Oltre il 70% degli over 55 si dichiara vittima della discriminazione legata all’età, ma più della metà non sa darle un nome
Solo nel 2022, su pressione delle associazioni di parte, il Dizionario della Lingua Spagnola ha accolto ufficialmente la parola ageismo, ovvero la discriminazione basata sull’età, in particolare verso le persone anziane. Un fenomeno che, nonostante la sua pervasività, rimane largamente sconosciuto. Non a caso, secondo Google Spagna, la parola si è posizionata al primo posto tra i termini più cercati nel Paese durante il 2025. Del resto, secondo il primo Barometro sull’ageismo, il 63% degli over 55 non sa cosa significhi il termine. Nonostante oltre il 70% di loro ammette di avere subito discriminazioni proprio a causa della propria età.
Quando gli anni diventano un ostacolo invisibile
La discriminazione anagrafica attraversa trasversalmente la società spagnola, ma non colpisce tutti allo stesso modo. Le donne ne soffrono particolarmente, strette tra l’invisibilità sociale e la pressione estetica. Il 76% delle intervistate sente il peso di un’aspettativa collettiva che vorrebbe cancellare ogni traccia dell’invecchiamento. Capelli grigi da nascondere, rughe da eliminare, come se portare i segni del tempo fosse diventato inaccettabile. Una discriminazione che colpisce tutti gli aspetti sociali, a partire da lavoro. L’84% degli intervistati che ha cercato occupazione nell’ultimo anno è convinto di essere stato scartato proprio per via dell’età. Un numero che racconta di competenze ignorate, esperienze svalutate, curriculum finiti nel cestino. Ma il fenomeno non si limita agli uffici del personale: si insinua nelle dinamiche familiari, domina la pubblicità e la moda, filtra attraverso i media e si manifesta persino nel settore sanitario, dove le preoccupazioni degli anziani vengono talvolta liquidate con superficialità.
L’autosabotaggio dell’età
Esiste però un aspetto ancora più insidioso dell’ageismo: quello che il Barometro definisce “auto-ageismo”. Si tratta del momento in cui sono le persone anziane stesse a limitare le proprie possibilità, convincendosi che certe attività non siano più adatte a loro. Il 56% degli intervistati si sente troppo vecchio per fare determinate cose, mentre oltre un quarto del campione si autoesclude da specifiche attività perché le considera inappropriate per la propria età. Gli anziani interiorizzano i messaggi negativi e gli stereotipi che la società diffonde su di loro, finendo per adottare comportamenti coerenti con questi pregiudizi. La percentuale di chi smette di fare cose perché non le ritiene più adeguate alla propria età raggiunge il 25,2%. E cresce progressivamente con l’avanzare degli anni. Ancora più significativo è il dato sul sentirsi “troppo anziani”: coinvolge il 56,4% del campione, con gli uomini che dichiarano questa percezione più frequentemente delle donne (60,5% contro 53%). Il fenomeno si accentua con l’età: dal 44,8% nella fascia 55-64 anni si sale al 68,4% tra gli over 75.
Un termine sconosciuto per un’esperienza comune
La ricerca svela un paradosso: il 63,3% degli intervistati non aveva mai sentito parlare di ageismo o, pur avendo incrociato la parola, ne ignorava il significato. Solo poco più di un terzo del campione dimostra di conoscere e comprendere il termine. Gli uomini sembrano meno informati delle donne (67,5% contro 60%), mentre chi vive nelle aree rurali risulta particolarmente all’oscuro del fenomeno, con una percentuale del 73% contro il 57% delle zone urbane. Interessante notare come le donne e i “giovani anziani” (la fascia 55-65 anni) percepiscano l’ageismo con maggiore intensità rispetto agli uomini e alle fasce d’età più avanzate. Questo potrebbe indicare una sensibilità crescente o una minore tolleranza verso questa forma di discriminazione, suggerendo che le generazioni che si affacciano ora alla terza età potrebbero essere meno disposte ad accettare passivamente i pregiudizi.
Gli ambiti della discriminazione
Il Barometro ha chiesto agli intervistati di valutare la frequenza con cui gli anziani subiscono trattamenti sfavorevoli in diversi ambiti. Il mondo del lavoro si conferma l’area più problematica, con il 68,2% che considera frequente o molto frequente la discriminazione. Subito dopo si posiziona l’ambito digitale (64,9%), seguito da pubblicità e moda (57,3%). Gli ambienti dove l’ageismo viene percepito come meno presente sono quello familiare (26,3%) e i servizi sanitari (38%), anche se queste percentuali rimangono comunque significative. Il 16,4% delle persone ammette apertamente di avere vissuto personalmente esperienze di discriminazione per motivi anagrafici. Ancora una volta, le donne risultano più colpite (17,9%) insieme alla fascia d’età più giovane del campione (19,7% tra i 55 e i 64 anni).
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