Dalla Gen Z che condivide il letto ai Baby Boomer che mantengono le distanze, ogni età vive il rapporto col pet in modo diverso
Un’indagine condotta da Ipsos per una nota azienda di pet food su mille proprietari italiani ha messo in luce che per l’87% di loro il proprio animale ha un impatto positivo sulla vita quotidiana. Ma c’è qualcosa di ancora più interessante: il modo in cui questo legame si costruisce varia enormemente a seconda dell’età del proprietario. Se, infatti, per la Generazione Z il pet diventa parte integrante della propria identità, per i Baby Boomer resta un compagno affidabile senza invadere gli spazi personali. Nel mezzo ci sono i Millennials, che vedono nell’animale una prima palestra affettiva, e la Generazione X, che lo considera un elemento capace di arricchire la vita familiare, pur tra mille impegni quotidiani.
I giovani e il loro confidente a quattro zampe
Gli under 27 vivono il rapporto con gli animali domestici in modo totalizzante. Cani e gatti sono veri confidenti, quasi fratelli, fonti concrete di sostegno psicologico. Il 32% di questa fascia d’età si aspetta che il proprio animale li faccia sentire amati, una percentuale quasi tripla rispetto ai Baby Boomer. E il 96% li considera un antidoto efficace contro la solitudine, un dato che fa riflettere se pensiamo alle fragilità emotive che caratterizzano questa generazione. Il 71% dei giovani permette al proprio cane o gatto di dormire nel letto, contro una media nazionale del 60%. Un dettaglio che rivela quanto profondo sia il bisogno di vicinanza fisica e rassicurazione. Per il 25% della Gen Z, inoltre, l’animale aiuta concretamente a gestire lo stress quotidiano.
Millennials: il legame si intreccia con lo stile di vita
Per chi ha tra i 28 e i 44 anni, prendere un animale domestico rappresenta spesso la prima decisione autonoma in termini di cura e responsabilità verso un altro essere vivente. Il 37% dei Millennials sta affrontando per la prima volta l’esperienza di possedere un pet, e per il 23% l’arrivo di un cane o di un gatto coincide con un momento importante della propria esistenza: un trasloco, l’inizio di una convivenza, un cambio di lavoro. Non stupisce che il 61% consideri l’animale “come un figlio”. Questa generazione vive il rapporto con il pet come una vera palestra affettiva, un’occasione per allenarsi alla responsabilità, alla cura costante, alla gestione di esigenze altrui. Gli animali domestici diventano compagni nelle attività all’aria aperta, durante le sessioni di jogging, nelle escursioni nel weekend.
La Generazione X e l’equilibrio difficile
Tra i 45 e i 59 anni, l’animale domestico completa la famiglia, diventa compagno di giochi per figli unici, arricchisce nuclei monogenitoriali. Il 28% di questa fascia lo percepisce come un valore aggiunto per la vita familiare. Qui emerge una contraddizione: il 43% dichiara di sentirsi frustrato per non avere abbastanza tempo da dedicare al proprio animale, contro una media nazionale del 36%. Sono gli anni in cui le responsabilità lavorative raggiungono il picco, i figli richiedono attenzione, i genitori anziani hanno bisogno di supporto. In questo contesto, gli animali domestici funzionano come “catalizzatori familiari”, portano armonia e momenti di leggerezza, ma chiedono anche impegno in agende già sovraccariche. Il risultato è un affetto sincero, ma anche la sensazione ricorrente di non fare abbastanza.
Gli over 60 e la compagnia quotidiana
Per i Baby Boomer, il rapporto con cani e gatti assume contorni più misurati ma non meno significativi. Il 63% considera il pet un antidoto alla solitudine, una percentuale ben superiore alla media nazionale del 52%. In una fase della vita in cui i figli sono autonomi, il lavoro è alle spalle e il cerchio delle amicizie tende a restringersi, l’animale diventa presenza costante, stimolo a mantenersi attivi, occasione di socializzazione durante le passeggiate. Tuttavia, rispetto alle generazioni più giovani, i Boomer mantengono una certa distanza simbolica: solo il 52% permette all’animale di dormire nel letto, sotto la media generale. L’animale domestico resta un compagno quotidiano amato e rispettato, ma i confini tra ruoli e spazi rimangono più definiti. Un approccio che bilancia affetto e pragmatismo.
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