La missione italiana al Polo Sud indaga su misteriose strutture nascoste sotto la superficie del mare di Ross
In Antartide, al largo di Capo Adare, giacciono enigmatiche strutture sottomarine alte decine di metri che da tempo sfidano gli scienziati. Le principali ipotesi sul fenomeno riguardano emissioni di fluidi o gas dal sottosuolo, già documentate in zona da collaboratori neozelandesi. Inclusa la possibile presenza di vulcani di fango dovuti a risalita di sedimenti in sovrapressione. Queste strutture influenzano le comunità biologiche: se alimentate da fluidi/gas, si attendono microbi specializzati che li usano come energia, associati a organismi estremofili come molluschi e policheti. Per fare luce su questo enigma è nato il progetto Mystero, una delle missioni più affascinanti della 41° spedizione italiana in Antartide.
Le ipotesi sul tavolo degli scienziati
Le strutture individuate presentano caratteristiche che non trovano ancora una spiegazione univoca. Sbucano dal fondale marino come grandi monoliti, testimoni di processi geologici che potrebbero raccontare molto sulla dinamica del sottosuolo antartico e forse anche su forme di vita adattate a condizioni estreme. Le principali teorie riguardano processi legati all’emissione di fluidi o gas dal sottosuolo, fenomeni già documentati nell’area da colleghi neozelandesi con cui il progetto collabora attivamente. In questo scenario rientra anche la possibile presenza di vulcani di fango, strutture affascinanti e relativamente rare generate dalla risalita di sedimenti fini mescolati a fluidi e gas in condizioni di sovrapressione. Questi vulcani non hanno nulla a che vedere con i vulcani classici che eruttano lava incandescente: si tratta piuttosto di bocche attraverso cui il sottosuolo espelle materiale fangoso, spinto verso l’alto da pressioni enormi.
Vulcani di fango e gas: misteri del fondale antartico
Il processo di formazione è molto complesso. Quando sedimenti argillosi vengono sepolti rapidamente e in profondità, l’acqua intrappolata al loro interno non riesce a fuoriuscire normalmente. Si crea così una condizione di sovrapressione che può spingere questi sedimenti verso l’alto, trasformandoli in una sorta di fango fluido. Quando questo materiale trova una via di fuga, emerge dal fondale marino creando strutture a cono o a cupola, proprio come quelle individuate al largo di Capo Adare. L’alternativa ai vulcani di fango porta verso un altro fenomeno geologico: le fuoriuscite di gas dal sottosuolo. In alcune zone del fondale oceanico, gas metano o altri idrocarburi possono risalire attraverso fratture della crosta terrestre, creando strutture chiamate ‘pockmark’ o generando accumuli di carbonati che cementano i sedimenti in formazioni rigide.
Un laboratorio di vita estrema
Queste emissioni di gas possono anche alimentare ecosistemi unici, basati sulla chemiosintesi anziché sulla fotosintesi. Quello che, in effetti, rende il progetto Mystero particolarmente interessante non è solo l’enigma geologico in sé, ma anche le implicazioni biologiche della scoperta. La natura di questi rilievi determina infatti il tipo di comunità vivente che può svilupparsi nelle loro vicinanze. Se le strutture fossero alimentate da emissioni di fluidi o gas, ci si aspetta la presenza di comunità microbiche specializzate, microrganismi capaci di sfruttare chimicamente queste sostanze come fonte di energia primaria. Questi batteri chemiosintetici rappresentano una forma di vita affascinante, che non dipende dalla luce solare ma ricava energia dall’ossidazione di composti chimici come il metano o l’idrogeno solforato.
Ecosistemi ostili: dalla Terra alle lune di Giove
Attorno a questi batteri si può sviluppare un intero ecosistema: molluschi specializzati, policheti e altri invertebrati adattati a condizioni che per la maggior parte degli organismi sarebbero letali. Temperature vicine allo zero, pressioni elevate, assenza totale di luce e presenza di sostanze chimiche tossiche per molte forme di vita. Studiare queste comunità biologiche potrebbe aprire prospettive inattese sulla capacità della vita di adattarsi agli ambienti più ostili. Non è un caso che gli astrobiologi guardino con grande interesse a questo tipo di ricerche: se la vita può prosperare in condizioni così estreme sulla Terra, infatti, potrebbe esistere in ambienti simili su altri pianeti o lune del sistema solare. Le lune ghiacciate di Giove ed Europa, per esempio, potrebbero ospitare oceani sotterranei con caratteristiche non troppo dissimili da quelle delle profondità marine antartiche.
La sfida della ricerca in condizioni estreme
Condurre ricerche scientifiche in Antartide non è mai semplice, ma il progetto Mystero presenta difficoltà peculiari. Mappare e campionare il fondale marino in acque antartiche richiede tecnologie sofisticate e una logistica impeccabile. Le temperature polari mettono a dura prova le strumentazioni, mentre le condizioni meteo possono cambiare rapidamente, trasformando una missione di routine in un’operazione ad alto rischio. I ricercatori utilizzano sonar multibeam per creare mappe dettagliate del fondale, identificando con precisione la posizione e le dimensioni dei rilievi misteriosi. Successivamente, mediante carotaggi e campionamenti mirati, tentano di prelevare materiale dalle strutture per analizzarne la composizione chimica e mineralogica. Ogni campione raccolto viene poi studiato in laboratorio per determinarne l’età, l’origine e le caratteristiche geochimiche.
Gli altri obiettivi della missione italiana
Il progetto italiano in Antartide rappresenta un esempio di come la scienza proceda per ipotesi, verifiche e aggiustamenti progressivi. Ogni campagna di ricerca aggiunge un tassello al puzzle, avvicinando gli scienziati alla comprensione di fenomeni che solo pochi decenni fa erano sconosciuti. E così, mentre il team di Mystero lavora sui fondali marini di Capo Adare, la 41° spedizione italiana in Antartide prosegue con numerose altre attività scientifiche. Alla base costiera Mario Zucchelli oltre cento tra ricercatori e tecnici studia l’impatto dell’inquinamento sull’ecosistema antartico. Mentre alla stazione Concordia, sul plateau antartico a tremila metri di quota, altri ottanta scienziati conducono ricerche che spaziano dall’astronomia solare agli studi sulla fisiologia umana in condizioni estreme, in vista delle future missioni spaziali verso Marte.
(In apertura: colonia di pinguini a Capo Adare)
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