L’Autorità Garante della Concorrenza colpisce la società americana per abuso di posizione dominante. Nel mirino la politica sulla privacy che penalizza gli sviluppatori terzi e limita la concorrenza nel mercato delle app mobile.
Sanzione record per Apple
Viene proprio dall’Italia una lezione al gigante tecnologico californiano. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) ha deciso di infliggere ad Apple una multa di 98 milioni e 635 mila euro per abuso di posizione dominante nel mercato della distribuzione di applicazioni destinate al sistema operativo iOS.
Una sanzione che colpisce tre entità della società: Apple Inc., Apple Distribution International Limited e Apple Italia srl. Al termine di un’istruttoria, condotta in sinergia con la Commissione europea, altre autorità nazionali della concorrenza e il Garante per la protezione dei dati personali, l’Agcm ha deciso che il colosso di Cupertino ha violato l’articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, quello che vieta gli abusi di posizione dominante.
Il motivo centrale della contestazione riguarda una pratica che, secondo l’autorità italiana, rappresenta un vero e proprio strumento di soffocamento della concorrenza travestito da politica di tutela della privacy. È la cosiddetta App Tracking Transparency (Att) introdotta da Apple a partire da aprile 2021.
La privacy come arma di controllo del mercato
Dietro l’acronimo ATT si nasconde una questione tecnica ma dalle implicazioni commerciali enormi. Apple, dal 2021, ha imposto agli sviluppatori terzi di app distribuite tramite l’App Store l’obbligo di richiedere esplicito consenso agli utenti per tracciare e profilare i loro dati a fini pubblicitari.
Sulla carta sembrava una misura lodevole: proteggere i dati personali degli utenti. Nel merito, tuttavia, l’Agcm ha scovato qualcosa di più sinistro. La politica di Apple crea una disparità di trattamento che avvantaggia il colosso di Cupertino. Quando è la stessa Apple a tracciare i dati dei propri utenti per i propri servizi pubblicitari, il processo avviene con regole molto più soft. Gli sviluppatori esterni, viceversa, devono sottostare a una procedura molto più rigida: il cosiddetto doppio consenso.
Questo significa che gli utenti vengono colpiti da richieste di autorizzazione ripetute per la stessa finalità, a seconda dell’app utilizzata. Uno sviluppatore, per raccogliere dati pubblicitari dai propri utenti, deve implementare un sistema di consenso esplicito attraverso un pop-up standardizzato che Apple ha deciso unilateralmente. Le conseguenze sono concrete: gli utenti, stanchi di questi messaggi ripetitivi, finiscono per negare il consenso con una frequenza molto maggiore di quanto accadrebbe con una procedura semplificata. E il tasso di adesione cala drasticamente.
Secondo le valutazioni contenute nel provvedimento dell’AGCM, questa ridondanza non è affatto un dettaglio tecnico marginale. È una vera e propria barriera anticoncorrenziale che danneggia significativamente gli sviluppatori indipendenti. Le aziende che vivono di pubblicità online vedono evaporare una quota notevole dei loro ricavi pubblicitari, proprio perché i dati necessari per la personalizzazione degli annunci diventano inaccessibili.
Il danno economico agli sviluppatori e agli utenti
L’Autorità Garante ha anche rilevato che Apple dispone di strumenti di misurazione della performance pubblicitaria molto più sofisticati di quelli messi a disposizione degli sviluppatori terzi.
lass=”yoast-text-mark” />>Mentre Apple può tracciare con precisione come funzionano i suoi annunci all’interno del suo ecosistema, gli sviluppatori esterni si trovano di fronte a interfacce tecniche molto più limitate. Questo vantaggio informativo si traduce in una superiorità competitiva che non deriva da una migliore tecnologia bensì da una decisione di Apple di non condividere capacità analitiche identiche.
I ricavi pubblicitari degli sviluppatori terzi risultano quindi non solo ridotti dal basso tasso di consenso al tracciamento, ma anche da una minore capacità di ottimizzare le campagne per risultati migliori.
La risposta di Apple
L’azienda californiana ha annunciato che ricorrerà contro la sanzione dell’AGCM. Sostiene fermamente che la App Tracking Transparency rappresenta un avanzamento significativo nella tutela dei dati personali degli utenti e che non è discriminatoria.
Secondo Apple, il meccanismo di consenso esplicito è proporzionato agli obiettivi di protezione della privacy e non dovrebbe essere interpretato come restrittivo dal punto di vista della concorrenza. La società contesta l’idea che regole di privacy debbano essere unificate tra il suo sistema e quello di sviluppatori terzi. Nel complesso, Apple sostiene una visione in cui la proprietà della piattaforma consente di stabilire standard di privacy più rigidi per chiunque vi operi sopra.
Questa linea di difesa, però, non ha convinto l’Antitrust italiano, che vede invece un utilizzo strumentale della privacy per consolidare un monopolio. La decisione italiana si inserisce in un contesto europeo più ampio di contrasto al potere dei giganti tecnologici. La Commissione europea ha già multato Apple per 500 milioni di euro nel 2024, sempre su questioni legate al controllo dell’App Store e alle restrizioni anti-steering. Il Digital Markets Act, la normativa europea che regola il comportamento dei cosiddetti gatekeepers del digitale, mira proprio a impedire il ricorso a pratiche apparentemente legittime come strumenti di chiusura del mercato.
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