e la diagnosi definitiva possono passare fino a 4 anni
Un’individuazione tempestiva dell’Alzheimer è fondamentale, ma in realtà passano dai tre ai cinque anni tra la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi definitiva. Un ritardo che può avere conseguenze importanti per i pazienti e le loro famiglie. Oggi, una diagnosi precoce di demenza è una priorità a livello mondiale, riconosciuta dalle politiche sanitarie di molti Paesi. Nonostante questo impegno, mancavano finora stime precise su quanto tempo ci voglia in media per ottenere una diagnosi e quali fattori possano influenzare questi tempi. Ora, una nuova revisione scientifica, a cura dell’University College London, getta luce su questo aspetto cruciale per i pazienti e le loro famiglie.
Diagnosi troppo tardive, un problema diffuso
La ricerca della UCL ha esaminato a fondo 13 studi precedentemente pubblicati, condotti in Europa, negli Stati Uniti, in Australia e in Cina, includendo dati da 30.257 partecipanti con un’età di esordio dei sintomi che variava dai 54 ai 93 anni. L’obiettivo era stabilire l’intervallo medio tra l’esordio dei sintomi (segnalati dai pazienti o dai familiari tramite interviste o cartelle cliniche) e la diagnosi finale. L’obiettivo era capire quanto tempo intercorresse tra la comparsa dei primi sintomi – segnalati da familiari o pazienti stessi attraverso interviste o cartelle cliniche – e la diagnosi finale. L’analisi ha rivelato che il tempo medio per ottenere una diagnosi di Alzheimer è di 3,5 anni. Si tratta di un periodo significativo, che sottolinea una problematica diffusa nei sistemi sanitari globali e rende più complessa la gestione della malattia.
Chi aspetta di più? Età e tipo di Alzheimer incidono sui tempi
Lo studio ha anche messo in evidenza alcune differenze importanti. Per l’Alzheimer a esordio giovanile il tempo medio per la diagnosi si allunga ulteriormente, arrivando a 4,1 anni. Questo suggerisce che riconoscere la malattia in persone non anziane può essere ancora più difficile. Inoltre, la ricerca ha identificato due fattori che, in modo costante, sono associati a tempi di diagnosi più lunghi. Il primo è un’età più giovane al momento dell’esordio dei sintomi. Il secondo è avere una demenza frontotemporale, un tipo di condizione che può presentare sintomi iniziali meno tipici o più difficili da interpretare rispetto ad altre forme di Alzheimer. Anche se i fattori che influenzano i tempi di diagnosi possono variare, questi due elementi emergono come criticità significative che richiedono particolare attenzione.
Una sfida globale che richiede azioni immediate
de azioni immediateVasiliki Orgeta (UCL Division of Psychiatry), autrice principale dello studio, ha affermato: “La diagnosi tempestiva di demenza rimane una sfida globale importante, modellata da un complesso insieme di fattori, e sono urgentemente necessarie strategie sanitarie specifiche per migliorarla.” Ha aggiunto: “Altri studi stimano che solo il 50-65% dei casi venga mai diagnosticato nei Paesi ad alto reddito, con molti Paesi che hanno tassi di diagnosi ancora più bassi.” La Dottoressa Orgeta sottolinea anche che “Una diagnosi tempestiva può migliorare l’accesso ai trattamenti e, per alcune persone, prolungare il tempo di convivenza con la demenza lieve prima che i sintomi peggiorino”.
Alzheimer: la paura dello stigma rallenta la diagnosi
I risultati di questa ricerca sono chiari: il tempo che intercorre tra l’esordio dei sintomi di demenza e la diagnosi resta eccessivamente lungo. È quindi urgente sviluppare strategie sanitarie specifiche per migliorare questa situazione. Il dottor Phuong Leung (UCL Division of Psychiatry) ha evidenziato come “i sintomi della demenza siano spesso scambiati per normale invecchiamento, mentre la paura, lo stigma e la scarsa consapevolezza pubblica possono scoraggiare le persone dal cercare aiuto.
Percorsi mirati e campagne di sensibilizzazione
Per accelerare la diagnosi di demenza, suggerisce la dottoressa Orgeta, “abbiamo bisogno di azioni su più fronti. Le campagne di sensibilizzazione pubblica possono aiutare a migliorare la comprensione dei sintomi precoci e a ridurre lo stigma. Incoraggiando le persone a cercare aiuto prima. La formazione dei medici è fondamentale per migliorare il riconoscimento precoce e l’orientamento, insieme all’accesso a interventi precoci e a supporto individualizzato, in modo che le persone con demenza e le loro famiglie possano ottenere l’aiuto di cui hanno bisogno.”
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