Si è spento a 80 anni il fondatore di Napoli Centrale e degli Showmen, architetto di una rivoluzione musicale che ha fuso jazz, funk e cultura partenopea. Sessant’anni di carriera accanto ai più grandi della scena italiana, da Pino Daniele a Lucio Dalla.
La musica piange Senese
L’ospedale Cardarelli di Napoli ha custodito fino all’ultimo respiro uno dei musicisti più importanti della storia italiana. James Senese si è spento ieri, mercoledì 29 ottobre dopo oltre un mese di ricovero in terapia intensiva, dove era stato trasferito il 24 settembre per una grave polmonite. Le sue condizioni, compromesse anche dalle sedute di dialisi a cui si sottoponeva da tempo, non hanno lasciato scampo.
La notizia ha scosso il mondo della musica, diffusa da Enzo Avitabile con parole che pesano come macigni. Un ringraziamento al talento, alla dedizione e alla passione di un amico che è stato anche un fratello. Perfino il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis ha voluto ricordarlo come artista esemplare del Neapolitan Power.
Le radici di un suono che viene da lontano
Nato il 6 gennaio 1945 nel quartiere popolare di Miano, Gaetano Senese portava nel sangue due mondi distanti.
Sua madre Anna era napoletana, suo padre James Smith un soldato afroamericano della 92ª Divisione di Fanteria, partito per gli Stati Uniti quando il piccolo aveva appena diciotto mesi. Dal nonno materno ha imparato la dignità del popolo napoletano, dal padre assente ha preso il nome d’arte che sarebbe diventato leggenda. A dodici anni scopre il sassofono ascoltando John Coltrane, una folgorazione che gli cambia la vita.
Nel 1961, appena sedicenne, fonda con l’amico Mario Musella il gruppo Gigi e i suoi Aster a Terzigno. Sono gli anni delle gavette nei locali, dei primi 45 giri incisi per l’etichetta King di Aurelio Fierro con la band Vito Russo e i 4 Conny. La musica diventa ossigeno, riscatto sociale, ragione di esistere.
Nel 1965 arriva la svolta con The Showmen, progetto nato insieme a Mario Musella e Franco Del Prete che porta in Italia il soul e il rhythm & blues di Otis Redding, James Brown e Marvin Gaye. Il pubblico li accoglie con entusiasmo e nel 1968 arriva il successo con “Un’ora sola ti vorrei”, canzone vincitrice del Cantagiro che li consacra come una delle band più innovative del panorama italiano. Ma Senese non si accontenta mai. Nel 1970, quando gli Showmen sono al massimo della popolarità, prende una decisione che sorprende tutti: sciogliere il gruppo per cercare nuove direzioni. Nasce così, nel 1972, l’esperienza degli Showmen 2, una parentesi che dura poco ma che segna già il passaggio verso territori più sperimentali. Senese era innamorato di Miles Davis e dei Weather Report, e voleva fondere il jazz con le sue radici napoletane.
Napoli Centrale, la rivoluzione del Neapolitan Power
Nel 1974 insieme a Franco Del Prete dà vita a quella che diventerà la sua creatura più importante: Napoli Centrale. Il nome, suggerito da Raffaele Cascone, è quello della stazione ferroviaria del capoluogo campano, un luogo simbolico di transito e incontro. Il quartetto originario comprende il tastierista americano Mark Harris e il bassista inglese Tony Walmsley, una formazione internazionale che sperimenta una miscela esplosiva di jazz-rock, funk e musica popolare napoletana. I testi sono in dialetto stretto, parlano di braccianti, emigrazione e fatica quotidiana. Il primo singolo “Campagna” è un successo immediato, seguito dall’album omonimo del 1975 che scuote la scena musicale italiana.
Nella band entra anche un giovane bassista sconosciuto, ingaggiato nel 1976: si chiama Pino Daniele. Senese crede in lui fin dall’inizio, tanto da comprargli un basso quando il ragazzo non può permetterselo. Nasce un sodalizio che segnerà la storia della musica napoletana.
Quando Daniele lascia i Napoli Centrale per impegni contrattuali legati al suo primo disco solista, Senese lo segue nei progetti successivi. Insieme a Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Rino Zurzolo, Joe Amoruso ed Ernesto Vitolo, forma il supergruppo che accompagna il cantautore nei suoi primi capolavori, da “Terra mia” a “Nero a metà”. Il loro è un rapporto di maestra e allievo che si evolve in amicizia profonda, tanto che nel 2008 tornano a suonare insieme per l’album “Ricomincio da 30” e per le storiche serate di “Tutta n’ata storia” al Palapartenope di Napoli tra il 2012 e il 2013, tutte sold out.
La carriera da solista
Nel 1983 i Napoli Centrale si sciolgono e Senese intraprende la carriera solista. Il primo album che porta il suo nome esce nello stesso anno, seguito nel 1991 da “Hey James”, un disco dedicato al padre americano mai conosciuto. È un lavoro intimo e potente che gli vale riconoscimenti anche oltre oceano: nel 1990 all’Apollo Theater di New York il pubblico lo consacra “Brother in Soul”, appellativo riservato solo ai più grandi. La sua musica attraversa i decenni senza perdere intensità: collabora con giganti del jazz come Gil Evans, Ornette Coleman, l’Art Ensemble of Chicago, Lester Bowie e Don Moye, ma anche con protagonisti della scena italiana come Lucio Dalla, Enzo Gragnaniello e Raiz. Nel 2001 pubblica “Zitte! Sta arrivanne ‘o mammone”, album che ospita proprio Dalla e Gragnaniello tra gli altri, confermando la sua capacità di mescolare generazioni e stili senza tradire mai le radici.
“James is back”
Gli anni Novanta segnano il ritorno dei Napoli Centrale in una nuova formazione. Nel 2016 esce “‘O Sanghe”, disco scritto con Franco Del Prete che vince la Targa Tenco come miglior album in dialetto. È un riconoscimento che arriva dopo una vita spesa ai margini del mainstream, lontano dalle logiche commerciali. Nel 2018 celebra i 50 anni di carriera con un doppio live registrato al Teatro Tasso di Sorrento, mentre nel 2021 presenta il suo ventunesimo album “James is back” all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Tra il 2015 e il 2016 realizza oltre 180 concerti in giro per l’Italia, dimostrando un’energia da ventenne nonostante l’età avanzata. Nel 2025, pochi mesi prima del ricovero, pubblica “Chest nun è ‘a terra mia”, nove brani che sono un testamento civile e musicale. La sua ultima apparizione pubblica risale a settembre, durante l’evento “Pino È” a Napoli.
Senese non ha mai cercato la carriera facile. Ha scelto di restare fedele a Napoli, alla sua lingua, alla sua gente. Il suo sassofono graffiante e la voce roca hanno dato voce agli ultimi, agli invisibili, a chi vive nei quartieri popolari. Ha attraversato il cinema con ruoli in film come “No grazie, il caffè mi rende nervoso” di Lodovico Gasparini con Massimo Troisi, “Passione” di John Turturro e “Una festa esagerata” con Vincenzo Salemme.
Nel 2020 il regista Andrea Della Monica gli ha dedicato il documentario “James”, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia. Ha ricevuto nel 2011 il Premio Armando Gill alla carriera, uno dei tanti riconoscimenti che hanno segnato un percorso lungo oltre sessant’anni. Tre anni fa aveva perso la moglie Rina, compagna di una vita intera.
L’addio di Senese chiude un capitolo della musica italiana che difficilmente si riaprirà con la stessa intensità. Ha trasformato la sua diversità in arte, la rabbia in bellezza, il dolore in suono universale.
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